Capitolo 1

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Dodici anni dopo

Sdriata sul letto fisso il soffitto in stadio di trans ascoltando la pioggia che picchietta contro la finestra della mia stanza.

Oggi è l'anniversario della morte dei miei genitori, sono passati dodici anni da quando li ho visti per l'ultima volta.
E oggi è anche l'ultimo giorno di scuola prima delle vancanze. Sto per compiere diciotto anni e sono pronta ad andare al college, l'unica cosa è che non sono pronta ad abbandonare questa casa.

E' stata la casa che mi ha salvata dalla tragedia. Mi ritengo fortunata ad avere come 'genitori' Andrew e Liz, e Luke, Ben e Jack come fratelli. Sono cresciuta in mezzo a loro giorno dopo giorno, anno dopo anno fino a quando pian piano non se ne sono andati tutti per le loro strade.

Ben e Jack hanno già finito il college e ora lavorano in aziende importanti, Luke è al college ed ha abbandonato questa casa per traferirsi in un appartamento per arrangiarsi. Vi starete domandando come fa a mantenersi l'appartamento? Semplice guadagna soldi esibendosi in locali insieme alla sua band e papà gli da una mano con le spese più pesanti.

Quasi rido per aver chiamato Andrew papà. Di papà ne ho avuto solo uno in tutta la mia vita e sarà per sempre il mio papà anche se tra le braccia degli angeli, ma Andrew mi è sempre stata vicino e insieme a Liz non mi hanno mai fatto mancare nulla.

Non ho mai chiesto soldi ne regali ne favori, ho sempre cercato di arrangiarmi da sola per non dare peso. Io non ero loro figlia, non avevo il diritto di pretendere di essere trattata come tale, tuttavia il certificato che mi si piazza in faccia davanti ogni volta che apro il cassetto del comò indica che in caso di morte dei genitori genetici i padrino e madrina avevano il dovere di accogliere il/la figlio/a e diventare quindi genitori adottivi. Così li chiamo io.

Ho voluto mantenere il mio cognome anche se mi era stata fatta richiesta che potevo cambiarlo, ma ripeto, non ero loro figlia, volevo mantenere vivo il ricordo della mia di famiglia. Sarò pur cresciuta con loro ma non sono sangue del loro sangue.

Tuttavia mi hanno sempre trattata come tale: da piccola mi facevano sempre regali durante le festività, mi hanno confessato che Babbo Natale non esiste e io ho pianto con loro perché non volevo che un'altra magia mi venisse tolta in quel modo, poi avevo capito e ora sorrido al ricordo di come hanno sempre espresso i miei desideri facendomi ricevere ciò che più desideravo, senza mai togliere nulla agli altri tre figli.
Crescendo i gioccatoli diventavano vestiti e con Liz durante il mio sviluppo andavamo insime e cercare i miei primi reggiseni. Era una cosa abbastanza imbarazzante, col tempo diminuì e non appena mi arrivò la mia prima mestruazione corsi da lei in camera svegliando tutti perché ero nel panico non capendo perché dovevo perdere sangue... proprio da lì!

Venne in bagno con me e mi spiegò come funzionava il corpo di una donna spiegandomi come mi sarei dovuta comportare durante quei giorni. Ricorderò sempre la luce che aveva negli occhi nel spiegarmi come ero diventata donna. Avrei giurato e potrei scommettere tutt'ora che era la donna più felice del mondo e che in quel momento mi sentiva come sua figlia, ed io mi sentii allo stesso modo.

Infine i vestiti diventarono mance sotto il cuscino ogni fine settimana circa. Quasi la metà di quelle mance le mettevo da parte per il mio futuro che non sapevo ancora in cosa consisteva, ma volevo farlo.
Con quei soldi mi pagavo le mie cose senza mai andare da loro a chiedere un aiuto. Se non ne avevo abbastanza rinunciavo a quella cosa o aspettavo di averne di più. Come quando mi comprai la mia prima chitarra: non avevo abbastanza soldi per prenderla subito e il proprietario del negozio me la mise da parte permettendomi di andarla a suonare ogni volta che volevo e poi portarla a casa fin quando non avrei avuto la parte mancante.

Quella volta è stata l'unica volta che Liz e Andrew (non per mia richiesta sia chiaro) intervennero. Era il mio sedicesimo compleanno, la mattina mi ero svegliata come sempre: assonntata e svogliata scesi in cucina e al posto della colaizone pronta, sulla mia sedia (sì perché ognuno a tavola aveva  un suo posto) c'era una scatola rettangolare lunga e grande! La aprii, era davvero pesante tanto che Luke mi diede una mano ad appoggiarla per terra. Aprii questa scatola, ricordo che ero confusa perché dentro a quella scatola comparve una custodia di una chitarra, feci scattare i ganci che la chiudevano e dentro c'era la chitarra che tanto avevo desiderato e suonato nel negozio.
Ricordo che avevo pianto, che avevo abbracciato Andrew e Liz e per la prima volta dissi loro:

'' Siete dei genitori fantastici'' nei loro occhi era comparsa una luce di gioia che fece esplodere il cuore anche a me. Per la prima volta li avevo chiamati genitori, ma nessuno volle soffermarsi su questo. Sapevano che avevo un carattere difficile e poche volte trasmettevo emozioni. Per questo non insistivano a ricordare l'unica volta in dodici anni insime che li chiamai 'genitori'.

Ed ora sono qui, pronta ad andare giù e annunciare loro che me ne sto per andare.

Purtroppo questa casa la devo abbandonare, devo andare incontro al mio destino, affrontarlo e costruirmi la mia strada.

Scendo le scale, la casa è così silenziosa senza i tre pazzi che girano per tutta la casa urlandosi contro parolacce ed insulti sempre con amore fraterno.

''Buongiorno Alisha''

''Buongiorno a voi''

Addento la mia brioche e bevo un sorso di succo alla pera. Le solite domande si susseguono: come sto, se ho dormito bene e se sono pronta per l'ultimo giorno di scuola.

Posso notare che nel loro sguardo c'è la stessa luce scura che ho io: sono passati dodici anni dalla morte dei miei e pure loro ne sono rimasti feriti e straziati. Pure loro hanno sofferto e stanno soffrendo ancora.

Scrollo le spalle. ''Più che altro vorrei parlarvi di una cosa''

Liz appoggia la tazza di caffè sul ripiano della cucina al suo fianco pronta ad ascoltarmi seguita da suo marito. ''Dicci tutto cara'' è sempre così genitle con me.

''Beh ecco io...''

''Hai bisogno di soldi?'' domanda Andrew.

''Oh no no, quelli ne ho abbastanza da parte'' sorrido imbarazzata, ''Era per il college.''

''Ah bene! Hai ricevuto risposte?''

Annuisco. ''Mi hanno accettata in tutte, vorrei solo guardare con voi oggi in quale andare'' mi farebbe comodo avere un loro consiglio dato che ne hanno già spediti tre e sanno come fare.

''Sarebbe fantastico aiutarti Alisha'' mi sorride Andrew insieme a sua moglie. ''Poi possiamo guardare per la camera.''

''Ecco di questo volevo parlarvi, non voglio andare a stare negli alloggi del college, vorrei essere in qualche modo indipendente...'' mi guardano confusi quindi proseguo a spiegare, ''Vorrei trovarmi un appartamento piccolo...'' confesso.

Le labbra di Liz si stringono in una 'O' alla ricerca di qualcosa da dire. Passano diversi minuti prima che Andrew si impossessi del silenzio, che stava diventato troppo imbarazzante per me.

''Perché non dividi l'appartamento con Luke? Così le spese sono minori e sei già in presenza di una persona che conosci bene.''

Mi si illuminano gli occhi, non ci avevo pensato. Però con Luke? Ero scettica, non che non mi facesse piacere, insomma: sono cresciuta con lui, l'ho visto diventare uomo lui mi ha vista diventare donna, ci siamo visti in modi migliori e peggiori. Ma è pur sempre Luke. Non era più l'angioletto che era da piccolo, il suo carattere era un poco... peperino?

''Posso pensarci su?'' domando.

''Certo che sì. Ora andiamo, ti accompagno a scuola. Pronta a dirgli addio?'' mi sorride Andrew cingengomi le spalle con un suo braccio.

''Prontissima'' sorrido a mio volta. Ed è un sorriso vero. Saluto Liz con un bacio sulla guancia e le auguro una buona giornata che ci saremmo viste a pranzo.

Salgo in macchina e sul sedile del passeggero sono pronta a chiudermi alle spalle un altro capitolo della mia vita.

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Linea sottile ~ Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora