25. Camila Has Chosen

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Sgranai gli occhi più volte e mi portai una mano al petto, sul cuore. Mi immaginai di cadere a terra e di non svegliarmi più: volevo chiudere gli occhi e non pensarci.

Avevamo sbagliato ad essere tutte troppo tranquille e, in quel momento, mi parve sbagliato anche essere lì a quella festa.  Non avrei immaginato che sarebbe stato così... umiliante. E magari non sarebbe importato a molti: ma noi avevamo delle famiglie, degli amici e chissà che cosa avrebbero detto.

Camila camminò barcollando, come se fosse ubriaca, con lo sguardo vuoto e con gli occhi che sembravano guardarsi dentro. Rimasi immobile, io, e quando le altre la seguirono preoccupate e lei cominciò a correre, mi guardai il bicchiere tra le mani per tornare alla realtà. Lo lasciai cadere vicino a me e corsi incontro alle altre. Inciampai una volta, rialzandomi velocemente, e continuai a camminare a passo svelto. La camicia a quadri mi soffocò tutto d'un botto ed io la sfilai velocemente tenendola tra le mani.

Le altre erano arrivate a riva e Camila si agitava in un modo che non avevo mai visto:

"NO!" Disse urlando: "Non posso crederci!"

Le sue parole troncate mi fecero capire che stava singhiozzando, davvero molto, e quando la vidi inginocchiarsi a terra per piangere ancora di più, mi venne un buco nello stomaco. E mi sentii in colpa per tutto, nonostante la colpa non fosse mia.

Dinah ed Ally si inginocchiarono accanto a lei: una da un lato ed una dall'altro. Nomani, invece, rimase in piedi con lo sguardo più preoccupato che le avevo mai visto. Mi guardò aspettandosi un cenno di vita, un pianto, una parola; ma niente: mi limitai a far tremare il labbro inferiore, scuotendo la testa più volte per il dolore.

"Che cazzo!" Strillò di nuovo la cubana: "Lo sapevo, lo sapevo! Non avremmo dovuto farlo, è stata un enorme cazzata ed uno sbaglio irrecuperabile. Non dovevo neanche provarci, Dio mio, che stupida che sono stata."

Feci un passo indietro, come se i pensieri di Camila mi avessero trafitto il petto come una lancia, e non riuscii più a distinguere le cause del dolore. Le ragazze, rimaste sconvolte da quella frase tanto quanto me, sussultarono  e mi guardarono. Non m'importava più di quella foto, ma di quello che aveva pensato per tutto quel tempo che, anche se era stato poco, mi aveva resa la ragazza più felice della terra.

"Una cazzata." Ripetei guardando il vuoto: "Uno sbaglio irrecuperabile."

Camila mi guardò di scatto, come le altre, e si asciugò il naso con la manica della felpa nera. Solo lì, abbassai lo sguardo sui suoi occhi rossi e mi sembrò di non riconoscerla più. Tutte le parole, le frasi, i baci, le carezze: mi sembrarono tutte 'un'enorme cazzata'.

Mi rividi nella testa tutte le cose che avevamo fatto insieme perché quella sera, sul tetto di casa sua, mi ero sentita davvero di appartenere a qualcuno, per la prima volta.

Lei, nonostante avesse capito che io fossi ferita, non disse nulla e dopo averla guardata per qualche altro secondo,  abbassai la testa sulle vans nere.

"Me ne vado." Dissi d'impulso: "Vado in albergo. Fatevi accompagnare da qualcuno."

Dicendo quelle parole, mi sentii egoista: ma subito evitai di pensarci: di certo non ero stata io ad essere troppo diretta. Dinah mi chiamò più volte, ma io non mi girai. Pero', quando Normani mi raggiunse afferrandomi la mano, mi voltai e scossi la testa chiedendole di lasciarmi andare:

"Spero che non farai altre cazzate o sbagli irrecuperabili, Camila."

La ragazza nera lasciò la presa ed io arrancai con i passi pesanti sulla sabbia bianca. Una volta essere arrivata alla civiltà, afferrai la borsa dal divano in pelle e salutai tutti, afferrando prima una bottiglia di vino o non lo so.

The fault of the moon || CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora