Terza parte

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- Che cosa? - esclamò allibita Emily a un certo punto, sbattendo come un'oca le palpebre ancora pesanti.
- Oh, Amy, ci credi che andremo a vivere in Inghilterra? Mi sembra un sogno - gridò di felicità la sorella, battendo le mani inebriata.
La ragazzina, al contrario, non coltivava le stesse emozioni di Sky. Anzi, non sapeva se essere più contenta che preoccupata per quello che sarebbe potuto accadere se la lettera che stava aspettando di ricevere da giorni arrivasse in quel momento. A quel punto, preferiva, anzi, sperava di non riceverla più.
Un'ora più tardi, quando l'agitazione e la frenesia in casa si erano un po' calmate, Josh fece chiamare ambedue le figlie in salotto per una riunione di famiglia.

- Io e vostra madre abbiamo appena terminato di parlare al telefono con l'agente immobiliare, e dobbiamo darvi una notizia - parlò, una volta sistematosi sul divano dalla stoffa diafana e antica strappata in più punti.
- Bella o brutta? - chiese irrequieta Sky, dondolandosi sulla sedia su cui era seduta.

Il padre sorvolò la domanda di proposito, proseguendo il discorso come se nessuno avesse spiccicato parola. - Ci trasferiremo nella nuova città fra due giorni - annunciò senza un tono di voce particolare, aspettandosi reazioni di protesta da parte delle figlie. E infatti...

- Ecco! Figuriamoci se la notizia era bella - commentò sarcastica Emily, incrociando le braccia sempre più demoralizzata.
- Ma come? ... E i nostri amici? Quando li salutiamo? È troppo presto - mormorò Sky mestamente, con un'espressione melanconica sul volto.
- Non preoccupatevi, avremo il tempo di fare tutto - provò a dire vanamente Samantha. - Dobbiamo solo impiegare bene il nostro tempo a disposizione.

Emily fu sul procinto di dire una cosa che da un po' di tempo la tormentava, e trovò che quello era il momento più adatto per parlare. - Mamma, papà, tralasciando per un momento questo argomento, io devo... ecco, devo dirvi una cosa - replicò di punto in bianco.
- Dicci pure, tesoro - disse Samantha, un po' stupita che la figlia avesse cambiato tono di voce così improvvisamente.
- Vedete, circa una settimana fa ho inviato una proposta di lavoro nel bar di Jerry, lo zio della mia amica Clara - buttò giù tutto d'un fiato. Poi attese, con gli occhi rivolti verso il pavimento di legno, la strigliata.
- Emily Perkins, che storia è questa? Hai solo tredici anni! - sbottò Josh, sbattendo con i pugni sulle cosce.
- Volevo provare a lavorare, e mi è sembrato un ottimo modo per integrarmi nel mondo del lavoro... Insomma, per il futuro, intendo; perché io ci penso già a queste cose che voi considerate di poco conto solo perché mi credete ancora una bambina. Desideravo provare, solo per un breve periodo, diciamo come un piccolo stage - spiegò la ragazzina, parecchio intimidita dagli sguardi furenti dei genitori.
- Ma perché non ce ne hai parlato, prima? - disse Samantha con un tono di rimprovero.
- Ve lo avrei detto, prima o poi! Solo che prima volevo essere sicura di venire assunta - replicò con una voce poderosa, mettendosi sulle difensive.

Sky, nel frattempo, ne aveva approfittato per uscire sul pianerottolo di casa. Era molto elettrizzata per l'imminente trasferimento, ma d'un tratto si era ricordata che non ne aveva ancora fatto parola col suo amico del cuore, Johnatan Landsome, che abitava proprio di fronte a casa sua. Così, approfittando del fatto che i genitori erano impegnati ad ammonire la sorella, attraversò la strada di corsa e bussò alla sua porta.
Al terzo schiocco, qualcuno venne ad aprire.
- Sky! - disse l'amico, sorpreso di vederla a quell'ora e, soprattutto, in pigiama e senza giacca.
- Sei occupato? - gli chiese lei, osservandolo dalla testa ai piedi: aveva indosso un paio di jeans scuri e una giacca impermeabile sopra, da cui spuntava una raffinata sciarpa di pizzo nero.
- Veramente, stavo andando al parco. Se ti va, puoi venire.
Lei annuì. Corse a casa, si vestì in fretta e questa volta avvisò i genitori: - Vado al parco - disse attraversando l'ingresso rapidamente.
- Voglio trovarti a casa prima di pranzo - la avvertì la madre dal salotto.
Poi uscì.
Una volta giunti all'ingresso del piccolo parco, Sky iniziò a parlare all'amico dell'imminente trasferimento.
- Sai, tra due giorni me ne vado via - reclamò imbarazzata.
- Ah sì? E dove? Con questo autunno piovigginoso non penso si possa andare da qualche parte. E poi, non è proprio da te partire in mezzo alla settimana scolastica - disse Johnatan, perplesso. Aveva chiaramente frainteso le parole dell'amica, che si sentì ancora più in imbarazzo di prima. - N-no. Ecco, io volevo dire che mi trasferisco, me ne vado via, trasloco, cambio città - ripeté eloquentemente.
Johnny si piegò leggermente in avanti, come se qualcuno lo avesse appena colpito alla schiena a tradimento, per osservare attentamente l'espressione dell'amica; la fissò ad occhi increduli. - Dove? - chiese allarmato, lasciando la bocca talmente spalancata che Sky pensò che da un momento all'altro ci sarebbe entrato dentro qualche insetto."Siamo in autunno, deficiente", ricordò subito dopo.
- ... A Londra, nella casa di mio zio Harry - reclamò subito dopo, iniziando a mordicchiarsi il labbro inferiore; faceva sempre così quando era nervosa.
- M-ma... è lontana mille miglia da qui. È oltre oceano! - ansimò lui, travolto da una folata di tristezza.
- Lo so, ma vedi, - e iniziò a spiegargli il motivo di quel repentino trasloco.
Trascorsero l'intera mattinata a giocare insieme e si divertirono moltissimo, lasciandosi alle spalle, almeno per quelle ore, quella triste realtà.
Un paio d'ore dopo si separarono, con la promessa di rivedersi e giocare almeno un'altra volta insieme prima del trasferimento.
Quando fece ritorno a casa, Sky entrò subito nella camera che divideva con Emily; la trovò oziante sul letto, che sbatteva in continuazione i piedi contro la parete.
- Ti rendi conto che mi hanno messa in punizione perché ho voluto provare a lavorare? - urlò Emily, senza nemmeno prendersi la briga di accertarsi che ad essere entrata in camera fosse la sorella, e non i genitori. Sky rise debolmente.
- Io ho appena informato Johnny del trasferimento... Sapessi come ci è rimasto male - disse poi, andandosi a sedere sul bordo di ferro del suo letto. La sorella si mise a sedere sul morbido materasso, schiena contro il muro, e domandò curiosa alla bambina: - Tu che ne pensi di questo trasloco?
Sky rimase in silenzio per pochi istanti a riflettere su quella domanda, poi diede la sua risposta, con poca convinzione: - Sicuramente sarà bellissimo abitare in una nuova casa, specie se si trova in Inghilterra; sai che ho un debole per l'Europa. Ma so già che mi dispiacerà tantissimo lasciare tutti, qui a Philadelphia.
- Sono d'accordo. E poi, io mi trovavo bene qui. Insomma, il fatto che tra due giorni saremo una delle famiglie più ricche d'Inghilterra dovrebbe renderci molto più contente, o no?
- Lo penso anch'io - fu tutto ciò che disse Sky.

Passò qualche minuto di totale silenzio, in cui la bambina osservò con finto interesse la pioggia che iniziava a cadere fuori dalla finestra, mentre la ragazzina si rotolava sul letto annoiata.
- Dicono che gli inglesi hanno un accento completamente diverso dal nostro - replicò Sky a un certo punto. La sorella annuì, smettendo per un istante di agitarsi irrequieta. Sorrise a un ricordo che le era tornato alla mente, e pensò di raccontarlo a Sky: - Sai, una volta incontrai un bambino inglese. Fu qualche anno fa; lui era nuovo da quelle parti, non ricordo bene come faccio a saperlo. Quel giorno papà era venuto a prendermi a scuola, e per la strada lo incontrammo: era seduto sul marciapiede, intento a cercare qualcosa sull'asfalto. Sembrava in difficoltà, perciò io e papà gli domandammo se aveva bisogno di una mano. - Emily si interruppe e prese a ridere divertita. Sky si incuriosì: - Cosa? Cosa successe poi?
- Il bambino ci guardò disorientato e ci disse che, mentre stava tirando fuori il portamonete dalla tasca, per errore gli era caduto e si era aperto, e due penny gli erano sfuggiti da sotto il naso. Ma non è questa la cosa buffa. Oh, Sky, dovevi sentirlo! Aveva un accento davvero altezzoso - la ragazzina provò a ricordarsi le parole esatte del bambino e lo ricopiò alla sorella, che cominciò a ridere a crepapelle.


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