4 - La notte che cantava alle ombre...

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Tutti conoscevano Charles alla Mafia, tutti lo conoscevano ma lui non conosceva sé stesso.

Tutti conoscevano Charles come il ragazzo del doppio nero, il ragazzo che controlla la gravità. Ma nessuno conosceva il Charles che durante la notte strillava, piangeva e nessuno lo sentiva, chiedeva aiuto e nessuno c'era, mai.

Nessuno conosceva quel Charles.

La notte scendeva sempre a Yokohama, una liberazione per molti, il momento del beato riposo. Per Charles, arrivava sempre troppo in fretta.

Un formicolio, un brivido lungo la schiena che saliva sempre di più, il respiro si affannava, i battiti divennero palpitanti rendendolo impotente.

In quel letto di rose e spine si agganciavano catene pesanti a legarlo, nessun movimento permesso, gli occhi spalancati sulla figura che risiede davanti, il volto scuro come la pece, il sorriso penetrante a forare la pelle come chiodi che si insinuano lentamente. Urla, suppliche, il tutto era concesso per il semplice fatto che nessuno sapeva nulla. Il mattino successivo il niente, niente catene, niente figure a trattenerlo fermo, e se si chiedeva ad altri il nulla veniva riconosciuto, avevano passato tutti una notte serena.

Ma la notte ritornava e così come la figura, ogni volta quel suo sorriso mi penetrava; si assicurava che io guardassi, ciò che mi stava facendo era disumano, il freddo della notte mi avvolgeva il corpo e il formicolio era il campanello d'allarme, mi avvertiva, sapeva che la stavo aspettando, ma nel buio della stanza non percepii mai il suo volto, nessun lineamento, eccetto il viso scavato e il sorriso. Ogni notte dalla sua bocca grida invisibili circondavano la stanza, senza mai uscire da lì.

Poi il giorno tornava tutto come prima, nuove missioni, pensieri oppressivi, addestramento. E nuovamente la notte lei tornava, sopra di me, a pochi centimetri, ogni notte si avvicinava sempre di più ma il suo viso sempre uguale, della quale non si percepivano del tutto i lineamenti.

Giurai che una notte vidi i suoi occhi, blu come la notte.

Quegli occhi tanto profondi quanto angoscianti. Mi fissavano immobili, insieme al solito sorriso stampato sul volto; e io col cuore a mille, i polmoni che richiedevano maggiore apporto di ossigeno mentre gli occhi chiedevano pietà a quel dannato supplizio. La sua mano affusolata mi accarezzava il volto per poi scendere fino al collo per strozzarmi, cosa che ormai faceva quasi ogni notte.

Si sente il cuore in gola, l'ossigeno trattato fino a quel momento come una cosa banale, cercava il suo spazio per passare all'interno del corpo. <Charles, prova a respirare> ripetevo in loop a me stesso. Lo ripetevo fino allo sfinimento, fino a quanto gli occhi non vanno a cedere chiudendosi, li mi sveglio, il letto impregnato di sudore, apro e chiudo le mani come fa un bambino quanto gli insegnano a fare "ciao" per la prima volta. Muovo ogni singola parte del corpo, sentendomi finalmente libero da quelle catene. Un suono, la sveglia, tormentava già le mie orecchie, segnalandomi che fosse già mattina e dandomi la sensazione non avessi dormito affatto, o per lo meno, per solo qualche ora, cosa che almeno a quanto ci capisca non è affatto così.

La chiamano paralisi del sonno e dura da qualche secondo, fino ai primi minuti in casi più estremi, eppure a me sembra come se avessi fatto la notte in bianco. Sento la mano pulsare come non aveva mai fatto. Non ho mai avuto effetti collaterali dopo una paralisi, però stavolta pulsava, bruciando leggermente come se avessi buttato dell'acqua bollente su di essa; abbasso di poco lo sguardo e alzo il braccio incriminato in modo da incrociare il mio sguardo, segni simili a lune sulla superficie, alcuni più profondi, altri meno, simili a lunette sulla mia pelle, mi ero morso la mano, per qualche motivo apparente, non ricordavo di averlo fatto, forse sarà stato prima della paralisi o durante il risveglio. Nessuna idea apparente.

Decisi comunque di fasciarla, non avevo intenzione di far preoccupare più di tanto Akuta, gli bastano i problemi che già ci sono all'interno della mafia e con una ragazza dell'agenzia armata di detective, nella quale Ryū pare si sia fissato sull'uccidere.

È davvero così terribile per come la descrive? terribile da volerla uccidere.

I conflitti sono già tanti di per sé, ora mettendoci a dichiarare guerra all'agenzia sarebbe la ciliegina sulla torta per la quale la Mafia non si può permettere, almeno per come sta la situazione attualmente.

You made me hate this cityDove le storie prendono vita. Scoprilo ora