Capitolo 11

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Dopotutto era una splendida, ma fredda, mattinata.

Felix Mortiger, dentro ai suoi stivaloni lucidi, stazionava in posizione eretta di fronte al portone in ferro del carcere di San Sebastian. La sua rigida figura, avvolta nel mantello rosso, se ne stava lì immobile da chissà quanto tempo.

La guardia non lo aveva visto arrivare e, non appena si accorse di quella strana presenza, prese a spiarlo attraverso una stretta finestra dell'edificio. Era evidente che il colonnello Mortiger non desiderasse esser disturbato. Rinomato per quel suo brutto carattere, il giovane si guardò bene dal domandargli se bisognasse di qualcosa. Era spietato e capace di scatenare l'inferno con chiunque gli si mettesse fra i piedi. Il piantone si sentiva in difetto per il semplice fatto di non aver domandato fin da subito chi fosse e cosa stesse facendo fuori le mura del carcere. Aveva l'obbligo di chiedere immediatamente ragioni di quella presenza; in fondo era il suo turno di guardia, e doveva appunto "guardare" e intervenire in caso di presenze eventuali nel piazzale antistante, qualsiasi essa fosse. Ma era meglio lasciar perdere e non disturbarlo. Una sua parola avrebbe potuto rovinargli la giornata, o addirittura la settimana intera. Aveva sentito dire che per qualsiasi inezia faceva scintille! Rapporti disciplinari, sostituzioni, trasferimenti, destituzioni, qualificavano la sua fama. Un comandante altezzoso e irascibile che non aveva eguali.

Una nuvola di polvere si stava alzando all'orizzonte, dinanzi a essa, una vettura che avanzava a passo spedito. La macchina si arrestò al centro del piazzale. L'autista scese con fare svelto e aprì la portiera posteriore. Un uomo tarchiato, con sottobraccio delle cartelle, si mise a camminare proprio nella direzione del colonnello Felix Mortiger. Quest'ultimo accennò un inchino.

"Spero sia già tutto pronto, sai quanto odio svegliarmi così presto la mattina".

"Vostro onore, la salvaguardia della monarchia viene sopra ogni cosa".

"Come al solito sei molto persuasivo. Chi è questo farabutto? E perché ci tieni tanto affinché marcisca in galera?"

"Un rivoltoso, e di rango superiore oserei dire. Capace di mettersi a capo di una folla di operai inferociti e sparare contro il sindaco di una cittadina. Devo aggiungerle altro?"

Felix Mortiger guardò un punto indefinito sul selciato.

"Tuttavia... il sindaco è ancora vivo".

"Grazie a Dio! Non è questa una buona notizia?"

Il militare serrò la mascella rispondendo a denti stretti. "Avrei preferito un sopravvissuto in meno e un balordo in più da fucilare".

"Capisco. Niente di personale spero".

"Nella maniera più assoluta. Nessuna pietà per chi si mette a capo di fazioni anarchiche e sindacaliste, e per di più con idee sovversive. I fuochi vanno estinti da subito!"

"D'accordo. Andiamo a debellare questo incendio".

"Guardia! Apri la porta!"

Con l'aria intimorita apparì il giovane secondino da dietro il portone. Saluto militare e divisa sembravano apparentemente inappuntabili.

"Matricola e nome".

"Domando scusa?"

"Lei non ha svolto il suo compito di vigilanza, e in più le manca un bottone della divisa. Potevo essere un malintenzionato e lei per tutto il tempo non ha neanche domandato chi fossi o cosa stessi facendo. Parlerò con i suoi superiori".

* * *

Le guardie carcerarie trovarono Mariano ancora rannicchiato sul pavimento.

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