Dove vai quando ti perdi?

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🌀 Kaos.

Il dottor Arnold entra nello studio.
Stretto nel suo giaccone grigio elegante, è sempre stato un uomo goffo e buffo per i miei gusti.

Sono un suo paziente da più quattro anni, e ancora conta sul fatto che possa farmi "guarire" da certe paranoie.

Lui non mi piace, e glielo ho dato a vedere più volte in questi anni.

A me non piace mai nessuno.

Mia madre pensava che mandandomi da uno strizzacervelli io potessi imparare a relazionarmi meglio con le persone, a calmarmi.

La gente che mi conosce, ha timore di me per il mio essere aggressivo e spietato, come se io fossi un mostro.

Nessuno osa litigare con me.

Ma come biasimarli, ho iniziato ad assumere questi atteggiamenti da quando ero ancora un ragazzino.

Perché un bambino non dimentica.

Per mio padre ero un fallito, una punizione mandata dall'alto per fargliela pagare per tutti i suoi peccati.

Ma come può un bambino essere una punizione?

Come può un bambino essere odiato solo perché non era come gli altri bambini, come i figli dei suoi amici.

Non parlavo mai, non giocavo mai.

Ed io più non parlavo, lui più mi picchiava.

C'erano giorni in cui mi rinchiudeva in cantina, al buio, aspettando che io urlassi o piangessi.

Ma io, Kaos Kadiu non ho mai pianto nemmeno quando avevo paura.

Quando lasciò mia madre, incolpò me per il fatto di essere "diverso", diceva che mia madre non gli aveva dato un figlio sano, un figlio all'altezza del cognome che porta.
Mio padre era un uomo potente nel nostro paese, in Albania.

Quando mia madre venne a sapere che lui aveva altri figli con altre donne, corse subito da un avvocato per il divorzio, così quell'uomo non avrebbe mai più potuto avere potere su di noi.
Su di me.
Mia madre mi amava comunque, io ero il suo piccolo zemër, e lei ha scelto me.

"A che pensi, quando ti perdi?" La voce roca del dottor Arnold mi fa ritornare alla realtà, ad una realtà un po' più cruda rispetto al mio passato.

Una realtà in cui l'uomo che sono ora, progetta vendetta ogni giorno, vuole far pagare un prezzo molto alto a chi ha sempre provato a farlo sentire un fallito.

"Io non mi perdo mai, sono sempre qui." Non gli ho mai spiegato uno dei motivi del perché io sono come sono.
Non voglio la pietà di nessuno.

"Sono anni che provo a farti capire che il tuo problema deve essere affrontato e lasciato andare." Ripete.

Ho sentito questa cantilena più e più volte in queste settimane.
Non mi dice niente di nuovo.

"Cosa sta cercando di fare esattamente? Guarire uno psicopatico bipolare? Beh, dottor Arnold, mi dispiace ripeterlo ma non riuscirete mai a guarirmi. Io sono fatto in questo modo." Batto la mano sulla sua scrivania, sono già spazientito e assonnato, cazzo.

Sono appena tornato da un locale, dovrei già essere all'università, ma quel genio del mio strizza cervelli ha deciso che stamattina avrebbe dovuto rompere il cazzo a me.

"Tu non puoi essere guarito." Dice sinceramente. "Ma potresti essere curato, se solo tu me lo lasciassi fare." Si appoggia con le spalle allo schienale della sua enorme poltrona, non ascolto nemmeno una sua parola perché sono troppo concentrato a guardarmi intorno, e la puzza di disinfettante qui è davvero orribile.

Quanto Kaos sotto questa Luna.©Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora