74. Last chance

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"Camz... Aspetta dai, non ce la faccio più."

"Avanti.." Mi esortò lei: "Manca solo qualche metro."

Camila, con il suo zaino in spalla, camminò ancora e ancora, senza mai fermarsi. Si girò un attimo, giusto per sorridermi, cercando di convincermi a proseguire. Continuò per la sua strada, lasciando me, che stavo grondando di sudore, nel nulla.

"Ma qua non c'è niente!" Urlai: "Io non ho intenzione di perdermi per le fratte."

"Smettila, Lo. Non lamentarti: ancora un kilometro e siamo arrivate."

Alzai gli occhi al cielo, ammirando quello che, intorno a me, era diventato un enorme paesaggio di montagna. Essere lì, in quel luogo, non mi entusiasmava affatto, lo ammetto: non avevo mai amato fare quel genere di cose: le escursioni con la mia famiglia, prima di diventare famosa, per me erano sempre state un Tabù. Ma poi, osservando la ragazza poco più avanti di me, capii che al suo fianco sarei potuta andare ovunque.

Perché era questa la cosa che amavo di noi due: in qualsiasi luogo noi stessimo, insieme, sapevamo che la noia non sarebbe mai esistita. Anche i luoghi più tristi, noiosi o inquietanti, al suo fianco, diventavano grandi scenari per la nostra storia d'amore. Insomma, non m'importava dove fossimo, perché a me bastava stare con lei.

"Sto per lasciarti qui!"

Mi voltai a guardarla, uscendo dallo stato pensieroso in cui ero caduta poco prima, e, vedendo che mi aveva ormai superata di molto, feci una piccola corsa per raggiungerla:

"Non è giusto: tu mi stai mentendo: sono due ore che manca un kilometro, ma io questa casa continuo a non vederla."

"Ci credo." Sorrise: "Ci siamo fermate dodici volte."

"Avevo sete... e fame. E mi faceva male il ginocchio..."

"E hai fatto duemila foto." Sottolineò: "Credo che tu abbia esaurito la memoria del telefono."

"Infatti ho portato anche la macchinetta."

Sbuffai, piegandomi ad allacciare le converse nere, a mi grattai la testa stanca:

"Non potevamo usare la macchina?"

"No." Rise: "Assolutamente."

"Una bici?"

"No."

"Un quod?"

Scosse la testa.

Camminai più avanti, cercando di raggiungerla, ma caddi a terra a causa del terreno scivoloso. Sentii il mio intero corpo avere un forte impatto con il suolo, e poi un dolore lancinante:

"Cazzo!" Mi toccai dolorante: "Credo di essermi spaccata il culo."

Camila si voltò e rise come una bambina. La sua voce echeggiò tra le montagne isolate, ed io la guardai infastidita. La ragazza si piegò su se stessa, non preoccupandosi minimamente di nascondere il suo divertimento, e poi mi sorrise porgendomi la mano per rimettermi in piedi. Sbuffai, rumorosamente, e non afferrai la mano portami. Così Camila, che si era fatta più seria, si tolse gli occhiali e osservò la parte di sentiero già percorsa:

"Non pensavo fossi così pigra, Lauren."

"Beh." Mi tirai su, asciugandomi la fronte: "Lo sono."

"Va bene." Disse Camila annuendo: "Possiamo tornare indietro. Posso ridare le chiavi ad Austin, così ce ne torniamo a casa: ognuna nella sua. Niente bagni caldi, film davanti al camino, cenette romantiche, passeggiate mano nella mano. Riporrò i caldi piumoni e dirò a Mahone che non abbiamo usato la sauna della sala Hobby."

The fault of the moon || CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora