44. Jase: Tre parole

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Ricordavo ancora Boston e i suoi corridoi claustrofobici. Anche Nox li conosceva e ha preferito andare direttamente a Miami con i gemelli per evitare la Base di tutti gli Impium di terra. Se non avessi saputo che soffriva di claustrofobia, mi sarei chiesto il perché della sua decisione. Inoltre lì, Opal avrebbe iniziato la sua terapia.
Avevano incontrato un loro vecchio conoscente. Era un medico incontrato all'epoca in cui vivevano alla B.L.C. John, mi pare lo chiamassero. Quando avevano deciso entrambi di andare con Nox, mi ero sentito in qualche modo abbandonato. Quei due sapevano come mettere allegria e la loro assenza, non avrebbe giovato all'atmosfera già cupa e malinconica. Dopo la rivelazione di Eli nessuno era dell'umore giusto per fare alcunché. Si comportavano tutti come se fossimo già destinati al macello. D'altronde, anche i miei pensieri erano più negativi della media e mi impedivano di sistemare le cose con Sophie.
Lei si era rinchiusa ancora di più in se stessa, dopo allora. Sapevo che era tormentata dalle paure e dai timori. Ma lo eravamo tutti. E il suo stato d'animo influenzava molto su chi le stava intorno. Me compreso.

«Eli sta passando molto tempo con Courtney» mi disse quella sera, stesa accanto a me sul letto. Finalmente. «Come lo sai?» le chiesi. Non sapevo perché se ne fosse uscita con quella frase, così all'improvviso. «Lo vedo. La va a trovare spesso.» affermò «Sai...» mormorò «Mi spiace per lei, ma so che mi ucciderebbe per la mia pietà» aggiunse. «Sbaglio o ha ancora voglia di ucciderti, a prescindere?» scherzai. «Grazie per avermi ricordato quanto piaccio alla gente» sbuffò lei. «Non me ne frega della gente. A me piaci tanto» affermai con tono saccente. «Smielato» borbottò lei sorridendo.
«Raccontami qualcosa di divertente» riprese lei, chiudendo gli occhi. «Qualcosa di divertente? Umh...» ci pensai su. «Una volta ho fatto arrabbiare così tanto Nox che mi ha tirato un pugno che ricordo ancora. Al solo pensarci mi fa male» scherzai. «Fai arrabbiare anche un santo come lui? Sei veramente pessimo» mi prese in giro. «Che hai fatto?» chiese «Mi trovavo a casa sua. Lui aveva appena preso a chiamarmi "Jase". Mi dava fastidio perché anche Joy mi chiama così, quindi ho pensato bene di inventare un nomignolo con il suo vero nome» raccontai. «Ma lui odia esser chiamato Lucas» affermò «Esatto, per questo credevo fosse divertente» ammisi ridacchiando «Iniziai a chiamarlo, Lasy» dissi «Si capiva lontano un miglio che lo stavo innervosendo, però continuai»
«Lasy? Perché?»
«Perché lui mi chiama Jase, essendo le mie iniziali "J", "A", "S". Le sue sono "L", "A", "S" e poi Lasy assomiglia a "Lazy", pigro. E lui dorme spesso il giorno, ovunque, mi sembrava divertente» spiegai. In quel momento mi resi conto di essere stato veramente infantile. «Che gran bastardo che sei» commentò Sophie. «Lo prendo come un complimento da parte tua. Mi hai appena paragonato a Jon Snow» risi. Mi colpì il petto. «Comunque verso sera, scattò in piedi all'improvviso. Si avvicinò a me e mi tirò quel pugno, poi mi sbatté contro il muro e mi disse "La prossima volta che lo ripeti, ti spacco quel naso di cui vai tanto fiero" con sguardo minaccioso. Quando si arrabbia fa veramente paura» le raccontai scuotendo la testa. Lei rise. Finalmente. «Meno male che hai smesso, altrimenti non avrei più visto questo bel nasino» affermò strizzandolo. «Già, sarebbe una grossa perdita.» affermai. Lei sbadigliò. «Domani partiamo per Miami. Pensi che potremmo andare al mare?» mi chiese con un tono assonnato «Certo che sì» replicai. «Anche se Susan è lì? Pronta ad attaccare?» mormorò «Soprattutto per questo».

«Non ti serve quella» mi disse Sophie «Non mi separo dalla mia giacca, rassegnati» affermai «James... Fa caldo, non la metterai mai» mi disse esasperata «Che importa? Non si sa mai»
«Qualsiasi cosa accada, non ti servirà quella maledetta giacca.» affermò. «Tu e Jo avete questa insana passione» sbuffò. «Già, quindi abituatici» affermai chiudendo il borsone. «Perché sei così cocciuto?» esclamò seguendomi per i corridoi «Perché sei così asfissiante?» replicai infastidito. «Io sarei asfissiante? Non ti disturbo mai! Non commento mai le tue abitudini! Non mi impiccio nelle tue scelte! E ora sono asfissiante solamente perché ti ho consigliato di non portare quella giacca?» esclamò lei furiosa. Mi voltai verso di lei stupito. Non poteva essere veramente incavolata per questa cosa. «Stai bene, Fi?» le chiesi con un tono di voce probabilmente troppo duro. «Sono io che non sto bene, vero? Non tu! No! Il perfetto James Sharp non ha mai crucci!» sbottò per poi voltarsi e andarsene via.

Elements: Perdita (in revisione) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora