lacrime sbiadite

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Giullare

Mi ritiro nella mia stanza, lontano dalle risate forzate e dal caos che ormai è la mia vita. Chiudo la porta dietro di me, sperando di lasciare fuori anche i pensieri, ma invano. Le loro voci continuano a risuonare nella mia testa. "Chi sei, davvero?" Una semplice domanda, diretta, che ha colpito qualcosa dentro di me, un punto fragile che pensavo di aver sepolto per sempre.

Mi siedo, avvolto dal silenzio, cercando di capire. Cerco di scacciare quei pensieri, eppure continuano a tormentarmi. Perché? Perché, dopo tutto questo tempo, sento la necessità di guardarmi indietro? Ho costruito questa maschera, questo ruolo, per dimenticare, per seppellire tutto, eppure ora… ora sembra che stia cadendo a pezzi.

All’improvviso, un ricordo emerge, vivido come un’istantanea strappata al passato. Vedo un ragazzo – io, più giovane, spensierato – che rideva e faceva ridere chiunque gli fosse vicino. Era il mio modo di esserci, di dare qualcosa di buono. Ero felice, sì, o almeno lo credevo. Mi piaceva vedere i miei amici sorridere, con quella leggerezza che ora mi sembra un miraggio lontano.

Poi, subito dopo, un altro ricordo prende forma, brutale e carico di nostalgia. C’è lei. Clare, la mia Clare, quella a cui tenevo più di ogni cosa. La vedo sorridere mentre saliamo in sella alla mia moto, e ricordo il vento caldo della Florida, l’adrenalina di correre sulla strada, io che guido, libero come non mai. E lei era lì con me, era il mio mondo. Ero sicuro che non avrei mai potuto perderla.

Ma le voci dei ragazzi hanno scavato troppo in profondità, e ora il ricordo cambia, e la verità mi schiaccia come un macigno sul petto. La vedo, il suo viso preoccupato, mentre mi chiede di rallentare. “Vai troppo forte,” mi diceva, ma io non ascoltavo, no. La mia vita era lì, in quella velocità, in quella corsa che mi faceva sentire invincibile. Il rombo della moto copriva le sue parole, o forse ero io che non volevo ascoltarle.

Poi, in un istante, tutto si trasforma in un incubo. Una macchina, sbucata dal nulla, e il mondo che si capovolge. Il fischio nelle orecchie, il rumore assordante, e poi… il buio. Tutto nero.

La consapevolezza mi colpisce come un pugno allo stomaco. Era colpa mia. Lei era morta per colpa mia, e tutto per una mia stupida scelta, per la mia voglia di andare sempre oltre, sempre più veloce, sempre più forte.

Stringo i pugni, sentendo le nocche farsi bianche, e mi chiedo da quanto tempo non provo dolore così vero, così umano. Il mio cuore, per anni intrappolato sotto questa maschera, pulsa ancora. Clare, la mia Clare… lei era tutto ciò che avevo. Ho distrutto la mia vita, ho distrutto la sua, e per cosa?

Ora… ora vedo quei ragazzi. E lei, Lily, così simile a Clare, così fragile e coraggiosa, capace di affrontare i suoi demoni e guardarmi negli occhi chiedendomi, con sincerità: "Chi sei, davvero?" Nessuno me lo aveva mai chiesto, nessuno aveva mai cercato di capire il vuoto dietro il Giullare. E, senza volerlo, mi hanno costretto a guardarmi dentro, a rivivere quella perdita.

E così, decido. Non posso lasciare che li porti via anche a loro, che li distrugga. Devo fare in modo che superino queste prove, che trovino una via d’uscita. Li aiuterò. Anche se devo continuare a fingere, anche se dovrò apparire ancora più crudele e sprezzante di quanto loro credano. Non devono sospettare nulla.

Sorrido amaro. Io sono il Giullare, sì, ma sono anche come il seme che Aria ha usato per salvare i suoi amici: diventerò il loro Jolly di Fiori. Userò me stesso, metterò la mia stessa anima in gioco, anche se significa spingermi ancora più in fondo in questa oscurità.

E mentre il peso del mio passato continua a premere sul petto, mi torna in mente qualcosa che non avrei mai creduto possibile. Il mio nome. Alex. Sì, era così che mi chiamavo, una volta. Il suono mi sembra estraneo, quasi irreale, ma so che è vero. Alex. È strano anche solo pensarlo, e so che non dovranno mai conoscerlo. Per loro sarò sempre il Giullare, il Jolly che li aiuterà a vincere. Anche se dovrò sembrare ancora più cattivo, più spietato. Non sospetteranno mai chi sono davvero.

Qui, siamo tutti osservati, tutti controllati, persino io. Anche questo volto che indosso fa parte di un gioco che mi consuma, e che non posso interrompere. Ma forse… forse posso fare qualcosa. Anche con i miei incubi, anche con il fardello del passato, posso dare loro una possibilità.

Disturbo post-traumatico, alcol… mi dicono che sono un fantasma, un’anima persa. Ma forse, per una volta, posso usare tutto questo per aiutare chi ancora può salvarsi.

Sorriderò, reciterò, farò in modo che nessuno sospetti. Ma, nel mio cuore, so che li aiuterò. E, forse, in questo gioco crudele, troverò anche io un modo per espiare.

Mi guardo allo specchio, e vedo una lacrima che scivola sul mio viso, confondendosi con il trucco sbiadito. La maschera da Giullare sta già cadendo a pezzi. Rido, ma questa volta rido davvero, con una risata che non sentivo da tempo, una risata che pensavo fosse ormai solo un ricordo lontano, quasi un’illusione.

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