42. Soulmate

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Ero rimasta ferma e guardai Camila mettersi dritta con la schiena. Il labbro inferiore le tremava leggermente ed i suoi occhi si muovevano nei miei come fossero parte di un flipper. Le sue parole, così semplici e profonde allo stesso tempo, mi avevano aperto gli occhi, ancora.

Ed io avevo sbagliato di nuovo: non era una stronza e avrei dovuto pensarci prima. Il fatto che si fosse così tanto arrabbiata, mi fece rendere conto che le importava davvero di me, di noi.

"Lascia stare."

Battei a stento gli occhi e lei se ne andò, risalendo per la collina. Guardai i suoi capelli muoversi sulle spalle e poi mi girai per riprendere la chitarra che era rimasta a terra. Non avevo il coraggio di dire niente: avrei dovuto chiedere scusa, ma non ne avevo nemmeno il coraggio.

Non feci in tempo a posare lo strumento, che mi accorsi della cubana piegata a terra: stava cercando di allentare i bulloni della ruota ed io, che volevo aiutarla, non sapevo se era il caso.

Dinah, che aveva assistito da lontano alla scena, mi fece cenno di andare ad aiutarla. Mi sfilai la giacca e la misi al posto del guidatore, raggiungendo poi Camila. Mi misi sulle ginocchia:

"Posso?"

Continuai a guardare la mia mano, aperta per ricevere il crick, per evitare di guardare i suoi. Sapevo cosa significasse perdere la fiducia di una persona ed io, involontariamente, avevo dubitato di Camila. Non sarebbe stata la stessa amicizia di prima, ma io non volevo comunque rinunciarci.

Il tono della mia voce, basso per la vergogna, portò l'attenzione della cubana su di me. I suoi occhi mi bruciavano addosso ed il suo respiro affannato mi fece tremare dal dispiacere. Non disse nulla, ma si accorse del mio tono sottomesso e mi passò l'aggeggio, continuando a guardarmi stranita.

Infilai il crick e mi alzai in piedi per dare qualche calcio verso il basso ed allentare la presa. Ripetei il movimento per 4 volte, fino a quando potei sfilare la ruota. Pur essendo di gomma, il suo peso superava di gran lunga le mie aspettative e, vedendomi arrancare, Camila si protese afferrandone i lati. La sua mano destra, fredda come sempre, stava sopra la mia per aiutarmi: rimasi immobile, vogliosa di non staccarmi da lei.

Mi schiarii la voce, facendole intendere che ero in difficoltà, e lei sorrise senza darlo a vedere e cominciò a tirare verso di noi, per sfilarla completamente. Ci cadde addosso spingendoci verso la terra: era sopra di me e lo sarebbe stata per... due secondi. Si alzò subito e andò a prendere la ruota di scorta posizionata nel cofano della Range Rover.

Ripetemmo lo stesso movimento, per infilarla, e poi ci impegnammo entrambe affinchè fosse ben stretta ed abbastanza gonfia.

"Ci faremo tutto il viaggio?"

"No." Risposi a Normani: "Appena troviamo un benzinaio, ci facciamo aggiustare l'altra."

Mi guardai le mani, sporche di nero, e volsi lo sguardo sui miei vestiti per capire con cosa pulirmi. Le ragazze, che per tutta l'operazione erano state a guardare, si rimisero ai loro posti: dovevo togliermi quella schifezza dalle mani.

"Tieni."

Guardai alla mia destra, dove Camila si stava strofinando le mani con un panno rosso, e socchiusi gli occhi per il sole. Avevo capito che mi stava dando qualcosa con cui pulirmi, ma non avevo capito che lo avrebbe fatto lei al posto mio.

Le porsi le mani e lasciai che fosse lei a pulire. I nostri occhi, nel corso del piccolo lavaggio, si incontrarono solamente due volte: la prima, appena mi aveva guardata, avevo notato le sue iridi diventare grandi, come gli squali alla vista della loro preda.

The fault of the moon || CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora