Non ti lascio andare.

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🌀 KAOS.

Mi ritrovo di nuovo seduto sulla sedia dello studio del dottor Arnold, mi ha riempito di chiamate in queste due settimane e la cosa non mi preoccupa, non quanto preoccupi a mia madre.

Ci sono venuto solo per farla stare tranquilla, altrimenti avrebbe pianto e avrebbe fatto una delle sue scenate.
Ed io non voglio vederla stare male a causa mia.

Faccio l'ultimo tiro di sigaretta e spengo il mozzicone sul marmo della finestra che affaccia in giardino.

Sento i passi alle mie spalle, ed il dottor Arnold si schiarisce la voce pensando che io non mi sia accorto della sua presenza.

"Buongiorno." Gli dico annoiato.

"Vuoi essere pregato per venire a fare le tue sedute?" Mi chiede schietto, appoggiando la sua valigetta sulla scrivania.

"Vorrei essere pregato da mia madre per non venire." Lo prendo in giro.

"Smettila di fumare quando sei nel mio studio."

"Lei la smetta di invitarmi nel suo studio ed il problema è risolto." Rispondo ovvio.

Lui scuote la testa già esausto del mio comportamento, di questo passo, al mio psichiatra servirà uno psichiatra.

Mi mostra un disegno, uno scarabocchio fatto a matita se si può dire.

"Si è dato all'arte, dottore?" Rido di lui.

"Cosa ci vedi in questo vortice disegnato?" Insiste.

Fisso lui, e poi fisso il foglio che ha tra le mani.

"Il male dell'anima, un uomo che urla." Rispondo tranquillamente.

Il dottor Arnold si accarezza i baffi, e poi gira il foglio verso se stesso e sospira.

Mette a posto il disegno e scrive qualcosa su un blocchetto, e lo fa così velocemente.

Non so chi abbia fatto quel disegno, ma è davvero inquietante.
Angosciante.
Maligno.

Il dottore è perso tra i suoi pensieri e picchietta le dita sulla sua scrivania, aspettando che io gli dica qualcosa.

"Hai scopato in queste due settimane?" Me lo chiede per prendermi in giro.
Perché la maggior parte del tempo che passo qui dentro, parlo solo di sesso solo per dargli fastidio.

Ma non demorde.

"Pensandoci bene, no." Ammetto.

E senza un motivo apparente, penso all'agnellino. È a lei che sto puntando per farla pagare a suo padre.
Ma soprattutto a lei.

La mente ieri sera mi ha giocato brutti scherzi, il mio corpo e la mia mente stava soffrendo, voleva un qualsiasi contatto fisico con lei.
Così tante che stavo rischiando di baciarla, di divorare le sue labbra rosee e carnose.

Io, Kaos, non ho mai permesso a nessuna donna di toccare le mie labbra a causa del mio cervello malato. Stavo rischiando di baciare una insignificante ragazzina la quale il padre è il mio peggior nemico.

Sento il pantalone restringersi a pensare a quella maledetta, ai suoi occhi verdi cristallini, al suo nasino piccolo e all'insù, alle sua pelle candida e il suo viso ricoperto di lentiggini.
La sua non è una bocca ripiena di carne, è una tentazione.
Una strega.
Penso a quanto stavo bene tra le sue gambe quando ho fatto irruzione in casa sua, a quando le ho toccato quella gemma succosa tra le sue gambe per farla venire sulle mie dita.

Lei non sa quanto io abbia leccato le mie dita dopo che è scappata via dalla mia auto, e con i suoi umori ho bagnato la punta del mio cazzo per provare un folle piacere.

Quanto Kaos sotto questa Luna.©Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora