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Michael spalancò la porta di Starbucks come se stesse entrando in scena. Non importava chi ci fosse nel locale (tanto non c'era mai nessuno).

Tom faceva le pulizie dietro il bancone, Theodore mangiava una tartelletta alla frutta.

«Sono gay» annunciò con un espressione soddisfatta.

Theodore ancora con la bocca piena lo guardò come se fosse pazzo.

«Lo sappiamo già tutti, forse sei un po' in ritardo.»

Michael lo ignorò e si diresse da Tom.

«Nessuno può mettere Baby in un angolo.»

Tom sollevò un sopracciglio «perché citi Dirty Dancing?»

Michael fece spallucce e poi guardò Theodore con uno sguardo furbo.

«Io non mi arrendo. A quanto pare riesco ad ottenere quello che voglio.»

Theodore guardò Tom cercando di capire quale fosse realmente l'argomento ma neanche Tom lo aveva capito.

Il campanello sulla porta tintinnò di nuovo ma non erano entrati dei semplici clienti, Michael si ritrovò davanti i suoi genitori.

«Voi che ci fate qui?»

Bonnie trascinò Jack per un braccio, gli diede una gomitata nelle costole per farlo parlare.

«Tuo padre voleva scusarsi. Vero, Jack?» iniziò sua madre.

«E poi non abbiamo preso il dolce.» Bonnie si guardò attorno incantata.

«Questo locale è davvero delizioso!» esclamò.

Michael decise che non gliel'avrebbe resa facile, così si sedette al bancone dando le spalle a suo padre.

«Comunque tu non ce l'hai una casa?» sibilò Michael rivoltò al povero Theodore «sei sempre qui».

Theodore si leccò le dita ancora sporche di pastafrolla.

«Bè, non posso stare certo tutto il giorno in albergo».

Michael si morse le labbra per evitare lo scontro. Lui ce l'avrebbe chiuso dentro, in quell'albergo.

Jack andò a sedersi accanto a Michael.

«Allora che c'è di buono qui?» disse sfogliando attentamente il menù.

Michael sapeva che gli sarebbe venuta l'orticaria soltanto a leggere certi strani nomi lunghi chilometri.

Bonnie intanto fece un giro del locale con Tom, piuttosto orgoglioso del suo arredamento. Alla parete c'erano appese delle bellissime fotografie di paesaggi in bianco e nero, le aveva scattate lui stesso quando andava all'Università.

Bonnie le trovò molto belle e originali.

«Papà, non c'è bisogno che tu finga. Dirò alla mamma che ti sei scusato, non preoccuparti».

Quell'improvvisa arrendevolezza fece sentire male Jack.

«Io non volevo offenderti Michael» disse suo padre a bassa voce, come se ammettere il suo sbaglio fosse come sputare una palla di spine.

«Ti chiedo scusa.»

Michael avrebbe avuto tanto da dire e tanto da rinfacciare, ma era la prima volta che vedeva suo padre vulnerabile e gli fece pena.

«Ok» disse Michael.

Sua madre arrivò mettendosi tra di loro, li abbracciò e li strinse forte.

«Ah, quanto vorrei che questa vacanza non finisse mai!» esclamò.

«Ecco, io odio interrompervi» disse Tom «ma Patty, Alan e mio padre ancora non rispondono al telefono».

Tom si tolse il grembiule e lo lasciò sul bancone.

«Oh, caro! Capisco la tua preoccupazione» disse Bonnie comprensiva.

«Restate qui con Theo, io devo andare a cercarli. Potrebbero tornare e venire qui.» Theodore alzò gli occhi al cielo.

Michael saltò giù dalla sedia, era la sua occasione. Sì, stavano andando a cercare delle persone scomparse ma finalmente restava da solo con Tom.

«Michael vieni con me» disse Tom infilandosi un giubbotto di pelle davvero molto sexy. Michael avvampò. Era come la scena di Terminator.

Si stava nuovamente lasciando andare ad una delle sue fantasie ma era pur sempre il nuovo sindaco in carica, lo faceva per Pie Town. Cercò di recuperare il contegno.

«Allora ci vediamo dopo» disse Michael.

Sua madre Bonnie iniziò a parlare di diete con Theodore, naturalmente dividendosi un dolce alla crema.

Suo padre, con una tazza di caffè e il giornale locale, si sedette in un comodo divanetto. 

«Da dove iniziamo a cercarli?» chiese Michael.

«Bè, di nuovo da casa loro e poi dal negozio.»

Seguì Tom fino al piccolo garage sul retro, si aspettava di salire su una bella macchina.

Rimase a bocca aperta quando Tom prese una moto.     

Maratona a Pie TownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora