41 ; cry

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Mi stringo nelle spalle e sospiro. Lo sguardo gelido e penetrante di mia madre è fisso su di me, e faccio di tutto pur di evitarlo. Il ginecologo ci raggiunge dopo interminabili minuti di silenzio.

Si accomoda sulla sua poltrona dietro la scrivania, e io mi rilasso nella mia. Lo guardo. “Ti prego, dimmi qualcosa.”

«Allora, chi di voi due è la paziente?»

Alzo un dito e gli sorrido, imbarazzata. Lui ricambia, e poi congiunge le mani. «Bene, cos'è che ti porta qui?», continua.

Speravo in una ginecologa. Insomma, chiederlo sarebbe stato molto più facile. Ma considerando che quest'uomo avrà a che fare con me e la mia vagina per tutta la vita, mi faccio coraggio.

«Vorrei prendere la pillola contraccettiva.»

Il ginecologo annuisce, e controlla qualcosa sul suo computer. «Nome?», mi domanda poi.

«Mariotti Julia», risponde mia madre al posto mio. Avrei voluto non portarla, ma purtroppo un genitore era richiesto, e non potevo assolutamente chiedere a mio padre.
Scrive qualcosa, e l'ansia mi sale sempre di più. Odio andare dai medici per questo: prendono appunti durante tutta la visita, anche se non c'è niente da appuntare.

«Qui c'è scritto che hai quindici anni. Potrei prescriverti la pillola, anche se lo sconsiglio, ma devo prima assicurarmi che tu sia effettivamente cresciuta», spiega. «Se posso sapere, cosa ti ha spinta a scegliere questa opzione?»

«Ho avuto un ritardo questo mese, e per un attimo ho davvero pensato di essere incinta. Le mestruazioni mi sono venute ieri, ma non voglio più spaventarmi così.»

Il ginecologo guarda prima mia madre e poi me, ed esita nella sua risposta. «Hai una vita sessuale attiva?», chiede.

“Mio dio, devo davvero parlare di queste cose con un perfetto sconosciuto?” «Spero di no», si intromette mia madre. «Ma sicuramente è così. Dottor Valente, la guardi: è davvero piccola!»

La ignoro, come faccio sempre da quindici anni. «Mia madre ed io non la vediamo allo stesso modo sul mio attuale fidanzato, e sulla mia vita in generale», chiarisco, e lui annuisce.

Successivamente, aggrotta le sopracciglia ingrigite e dice: «Quante volte l'hai fatto, dalla tua prima?»

Arrossisco. “Parlare di queste cose con un adulto dovrebbe essere illegale.” «Una...una decina di volte.»

«Vuoi che tua madre assista alla visita?»

Faccio per rispondere, ma mia madre lo fa al posto mio, come sempre. “È così invadente! Non ne posso più.” «Certo che assisterò, che domande!»

«Aspettami fuori, okay?», le dico. Voglio evitare una scenata, ma non può di certo rimanere qui con me.

Mia madre sbuffa, e rimane sulle sue per qualche secondo. Poi cede. «Va bene. Ti aspetto in macchina.» Sono stupita io stessa dalla sua reazione.

Appena esce dallo studio, sia io che il ginecologo tiriamo un sospiro di sollievo. Mi viene da ridere, ma lo lascio spiegare indisturbato.

«Dovrò farti un'ecografia pelvica. Sdraiati sul lettino.»

Estrae dei guanti in lattice dal cassetto della sua scrivania, mentre nella mia testa risuonano le parole ‘ecografia pelvica’. Ma obbedisco, tesa e imbarazzata.

«Calati i pantaloni e allarga le gambe.»

“Oddio.” Voglio sparire. Faccio anche questo.

Prende una sonda, la cosparge di un liquido gelatinoso ed io mi sento dubbiosa. «Cos'è?», domando.

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