Gli specchi della mente

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La porta si chiude alle mie spalle, e il rumore riecheggia nel buio. Il silenzio che segue è opprimente, quasi tangibile. La stanza in cui mi trovo è immersa in una penombra gelida; l'aria ha un odore di umido e di pietra antica. Mi stringo nelle spalle, cercando di calmare il battito del cuore che sento pulsare nelle orecchie.

Davanti a me, una debole luce illumina frammenti di specchi sparsi ovunque. Schegge di vetro di tutte le forme e dimensioni giacciono sul pavimento, sui muri, perfino sospese a mezz'aria, come se la stanza fosse intrappolata in un'esplosione cristallizzata nel tempo. Ogni pezzo riflette un'immagine diversa di me: in uno vedo il mio volto serio, in un altro i miei occhi gonfi di lacrime. Un riflesso mi restituisce un sorriso che non riconosco, un altro una smorfia di dolore.

Il cuore mi si stringe mentre mi avvicino a uno di quei frammenti, guardando il mio riflesso distorto.

"Non è un bellissimo spettacolo, vero?"

Mi volto di scatto e vedo di nuovo la ragazza dalla pelle pallida. Dalia mi sorride, ma c'è una tristezza nei suoi occhi che mi colpisce come un pugno allo stomaco.

"Cosa significa tutto questo?" chiedo, la voce rotta da una combinazione di paura e curiosità. "Chi sei tu veramente?"

"Io sono una parte di te, Lily," risponde lei con una calma che mi mette i brividi. "Sono una delle ombre che hai cercato di ignorare, una scheggia della tua anima. Il castello è pieno di specchi, di frammenti, e ogni frammento racconta qualcosa che hai evitato di affrontare."

Rimango in silenzio, lottando contro la voglia di scappare. Sento il peso delle sue parole, come se ogni frammento attorno a noi fosse carico di storie che ho seppellito nel profondo della mia coscienza.

"Perché sono qui?" domando alla fine, incapace di reprimere la domanda che mi tormenta.

Dalia mi fissa, il suo sguardo è penetrante, come se potesse vedere attraverso di me. "Perché hai bisogno di ritrovarti, Lily. Questo è un viaggio attraverso le parti più nascoste della tua mente. Ogni porta in questo castello ti porterà a incontrare qualcuno, un frammento della tua anima, delle tue paure, dei tuoi dolori. Se vuoi tornare alla vita, dovrai raccogliere ogni scheggia, affrontare ogni verità."

La sua voce è dolce, quasi carezzevole, ma avverto una minaccia sottile in quelle parole. Abbasso lo sguardo, incapace di sostenere il suo, e mi ritrovo a fissare una scheggia ai miei piedi. Il mio riflesso sembra guardarmi con occhi tristi, occhi che non riesco a riconoscere.

"Mostrami," sussurro, prendendo un respiro profondo. "Mostrami quello che devo vedere."

Dalia sorride, un sorriso lieve, quasi compiaciuto, e si avvicina a una delle schegge più grandi, incastonata nella parete. "In questo frammento troverai una parte di te che conosci molto bene," dice. "Il senso di colpa."

Mi avvicino e fisso il mio riflesso. All'inizio, vedo solo il mio volto, ma poi l'immagine cambia. Mi vedo sdraiata sul letto, le pillole sparse accanto a me, il bicchiere vuoto sul comodino. È la scena di poche ore fa, ma sembra così lontana, come se appartenesse a qualcun altro. Mi vedo guardare il soffitto, persa in un vuoto che sembra non avere fine. Sento la pesantezza di quel momento, il bisogno di spegnere tutto, di non sentire più niente.

"Ti sei mai chiesta quanto dolore hai nascosto dietro questi momenti?" mi chiede Dalia, senza distogliere lo sguardo dal mio riflesso. "Ogni volta che cercavi di soffocare il dolore con l'alcol, con i farmaci, stavi solo creando un'altra scheggia, un'altra crepa."

Le sue parole mi colpiscono come una lama. Mi sento nuda, esposta, come se non ci fosse nulla che potessi nascondere qui dentro.

"Non posso andare avanti così," mormoro, la voce che si spezza. "Ma non so come smettere."

Dalia si avvicina, e per un attimo il suo volto sembra più umano, più comprensivo. "Per questo sei qui, Lily. Ogni scheggia che vedrai in questo castello ti mostrerà una parte di te, e sarà doloroso. Ma solo affrontando tutto questo potrai ritrovare la forza di vivere davvero."

Le sue parole mi danno un brivido, ma dentro di me sento una fiamma accendersi, una piccola scintilla di qualcosa che non sentivo da tempo: speranza.

Dalia mi guida verso una nuova porta, e appena la attraversiamo, il mondo intorno a noi cambia di nuovo. Ci troviamo in una stanza perfettamente ordinata, quasi sterile. Ogni cosa è al suo posto, simmetrica, perfetta. L'atmosfera è soffocante, e sento un nodo crescere nello stomaco.

"Dove siamo ora?" chiedo, cercando di comprendere l'ordine opprimente che ci circonda.

"Questa è la stanza del controllo," risponde una voce calma, profonda. Mi volto e vedo un uomo alto, elegante, con un aspetto distinto ma lo sguardo perso nel vuoto. "Io sono il bisogno di controllo che ti tiene prigioniera."

Sento le sue parole come un colpo al petto. Mi rendo conto di quante volte ho cercato di controllare tutto, ogni emozione, ogni situazione, senza mai riuscirci davvero. Mi guardo attorno e vedo la mia stessa vita riflessa in quella perfezione asfissiante.

"Ogni cosa deve essere perfetta," dice, il suo tono è serio, quasi monotono. "Ogni pensiero, ogni emozione deve essere ordinato, controllato. Ma è solo una prigione, Lily. Una prigione che ti sei costruita da sola."

"Non posso lasciar andare," mormoro, quasi a me stessa. "Se perdo il controllo, crollo."

L'uomo senza nome mi osserva con un misto di compassione e disapprovazione. "Il controllo è solo un'illusione. Finché cercherai di mantenere tutto perfetto, sarai prigioniera della tua stessa mente."

Lo guardo, e per un attimo sento una fitta di rabbia, ma anche di dolore. So che ha ragione, che il bisogno di tenere tutto sotto controllo è stato solo un modo per evitare di affrontare la verità, ma non so come smettere.

"Come posso liberarmi?" chiedo, quasi disperata.

"Accettando il caos," risponde l uomo , con una calma che mi spaventa. "Lasciando che le cose si rompano, che le emozioni fluiscano, anche se fanno male."

Mi fermo, incapace di rispondere. Le sue parole mi sembrano impossibili da seguire, ma qualcosa dentro di me sa che è l'unica via. Respiro profondamente, e per la prima volta inizio a vedere la stanza per ciò che è: non una protezione, ma una gabbia.

Rimango lì, nella stanza del controllo, con il cuore in tumulto e la mente che cerca di afferrare tutto ciò che ho visto e sentito. So che questo è solo l'inizio del mio viaggio, ma sento già il peso di ogni verità che dovrò affrontare. Eppure, c'è una parte di me che vuole continuare, che desidera trovare tutte le schegge di me stessa, anche se significherà affrontare il dolore che ho sempre evitato.

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