la giornata dei miracoli

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Bip… bip… bip… Cos’è questo suono? Un rumore ripetitivo, lontano, come un eco. Dove mi trovo? Cerco di aprire gli occhi, ma una luce troppo intensa mi colpisce, accecante. Tutto intorno è bianco, confuso, e provo a muovere le braccia, ma è come se fossi bloccata, prigioniera di qualcosa di invisibile.

"Leo? Aria?" mormoro, la voce debole, quasi un sussurro.

Cerco di capire dove sono, cosa sta succedendo, ma una sensazione di vuoto mi invade, un silenzio che sembra circondarmi. All’improvviso, delle voci spezzano l’oscurità: "Si è svegliata! Dottore, si è svegliata!"

Sento dei passi, qualcuno si avvicina. Apro lentamente gli occhi, il bianco intorno a me si fa più nitido, e finalmente comprendo. Sono in una stanza d’ospedale, le pareti spoglie, il soffitto pallido, il suono costante delle macchine mediche accanto a me. È come se mi risvegliassi da un sogno profondo, uno di quelli che sembrano reali.

"Signora, bentornata," mi dice una voce gentile, quella del dottore, che mi osserva con un sorriso di sollievo. "È stata in coma per un mese. Un mix di alcool e farmaci l’ha portata qui, ma ora è al sicuro."

Le sue parole mi colpiscono come un fulmine, e i ricordi iniziano ad affiorare, confusi e caotici. Leo, Aria… il Giullare. Il castello, il bosco, il Re di Cuori e la Regina di Picche. Eppure tutto sembra così lontano, come un’ombra sfocata che lentamente si dissolve.

Mi lascio andare sul cuscino, cercando di comprendere. È stato tutto un sogno? Era reale? E loro… Leo, Aria, il Giullare… sono ancora da qualche parte? Mi chiedo quale sia il nome del Giullare, se mai potrò incontrarlo di nuovo e scoprirlo.

In quel momento, la porta si apre, e vedo i volti delle persone che amo più di ogni altra cosa: i miei bambini, che si lanciano verso di me con occhi lucidi e sorrisi increduli, mio marito che si avvicina con le lacrime che scendono silenziose, i miei genitori che mi guardano con uno sguardo pieno di gratitudine e sollievo.

"Mamma!" gridano i miei figli, stringendomi le mani e baciandomi il viso, le loro risate contagiose che riempiono la stanza. Le loro voci sono come una melodia, una luce che mi riporta alla realtà e mi riscalda il cuore.

Mio marito si siede accanto a me, le sue mani calde che stringono le mie, gli occhi lucidi di emozione. "Non sai quanto ho pregato per questo momento," sussurra, con la voce spezzata dalla gioia. "Mi sei mancata così tanto, amore mio."

Ricambio il suo sguardo, e per la prima volta in tanto tempo sento una pace profonda, una serenità che avevo dimenticato. Gli occhi dei miei figli, le mani di mio marito, l’abbraccio dei miei genitori… tutto questo mi riempie di una felicità autentica, una sensazione di completezza che non avevo mai provato prima. Sono qui. Sono tornata.

Il giorno dopo, durante la colazione, un notiziario in televisione attira la mia attenzione. Sto ancora sorseggiando un caffè, assaporando la normalità di una mattina qualunque, quando le parole del cronista mi fanno sussultare.

"Quattro miracoli in un giorno," annuncia la voce del giornalista. "Due donne e due uomini, tre dei quali in coma da un mese e uno da tre mesi, si sono risvegliati ieri come se nulla fosse successo. La giornata dei miracoli, così l’hanno chiamata."

Il mio cuore accelera, e un brivido mi attraversa. Due donne e due uomini? È impossibile. Ma qualcosa in me sa che non è un caso. Leo, Aria… e anche il Giullare. Non siamo stati soli. Siamo stati legati da qualcosa che va oltre la realtà, oltre qualsiasi spiegazione.

Mi alzo dalla sedia, un sorriso che cresce sul mio volto, e inizio a ridere, una risata di pura gioia che mi sgorga dal cuore. "Ce l’abbiamo fatta, ragazzi," mormoro tra me, come un sussurro che vola leggero nell’aria. "Finalmente siamo tornati, ognuno con il proprio riflesso dell’anima."

Sento una pace profonda avvolgermi, una consapevolezza che ora tutto è come dovrebbe essere. Leo, Aria, il Giullare… non importa dove siano ora. So che li troverò di nuovo, che la nostra connessione è indistruttibile, un legame che va oltre il tempo e lo spazio.

Mentre i miei figli mi guardano con occhi stupiti, li abbraccio forte, sapendo che questo è il mio mondo, il mio posto. E so che, in un modo o nell’altro, ci rincontreremo molto presto.




FINE

Fune

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