16 - Il tumulto del cielo ha sbagliato momento

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Ryūga

Tirai uno schiaffo in faccia a Charles.

<Svegliati cretino.>

Lui saltò in aria e si accarezzò la guancia dolorante ancora con gli occhi assonnati ma i nervi a fior di pelle pronti a reagire in caso di eventuale pericolo.

<Ah, sei tu Ryū, potevi anche evitare di tirarmi uno schiaffo alle-> si bloccò per guardare l'orario <-cinque e mezzo del mattino! Perché cazzo mi hai svegliato a quest'ora?> chiese perplesso.

<Norton oggi è il giorno, dobbiamo andare, radunarci con gli altri, tra un'ora sorgerà il sole e noi per quell'ora sempre che tutto vada bene dovremmo essere già lì... Ti aspetta il Boss nelle sue stanze, non penso convenga farlo aspettare.> Conclusi e gli indicai la strada facendo un cenno di testa, poi lo vidi andare.>

*

Charles

Non persi tempo a raggiungere gli appartamenti di Mori, feci come sempre una check mentale delle piccole accortezze che potevano aiutarmi per questa missione, presi il coltello che tenevo nella sua custodia e lo nascosi in un piccolo scompartimento modificato della maglia che indossavo e bussai alla porta.

<Avanti> la voce cupa di Ogai risuonava da fuori, aprì la porta e un coltello volò veloce nella mia direzione, ne bloccai immediatamente la gravità prima che potesse raggiungermi e lo buttai a terra. <Ottimi riflessi come sempre Charles Norton> disse smagliante, con il tipico sorriso di chi sente di poter fare tutto, di chi ha troppo potere tra le mani, ne ha talmente tanto da averci perso la testa e non poter più tornare indietro a riprendere il senno dalla Luna. <Ottimo spirito da Killer come sempre, Mori. Cosa vuoi?> domandai seccato.

<Ti vedo stanco Charles, è sicuro che tu sia mentalmente e fisicamente pronto a oggi?> si alzò dalla sedia su cui era seduto, al centro della stanza, dietro la scrivania <hai dormito abbastanza Charles?> si avvicinò a me con cautela, notava il mio nervosismo, e come lui notò immediatamente, penso potesse notarsi da miglia di distanza <questa notte hai dormito?> puntò gli occhi sui miei, o quasi, su ciò che c'era sotto, sui segni viola- blu che la mia pelle chiara poteva far intravedere.

Continuai a non rispondere, calai semplicemente la testa verso il basso e me la carezzai come in cerca di qualcosa.

<Cerchi questo?> alzò la mano facendomi notare di avere il mio cappello nero tra le dita <lei come-> mi bloccò <-io posso fare un sacco di cose Charles, ricordalo> rispose.

Strinsi i denti.

<Noi siamo unici, Charles> pronunciò.

Più volte mi è stato detto di essere una persona "unica", ma questa parola racchiusa in quelle semplici cinque lettere, cosa significa veramente per me?

<Essere unici è una maledizione> risposi semplicemente.

Era ciò che pensavo e non è una cosa che dovevo nascondere, nemmeno a Mori.

<Perché dovrebbe esserlo? Una maledizione?> chiese con aria interrogativa.

<Perché porta a doversi nascondere, a chiudersi in sé stessi e soffrire, e nessuno vorrebbe davvero soffrire.> Alzai gli occhi solo per ritrovarmi il suo sguardo serio e che non lasciava trasparire nulla, dinanzi a me.

<La sofferenza è un'arma che può fare molto più che male ma nessuno ancora ne parla perché ancora non è stata mai studiata approfonditamente, Charles. Tu sei qui adesso per chiudere questa sofferenza, per parlarne apertamente in modo che tutti possano studiarla e non farla ripetere per altre generazioni come quella di Akuta, o addirittura pure più piccole> si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: <tu non vuoi far soffrire le persone che ami, vero Charles.?>

Usò le parole adatte, non ebbi da ribattere nemmeno per un minuto, fece centro nella mia mente, insediandosi dentro come un tumore.

Solo un groppo in gola e un peso sulle spalle non indifferente che scavavano dentro di me, sempre più a fondo.

<Fai un ottimo lavoro come Capo squadrone di questa mattina. Fai in modo di trovare un accordo con Omi, è il tuo obiettivo.

Sbaglia, e Akuta sarà lì al tuo fianco a fermarti. L'hai addestrato tu, conosci le sue capacità. È promettente, l'hai cresciuto bene.>

Mise il cappello sulla mia testa senza alcuna fatica e mi guardò come un padre guarda il figlio prima che parta. <Cosa devo fare Boss?> chiesi <noi abbiamo un nemico, Charles, un nemico che da soli non riusciremmo ad abbattere.>

Sospirò <vorrei non ammetterlo ma ci serve Omi, devi collaborare con lui, avvicinartici e collaborare. Dovrete lavorare insieme come-> lo fermai <come i vecchi tempi> chiusi il discorso.

<Mi hanno riferito che hai già incontrato Omi non molto tempo fa, ma questo non sarà soltanto un semplice incontro, sei pronto Norton?>

<Sono pronto.>

<Allora vola Charles, fai vedere chi sei, non deludermi... Non deludere la Mafia.>

Uscì dalla stanza, mi andai a sistemare velocemente e mi munì di pistola prima di andare.

Poi raggiunsi Ryūga e iniziammo a unirci agli altri per andare.

You made me hate this cityDove le storie prendono vita. Scoprilo ora