15.

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Sono ancora le 4:30. Ho dormito pocbissimo. Mi giro in pancia in su. Non voglio più vederlo quel bastardo. Sto soffrendo. Proprio come soffrivo quando mi incolpavo della sua morte.

Un dubbio mi entra nella testa. Sono un vampiro. Non posso farmi male e non provo dolore. E ogni taglio si dissolve nel giro di secondi, senza nessuna cicatrice.

Ma allora...

Mi alzo le maniche della felpa, non trovando più nessuna cicatrice.

Un mese dopo la sua morte, ho iniziato a tagliarmi, nascondendo tutto sotto magliette a maniche lunghe e felpone. Quando dovevo mettermi a maniche corte mi mettevo bracciali fino al polso.

Naile e Giada avevano capito, ne sono sicura, ma sapevano anche che avevo tanti bracciali e io adoravo coprirmi il braccio di essi, quindi non erano tanto sicure, e per fortuna, non mi dissero mai di toglierli.

Avevo iniziato a tagliarmi quando Luca mi aveva rivolto il primo insulto e mi aveva urlato che sarei dovuta morire io e non lui. Avevo pianto così tanto che avevo quasi finito le lacrime. Corsi in bagno e apri il cassetto accanto allo specchio, trovando le lamette di papá aperte. Ne presi una in mano. Non avevo il coraggio di farlo, ma era l'unico modo per sfogarmi. Ricordo ancora come era doloroso e profondo il primo taglio.

Continuai cosi fino a che non diventai vampira. Ormai, dopo averlo fatto per mesi, non provavo più dolore quando la lametta entrava in stretto contatto con il mio braccio.

Mi alzo e apro il mio porta gioielli. Apro un piccolo cassetto dell'oggetto e trovo la lametta.

Perchè non provare. In fondo, tentar non nuoce.

Poggio la mia amica lametta sul braccio destro, e premo fortissimo, formando una linea orizzontale profonda e spessa. Nessun dolore. Dal taglio cola un pò di sangue, ma subito la ferita si rimargina. Facendo rimanere solo quel poco di sangue rimasto ai bordi.

Non c'è gusto se non provi neanche un minimo dolore. Guardo il telelefono e sono le 5:50. Tra poco si dovrebbe svegliare mamma. Il mio sguardo cade sui pezzi di legno rotto nella mia stanza

Devo trovare subito un comodino! Il mio l'ho spaccato contro al muro.

Indosso il giubbotto ed esco di casa. Corro alla velocità soprannaturale, arrivando davanti ad un mobilificio. In fondo, quel comodino lo avevamo comprtato uno o due mesi fa.

Cerco un punto d'entrata, trovando la porta sul retro chiusa a chiave. Se c'è una cosa che ho imparato da piccola era quella di aprire la stanza dei giochi chiusa a chiave, per impedirci di entrare, con una molletta quando i miei genitori non erano presenti in casa.

Tolgo dai miei capelli una molletta e la infilo nella serratura. La apro ed entro.

Dopo un pò trovo il mio comodino, lo carico in spalla come una piuma e metto i soldi nella cassa. Io non rubbo, sono una brava ragazza, e una brava ragazza paga sempre.

Arrivo a casa giusto qualche minuto prima che si svegli, lo sistemo per bene e butto i pezzi del vecchio comodino.

Mi butto nel letto tutta vestita in fretta e faccio finta di star dormendo.

Infatti entra, si avvicina a me e mi accarezza i capelli.

Mamma:«So che te lo dico ogni mattina, ma non smetterò di dirtelo. Non è colpa tua se tuo padre non c'è più. Tra qualche mese nascerà una sorellina o un fratellino, lo scopriremo sto pomeriggio. Tu non sai che io e tuo padre ci amavamo, anche se ultimamente litigavamo molto quando voi non eravate in casa perché alla sera tornava quasi ubriaco. Per fortuna non mi ha mai alzato le mani. Sto divagando troppo. Ora vado a fare colazione e a prepararla a voi appena vi dovrete svegliare. Ti voglio bene Ale, sii forte, sempre.» Dovetti girare la lesta dall'altra parte per evitare di fargli capire che ero sveglia per via delle lacrime.

Appena usci dalla mia camera, piansi in silenzio. Ecco un valido motivo per cercare quello stronzo di padre che mi ritrovo per farmi dare delle spiegazioni.

Mi alzai, mi misi dei vestiti a caso, cioè una felpa grigia con la scritta "SNOB!" nera e un jeans leggermente strappato e dei stivali neri bassi.

Scesi e andai in cucina dove trovai mia madre mangiare dei biscotti inzuppati nel latte con una foto in mano. Dalla cornice capisco che si tratta della foto al Luna Park mia e di mio fratello, la stessa che io e lui abbiamo in camera.

Mi nascosi dietro al muro delle scale quando vidi che mamma stava iniziando a piangere leggermente. Vorrei abbracciarla, ma non posso, non vuole che la vediamo cosi triste. Quindi andai in camera ed aspettai che si facessero le 7:00 per scendere.

Vampire.||Niall Horan.  [In Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora