Ventinovesima parte

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Ventiseiesimo capitolo

- Devo mostrarti alcune cose - la voce calda e melliflua di Sorani risuonò piano nella testa di Emily, che, distratta, guardava con insistenza la poltrona sul soppalco.
- Emily! - la voce risuonava sempre più lontana. - Che ti succede? Mi ascolti?
Gli occhi fissi sugli ornamenti logori del trono si erano velati lievemente.
- Emily... È per questo che devo parlarti - mormorò la donna più comprensiva, avvicinandosi a poco a poco. A qualche centimetro di distanza dalla ragazzina, Sorani parlò ancora, guardandola dritta negli occhi increduli e sconvolti: - Non spaventarti. È solo arrivata l'ora di conoscere alcune verità di cui ancora non ti avevo fatto parola. Ora farò quindi in modo che la tua mente viaggi in un passato recente. Sediamoci su quegli scalini.
La strega si diresse verso la corta scalinata del soppalco e si sedette, aspettandosi che Emily facesse lo stesso; ma la ragazzina, piuttosto esitante, rimase impalata al suo posto, ad osservare con profonda riluttanza le assi ammaccate del soppalco.
- Emily - fece la donna, - vieni, coraggio. Non c'è rimasto molto tempo. Pensa a Sky...
La ragazzina scosse il capo, chiuse gli occhi e iniziò a sospirare per un tempo indefinito. Finalmente iniziò a fare qualche passo verso Sorani.
Quando le fu davanti, la osservò da capo a piedi con un po' di amarezza, poi sibilò con fermezza: - Lo faccio soltanto per Sky.
La donna annuì: - Certo. Adagiati qui, accanto a me.
Emily eseguì l'ordine e, quando si fu seduta, domandò con un tono accentuato: - Cosa devo fare?
- Porgimi le mani - la strega allungò le braccia a mezz'aria e stese le proprie mani, invitando la ragazzina a fare lo stesso. Lei mise le mani sopra le sue e chiese: - Mi farà male?
- No. Un leggero pizzicore alla testa e basta.
"Buffo. Il pizzicore alla testa ce l'ho ancor prima che cominci", pensò Emily con un sarcasmo nero, alludendo al mal di capo che proprio non voleva lasciarla in pace.
Sorani ordinò alla ragazzina di chiudere gli occhi e di cercare di entrare in uno stato di equilibrio mentale con se stessa.
- E come diavolo faccio? In testa ho solo pensieri negativi - ribatté l'altra storcendo il naso.
- Concentrati. Prendi un lungo respiro e rifletti attentamente. Vedrai che riuscirai nell'intento. Capisco che dapprincipio può sembrare un'impresa faticosa e anche impossibile, ma vedrai che ci riuscirai. D'altronde, devi solo sgomberare la testa dai brutti pensieri, il resto lo farò io - la incitò la donna.
Emily chiuse gli occhi e cercò di scacciare via tutto ciò che la stava rendendo infelice, le cattive preoccupazioni che si erano formate dentro la sua testa.
Trascorsero due minuti; Sorani attendeva paziente. Emily aprì gli occhi d'un tratto e dichiarò seccata: - Non ha funzionato! I cattivi pensieri ci sono ancora, e anzi, stanno progredendo!
- Sei solo troppo agitata. Devi calmare la tua ansia. Fai questo piccolo sforzo per tua sorella - ribadì la donna con voce soave.
- Puoi smetterla di citare mia sorella? - s'innervosì la ragazzina. - Dicendo così mi fai solo sentire più forte e chiaro il peso che mi è ricaduto addosso. È come se dipendesse tutto da me, e questo pensiero mi mette ancora più in soggezione. Perciò zitta, per favore.
E dicendo ciò, richiuse gli occhi, respirò a pieni polmoni e rimase ferma immobile per altri due minuti; nella sua mente viaggiavano cose terribili: le domestiche che facevano del male a Sky, lei che gridava e si dimenava e cercava di sottrarsi a loro, i genitori in preda al panico per la loro scomparsa... Senza nemmeno rendersene conto, si perse d'improvviso in un sonno sfasante. Sognò.

***

Si trovava su una larga estesa di erba umidiccia, simile al luogo in cui si trovava nella realtà, delimitato ai margini da orribili rovi pungenti, cespugli e alberi. Il cielo era piatto, senza alcun'illuminazione stellare, grigio e deprimente. Emily se ne stava al centro, seduta a gambe incrociate sulla soffice erba bagnata da sottili gocce di rugiada.
Ad un tratto sentì un pianto. Qualcuno dalla voce familiare stava piagnucolando a pochi passi dietro di lei. Si girò. Era Sky, che in piedi si asciugava le copiose lacrime con le maniche del suo maglione di cotone preferito.
"Tu non vuoi aiutarmi, Amy?", singhiozzò la sorellina, mostrando gli occhioni gonfi.
"Oh, Sky, non dire così... Certo, certo che voglio aiutarti. Ma non so cosa fare. Mi sento un'emerita incapace, totalmente disorientata e scombussolata, perciò perdonami se non riesco a fare nulla", rispose Emily avvilita.
"Mi stanno sfruttando! E io non voglio che mi usino per i loro pericolosi esperimenti... Ma non posso oppormi, non posso dire di no, non posso scappare. Loro mi controllano, controllano i miei passi, le mie parole... Abbiamo fatto un grosso errore a venire qui in Inghilterra. Devi intervenire, sei l'unica che può fare qualcosa", mormorò Sky, con voce tremolante. ‟Però non lo sai ancora".
"Che cosa intendi dire? Sky, dimmelo tu che cosa devo fare", supplicò la ragazzina alzandosi in piedi.
Sky allargò la bocca in un fiacco sorriso, felice che la sorella le avesse fatto quella domanda: "Cannaby", sillabò alzando la voce.
"Cannaby? Ma che... ?", Emily non fece in tempo a continuare la domanda che Sky sparì nel nulla.

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