verso l'ignoto

0 0 0
                                    

Attraversai la porta con il cuore che batteva forte, ancora stupita dalla facilità con cui sembrava essere finita la prova. Ma mentre ci immergevamo nel bagliore di un nuovo mondo, stranamente, pensai al Giullare. Non riuscivo a capire se avesse voluto facilitarci il cammino o se ci fosse qualcosa di sinistro dietro quella vittoria. Tuttavia, quando alzai lo sguardo, ogni pensiero svanì: ci trovavamo su una spiaggia paradisiaca, di quelle che avevo visto solo in cartolina, e la vista mi lasciò senza fiato.

Le palme si ergevano maestose fino a sfiorare il cielo, le loro fronde ondeggiavano piano al vento, come a darci il benvenuto. Piccole scimmie saltavano da un ramo all'altro, giocando tra loro, libere e senza pensieri. Un’armonia perfetta, tanto che il mondo da cui venivamo sembrava solo un lontano ricordo. Senza parole, mi girai verso Leo e Aria, che avevano gli occhi sgranati come i miei, pieni di meraviglia.

"Ragazzi," sussurrò Aria, rompendo il silenzio con un sorriso incantato, "non sembra vero, è... è perfetto."

"Sembra che qualcuno ci abbia premiati sul serio!" esclamò Leo, ridendo. "Forse ce lo siamo meritato dopo tutto quello che abbiamo passato."

Ci guardammo, poi Leo mi prese la mano e corse verso il mare, tirandomi con sé. Aria ci seguì subito, ridendo e lasciando andare tutte le tensioni accumulate. Ridacchiando come bambini, ci tuffammo nelle acque limpide e cristalline, che ci avvolgevano in una fresca carezza, facendoci sentire più leggeri. Per un attimo dimenticammo tutto: il Giullare, le prove, la paura. Esistevamo solo noi e quell'oceano sconfinato.

"Non mi ero mai sentita così libera," dissi, stendendomi sulla sabbia accanto ad Aria, mentre Leo si sdraiava poco distante. Guardai il cielo, un blu appena accennato, come se la notte si stesse avvicinando pian piano, lasciando però ancora tracce della giornata appena trascorsa. Era un sogno dal quale non volevo svegliarmi.

"Sai," iniziò Leo con tono scherzoso, "se ogni prova finisse così, potrei quasi abituarmi." Aria rise, dandomi una leggera spinta.

"Non dire sciocchezze, Leo," disse, "sappiamo tutti e tre che domani potremmo trovarci di nuovo in quell'incubo." Ma nonostante le sue parole, sorrise e lasciò che il vento le accarezzasse il viso. Anche lei si sentiva finalmente in pace, ne ero certa.

Restammo così, seduti in riva al mare, senza dire molto, lasciando che il silenzio fosse il nostro unico linguaggio. In quel momento mi resi conto che il tempo che sembrava essersi fermato nella stanza, qui aveva ripreso a scorrere; i giorni che ci erano parsi infiniti si erano rivelati poche ore, due o tre al massimo. Non so chi ruppe il silenzio per primo, ma lentamente decidemmo di rimetterci in piedi e avanzare. Avevamo bisogno di capire se la prova fosse davvero terminata o se un’altra sfida ci attendeva subito.

Ci incamminammo su una stretta stradina di sabbia, la sabbia calda sotto i piedi era morbida e avvolgente. Camminammo fino a che non incontrammo un cartello di legno piantato sulla sabbia. Era curioso, con due frecce in direzioni opposte, una a destra e una a sinistra, e in fondo a ognuna di esse una scritta incisa. Sotto, una lettera firmata dal re e dalla regina, con una filastrocca.

Mi chinai per leggere ad alta voce:

"Destra o sinistra, una via sceglierai,
tra vincente o perdente ti troverai.

Se il cuore ti guida, sicuro sarai,
ma se dubiti troppo, indietro non andrai.

Destra è l’ombra, la sfida nascosta,
sinistra è il fiore, la strada che costa.

Ma attento a quel che gli occhi vedranno,
ché vincenti o perdenti, domani sapranno."

Aria sbuffò. "Eccoci di nuovo," disse, scuotendo la testa. "Non possono semplicemente darci una pausa vera?"

Leo rise. "Beh, guarda il lato positivo," rispose. "Almeno ci hanno dato una vacanza di mezza giornata."

Scambiammo un'occhiata e, nonostante la tensione che iniziava a insinuarsi di nuovo tra di noi, decidemmo di prenderla con leggerezza.

"Allora, sinistra o destra?" chiesi, fingendo di considerare la scelta con aria seria. "Dobbiamo decidere come le corna di un bue, giusto?"

Aria rise, cercando di alleviare la tensione. "Non abbiamo scelta, Lily. Speriamo solo di non finire in un altro incubo."

"Destra," suggerì Leo, con aria risoluta. "Per qualche motivo, sento che è la direzione giusta."

Io e Aria ci scambiammo uno sguardo, sorridendo. "Allora destra sia," dissi, prendendo un respiro profondo, sperando che questa fosse davvero la scelta giusta.

E così, ci inoltrammo ancora una volta verso l’ignoto, lasciandoci alle spalle quella spiaggia paradisiaca, sperando che il prossimo passo fosse solo un'altra tappa e non una discesa verso un nuovo incubo.

Attraversammo la spiaggia fino a trovarci davanti ai due sentieri che la filastrocca aveva descritto. A destra, uno steccato di legno seguiva la distesa di sabbia, ma la nebbia fitta impediva di vedere oltre pochi metri; sembrava un confine oscuro verso l'ignoto. A sinistra, invece, la stradina era lastricata di pietre incastonate nella sabbia e adornata da fiori colorati lungo i lati, creando un’atmosfera serena e rassicurante. Il bianco dello steccato proseguiva dritto davanti a noi, incorniciando la scena con una quiete irreale.

Esitammo, senza sapere quale delle due strade scegliere. Alla fine, decidemmo di lasciare il destino al caso. Chiudemmo gli occhi, ci girammo su noi stessi tre volte e, sempre a occhi chiusi, puntammo il dito verso una direzione scelta a caso.

Proprio in quel momento, un’ombra nascosta tra gli alberi scagliò qualcosa verso di noi. Sentimmo un fruscio, ma concentrati sul gioco non ci facemmo troppo caso. Alla fine, ci fermammo e, aprendo gli occhi, scoprimmo che tutti avevamo indicato la strada a sinistra.

"Allora, sembra che abbiamo deciso," dissi, soddisfatta.

"Ragazzi, guardate lì," sussurrò Aria con tono serio, puntando il dito verso il sentiero. Era sicura che prima non ci fosse nulla, e anche noi eravamo convinti di questo, ma ora una carta, tagliata a forma di freccia, giaceva sulla sabbia, indicandoci chiaramente la direzione.

"Non c'era prima, vero?" chiesi, confusa.

"No," rispose Leo, avvicinandosi per raccogliere la carta. La esaminò attentamente, notando i segni di usura che ne segnavano i bordi. "È una carta da gioco... e non è una carta qualsiasi, è il Re di Fiori."

La guardò incredulo, poi la mostrò anche a me e Aria. La carta sembrava antica, eppure emanava un'aura solenne e misteriosa, come se fosse lì da sempre, in attesa del nostro arrivo.

"Chi mai avrebbe rovinato così una carta di questa portata?" mormorò Leo, incredulo. "Non è una carta normale... il Re di Fiori."

Ci scambiammo uno sguardo carico di domande. Quel segnale non poteva essere casuale; c’era qualcuno o qualcosa che ci stava indicando quella direzione. Con un misto di esitazione e determinazione, decidemmo di seguire il suggerimento del Re di Fiori.

L'ultimo RiflessoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora