7 - Amico fragile

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Charles

Uscì dalla porta secondaria del palazzo percorrendo la solita strada di ogni giorno, il caldo sole estivo riflette pesantemente nonostante fosse già pomeriggio, era fin troppo, il sole dell'estate non è fatto per i ragazzi come me, i ragazzi come me appartengono alla pioggia.

L'acqua che bagna ogni singola parte del corpo senza lasciarne una asciutta, come se ti stesse abbracciando dall'alto con le sue minuscole gocce che cadono dal cielo.

Forse è questo quello di cui ho bisogno?

Solo di un abbraccio, uno di quelli silenziosi, di quelli che non ti aspetti, arrivano all'improvviso e ti inondano di calore. Ho bisogno di quell'abbraccio dalla persona giusta.

Ho bisogno solo di un suo abbraccio...

un abbraccio che non potrò mai avere, perché il suo abbraccio per me è come il sole, se c'è, ti illumina e ti riscalda, ma se non stai attento ti scotta la pelle, ti brucia e spesso collassi.

I suoi abbracci sono quell'onda di calore che ti brucia l'anima e che la guarisce nello stesso momento.

Mi dirigo all'esterno del vicolo stretto, nonostante la sede sia ben messa internamente, al contrario di come si possa pensare l'esterno era situato in una piccola via buia e stretta nel centro di Yokohama, una di quelle piccole vie povere con gente di poco conto; ci dovevamo pur rintanare in qualche modo.

Da solo attraversai il cunicolo sotterraneo e uscii dal piccolo quartiere che ospita i palazzi, Yokohama è una città immensa, è facile perciò nascondersi anche alla luce del sole proprio per questo persone come noi non hanno alcun divieto nell'uscire allo scoperto nelle ore diurne.

Iniziai un giro esplorativo senza neanche essere di turno, altre squadre erano già presenti e mandati all'esterno per compiersi ma ciò non mi smosse dall'idea di farlo, una persona in più o una in meno non sarebbe cambiata a nessuno, il mio unico obiettivo era solo prendere aria e questa è stata la prima occasione buona per farlo.

Durante lo scontro tra me e Ryūga lui ha visto qualcosa, ho percepito i suoi occhi risplendere nella penombra come se avesse visto del fuoco ardere improvvisamente davanti a sé. Che abbia o meno percepito i miei movimenti e sensazioni non ne ho la certezza ma anche se fosse non avrei fatto trasparire nulla, almeno non appositamente.

Continuo a camminare per le strade rumorose, persone con famiglie, bambini e animali da compagnia passavano allegramente per la città senza nemmeno sapere chi avessero accanto, semplicemente, nella normalità di tutti i giorni non si fa molto caso all'eventualità di un "incidente", un tentato assassinio o una rapina, si cerca sempre di provare a trovare del "bene", anche in una società mutata di generazione in generazione, dove il "male" è sempre più presente. Solo così riusciamo a sopravvivere giorno per giorno.

Attraverso il quartiere dei grattacieli dov'è situata la "Landmark Tower", l'edificio più alto del Giappone e ne percorro l'entrata a passo svelto, il grande edificio argento dava una stazza autorevole. Al suo interno era ben arredato, mobili moderni che davano un tocco di classe alla "black&white" dei nostri giorni, due arboscelli all'ingresso che adornavano, riempiti di bellissimi fiori di ciliegio che davano un tocco armonioso al tutto, divani in pelle e tavolini bassi accompagnavano, alla vista è come un lussuosissimo hotel, le pareti bianche non facevano altro che aumentare l'importanza dell'edificio. Verso la parte più estrema è situato un enorme ascensore argentato, e ai suoi lati delle scale di marmo.

Decisi di attraversare l'enorme alata principale del palazzo e chiamare l'ascensore che in meno di due minuti era già venuto a prendermi. Entrai nella cabina immensa, al suo interno uno specchio laterale e un'infinità di tasti da poter premere che portavano ognuno a un piano diverso del grattacielo, punto l'indice contro i tasti senza mai gravare su uno, faccio scorrere il dito di tasto in tasto per poi esercitare pressione sul tasto più in alto. "Piano 73". Vedo le porte chiudersi subito dopo e la cabina che sale lentamente. Non ci mise molto, circa quarantacinque secondi per arrivare all'ultimo piano, scesi e aprii una porta dai colori scuri e una maniglia antipanico verde che la percorre in mezzo, uscì all'esterno, nella terrazza dell'altissimo grattacielo, sotto i piedi si sente scricchiolare il parquet in legno scuro, si trovavano anche delle sedie per decori esterni e anche qua, come nell'atrio, dei tavolini bassi.

Non diedi molto conto ad essi e andai ad osservare il panorama che mi si parava davanti, è sicuramente una cosa unica nel suo genere e dovrebbe essere vista almeno una volta nella vita: sorgeva Yokohama, i palazzi che iniziavano ad illuminarsi man mano che scendeva il buio nella città, la ruota panoramica vista da lontano che dava un senso di calma e attirava turisti da ogni parte del Giappone e oltre, per tutta la stagione estiva, e il mare dove riflettono i neon colorati di Chinatown e shop vari, un panorama unico nel suo genere e che poteva essere visto solo da un'altezza impressionante come quella.

Sento sbattere la porta dalla quale ero entrato qualche minuto prima, il pavimento scricchiola leggermente, avverto il leggero riecheggiare della rotella di un accendino. Mi giro di scatto e noto una figura alta e snella che si avvicina senza nessuna cautela nella mia direzione, prende qualcosa incastrato tra i capelli e l'orecchio, probabilmente una sigaretta visto che la vedo portare subito in bocca per poi farne prendere un colorito rosso acceso con l'accendino che aveva nel palmo dell'altra mano.

Man mano che si avvicina inizio a percepire i tratti del suo viso, porta dei capelli bianchi scombinati e ha degli occhi che ti ammaliano solo a guardarli per un breve secondo, occhi celesti ora che li vedo bene.

Si affaccia anche lui a voler osservare il panorama.

Aspira il tabacco ancora una volta, lentamente, per gustarsi a pieno e poter assaporare per bene il gusto della sigaretta che piano entrava nei suoi alveoli polmonari e li riempiva sempre di più sporcandosi di una macchia scura che non si sarebbe tolta facilmente.

Dal suo viso è un ragazzo così giovane, non gli darei più di diciannove anni.

Può essere un modo un po' brusco quello che sto pensando ma meglio farlo ora che mai più no? presi un coltello da sotto la giacca e lo punto al suo collo. Non ho intenzione di ucciderlo o farlo soffrire, solo spaventarlo, magari così qualcuno non si sarebbe rovinato la vita per sempre.

Strano detto da uno che fa parte della Mafia.

Non è spaventato.

<Non sai contro chi ti stai mettendo> biascica e spinge il fumo fuori dalle narici <allora dimmelo tu. Contro chi mi sto mettendo?> ribatto sorridente, non darò la vittoria assicurata a un ragazzino qualche anno più piccolo, soprattutto se si parla di una questione del genere.

Non parlò, dalle sue mani produsse solo del vapore, le spostò velocemente sul coltello e toccandolo lo congelò facendolo cadere dalla mia mano. <Contro Jades Kijima, mio sfortunato amico>

Finalmente si presentò. <Charles Norton, non ho mai detto che siamo amici, chi mette in mostra i suoi poteri solo per attirare l'attenzione è solo un egocentrico> sputo al punto <smetti di fumare, ti fa solo male, lo dico davvero> continuo.

Mi ignora e continuo <cerca di non metterti contro le persone sbagliate, Kijima Jades> lui allora mi sorrise beffardo. <non lo farò, Norton Charles>.

You made me hate this cityDove le storie prendono vita. Scoprilo ora