Capitolo 24

377 20 32
                                    

Da quando la telefonata è finita, non mi sono spostata di un centimetro. Sono rimasta per terra, bagnando le mie guance e controllando il telefono di tanto in tanto. E se ha cambiato idea? E se mi stava solo prendendo in giro, facendomi credere che ci tiene a me quando in realtà non è così? Non avrebbe torto, mi sono comportata da stronza nei suoi confronti, forse più di quanto lui lo sia stato con me. Okay, diciamo che la cosa è equa.

«Grace?», sento piano fuori dalla mia porta. Mi asciugo le lacrime e allungo un braccio per girare la chiave.

«Prima stanza a destra», dico ad Harry con voce nasale.

Ora che è qui mi sento incredibilmente nervosa. Non perché non lo voglia, cavolo, è l'unico che voglio in questo momento qui con me, ma non so se sia venuto per compassione o per vendicarsi. Spero per nessuna delle due.

La porta si apre leggermente prima che lui bussi. «Ops, scusa. Posso entrare?».

Sorrido un po', trovando il suo imbarazzo adorabile. «Avanti», lo incito.

Dapprima sbucano i suoi ricci e quando la faccia si infila dentro, scruta con gli occhi la stanza buia prima di entrare definitivamente e la calma rimpiazza il nervosismo. Lo osservo per qualche secondo: indossa una felpa grigia della Nike, la tasca frontale è rigonfia e sembra bagnato. I capelli sono umidi e l'intero abbigliamento è cosparso di puntini scuri. Sta piovendo? Non me ne sono accorta.

«Grace?», mi chiama con voce bassa e roca.

Quando non mi trova, parlo: «Qui giù», bisbiglio.

Finalmente mi vede e sul suo viso appare prima sollievo e poi preoccupazione. Si inginocchia e prende il mio viso fra le mani, avvicinandosi pericolosamente. «Che è successo?». Mi viene una sensazione strana allo stomaco, ma la ignoro.

Alzo gli occhi su di lui e dopo qualche istante rimuove le mani dalla mia mascella. Faccio spallucce e il labbro ricomincia a tremare. «Tutto», rispondo.

«Vuoi parlarne?», chiede e io annuisco, ma non riesco a parlare. Chiudo gli occhi e alzo un dito, chiedendogli silenziosamente di aspettare. Giro il volto, così non può vedere quanto sono patetica. Lo sento spostarsi e quando apro gli occhi Harry è seduto accanto a me, la sua schiena è contro il muro e le sue braccia si avvolgono attorno a me in modo protettivo. Mi avvicina a sé; provo ad obbiettare, ma la sua stretta è troppo forte e dopo qualche secondo cedo, appoggiandomi al suo petto e riprendendo a singhiozzare. Un po' mi vergogno, anche perché non mi piace piangere davanti alla gente, odio far vedere il mio lato debole, ma questo momento sembra tutto meno che sbagliato. Mi aggrappo alla sua felpa e sento le sue labbra premere sui miei capelli.

«Non ti trattenere», dice. «Non mi piace sentirti piangere, ma ti sentirai meglio una volta che hai finito».

Dopo circa dieci minuti, il mio corpo smette di tremare e penso di aver finito tutte le lacrime che avevo.

«Scusami, sono un disastro», dico, e passo le dita sotto gli occhi.

«Smettila», fa, strofinandomi le mani sulle braccia. «Come ti senti?», chiede a bassa voce. Lo fisso per qualche secondo prima di abbassare lo sguardo – è troppo intenso.

Annuisco e tiro su col naso. «Meglio, credo».

«Beh, se il mio consiglio non ha funzionato, ho un piano B», annuncia con un piccolo sorriso, facendomi corrugare la fronte.

A Perfect LiarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora