🌻 Standby 🌻12 settembre 2020

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Il funerale di Jimena fu il classico straziante funerale di una persona giovane.

Tutti piangevano, tutti si disperavano, tutti invocavano al cielo clemenza...

Pioveva, pioveva a dirotto e non solo all'esterno, ma anche nell'animo.

Che inutile è l'uomo al mondo: passa una vita a costruire e rincorrere aspettative e poi in un niente viene spazzato via.

Al nostro arrivo la cassa funebre era già chiusa, la mamma di Leandro in preda alla disperazione batteva sul legno.

Quanto dolore può provare una madre nel vedere il sangue del suo sangue chiuso fra 4 assi di quercia?
Quanta disperazione può sopportare prima di morire anch'essa?

Lea piangeva soltanto, fu in assoluto la prima volta che vidi quell'uomo così grande e grosso venire giù a pezzi.
Faceva quasi impressione vederlo così.
La mia ancora, il mio porto sicuro, si stava rivelando essere umano.
Sembrava aver assunto, dopo tanto tempo, i limiti degli altri viventi, oltre che le sembianze...

Dopo il funerale ci fermammo a dormire a casa di sua madre. L'aria era diversa, carica di tristezza ,ma quella tristezza che anche se non la vedi, non la senti, non la tocchi, ti entra nelle ossa.

Mi sentii in colpa, troppo estranea a quel dolore, incapace di soffrire...
Ma dopotutto io Jimena l'avevo vista soltanto 3 volte.
Guardavo le facce straziate degli altri e non potevo che sentirmi una piccola patetica insensibile ragazzina.

Tutto ciò che potevo fare era consolare l'uomo al mio fianco, quella grande e grossa roccia che si stava frammentando.

Cercai di tenere insieme i pezzi anche quando tornammo in Francia e decise di prendersi qualche giorno di ferie dal lavoro.

" Ho la testa altrove, non posso giocare" mi disse fra le lacrime.
Incredibile come non conoscesse abbastanza se stesso, il calcio avrebbe potuto aiutarlo a non ricordare.

Ma forse voleva pensarci, perché dopotutto fino a quando pensi a qualcuno o a qualcosa, quella realmente esiste. E sua sorella era ancora viva nei ricordi che passava in rassegna.

" Lea devi mangiare qualcosa" mi imposi dopo 3 giorni che non toccava cibo.

"Amore devi fare una doccia" gli dissi al secondo giorno di stallo nella sua igiene personale.

"Leandro, andiamo a fare una passeggiata" lo costrinsi dopo 5 giorni che passava a letto.

"Ti prego amore, smettila di dormire tutto il giorno" lo implorai dopo una settimana

" Per favore riprendi gli allenamenti" lo supplicai dopo 9 giorni.

Era come occuparsi di un bambino e forse un po' lo era diventato, si era trasformato in un ragazzino ferito incapace di vivere, bisognoso di cure.

Dopo 10 giorni di tutto ciò, decisi di mettere fine a quello strazio.
Non c'è nulla di peggio che cullarsi nel dolore mettendo la propria vita in standby.
Non c'era nulla di peggio che morire pur essendo vivi.

🌻Hasta luego💕🌻





"PERFETTA COSÌ"  Leandro Paredes 🌻Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora