«Era il tuo supervisore, quello? Vorrei sapere di che s'impiccia...» si lagnò Jessica.
«Perché non ti sei ancora iscritta? Se è per le tasse universitarie...»
«Sai tesoro, te ne avrei parlato prima ma eri sempre così stanco... Ho pensato che se fossimo entrambi in carriera, finiremmo per vederci solo a colazione e cena, entrambi troppo occupati, per non parlare di quando avremo dei figli, dovrei abbandonare il mio lavoro o affidarli a una perfetta estranea, quindi ho capito che l'unica carriera che voglio intraprendere è quella di essere tua moglie e madre dei tuoi, nostri figli.» Si avvicinò per baciarlo.
Forse era lo stress, forse era perché da settimane dormiva poco e male, fatto sta che, invece di contraccambiare, si tirò indietro e le chiese con stizza: «E non potevi capirlo prima?»
«Tesoro! Che ti prende?»
«Ho accettato di lavorare da Crowley solo perché tu volevi laurearti e fare carriera e ora mi vieni a dire che non intendi più farlo? Se l'avessi saputo, sarei rimasto dov'ero! Per fare la moglie e la madre non c'è bisogno che io mi ammazzi di lavoro, in un posto dove non vengo nemmeno rispettato!»
«Tesoro, non urlare che ti sentono. Se ci pensi bene, ti accorgerai che è la soluzione migliore. Ne parliamo stasera con calma, va bene? Ora devo tornare al lavoro, ti amo!» Lo piantò lì.
Sam era talmente scioccato che non riuscì a replicare. Voleva farsi mantenere! Che stupido era stato a non rendersene conto prima! Entrò nel bagno del tribunale sconvolto, la sua relazione una farsa, il suo lavoro uno schifo, la sua vita un completo fallimento. Si aggrappò al lavandino.
"... ha parlato solo di quanti soldi offrivamo noi e quanti loro..."
"... Jess non è avida, vuole anche riprendere gli studi..."
"... chiamala e dille che se vuoi essere assunto, dovrai accontentarti di 18.000 dollari..."
"Sei un essere impossibile!"
"Se solo l'avessi chiamata, adesso non sarei in questa situazione, ormai è troppo tardi, ho incasinato tutto! Idiota, sei un idiota!" Si appoggiò con la schiena alla parete, lasciandosi scivolare a terra, nascose il viso tra le ginocchia e cominciò a piangere sommessamente.
Sentì aprirsi la porta. «Va tutto... Sammy! Che ti succede?» esclamò Gabriel, chinandosi su di lui e posandogli le mani sulle spalle.
«Non ti preoccupare, sto bene» disse Sam, asciugandosi in fretta gli occhi col dorso della mano.
«Certo come no!» sbuffò l'avvocato. «Sei seduto sul pavimento di un cesso, con gli occhi a raviolo e un taglio di capelli orrendo, sai quanta gente venderebbe l'anima al diavolo per essere al tuo posto!» Si sedette accanto a lui. «Se ti serve qualcuno con cui parlare, io sono qui» disse, posandogli una mano sul braccio e fissandolo con i suoi occhi dorati.
Non voleva riversargli addosso tutti i suoi problemi ma da un lato sentiva davvero il bisogno di confidarsi con qualcuno e dall'altro Gabriel lo fissava con così tanto interesse e preoccupazione che Sam si ritrovò a raccontargli ogni cosa, comprese le notti insonni, la sua sensazione di essere diventato solo un numero e l'ultima decisione di Jessica.
Mentre Sam si sfogava, Gabriel gli aveva fatto appoggiare la testa contro la propria spalla, passandogli un braccio dietro la schiena. «Mi sa che ti ci vuole una terapia d'urto» gli disse quando ebbe finito. «E direi di cominciare con un bel gelato!»
«Che?» chiese Sam, raddrizzandosi.
«Andiamo. A. Mangiare. Un. Gelato. Adesso» scandì l'avvocato. «Devo farti lo spelling?»
«Ma io...»
«Sono fidanzato, lo so. Giuro di non attentare alla tua virtù» ridacchiò. «Allora, ci stai?» chiese rialzandosi e porgendogli la mano.
Forse era proprio quello che ci voleva per tirarsi su il morale, in effetti, doveva ammettere che ora si sentiva molto meglio. «Certo!» esclamò, afferrandola e rialzandosi. «Non ti preoccupare di chiamare un taxi, ora sono motorizzato.»
«Allora andiamo!»
Quando Gabriel vide il motorino, lanciò un fischio di ammirazione. «Bello! Mi piace molto!»
Sam sorrise e istintivamente afferrò il proprio casco, stava per infilarlo, quando si rese conto che aveva lasciato all'avvocato l'altro, quello rosa con i cuoricini.
«Scusami... È meglio che metti questo...» disse Sam imbarazzato, porgendogli il proprio.
«Scherzi? Lo trovo delizioso» S'infilò quello rosa. «Come sto?» ridacchiò. «Avresti dovuto vedermi al Gay Pride, vestito da Cupido, anzi devo avere ancora qualche foto...»
Sam avvampò cercando di non pensare al suo supervisore (s)vestito da Cupido, riuscì a solo a squittire: «Gay Pride?»
«Sì, sono bisex, ti crea qualche problema, pasticcino?» La domanda era stata posta in tono leggero ma Sam notò che Gabriel lo stava fissando apprensivo, come se temesse una sua reazione negativa.
«No, certo che no» rispose convinto. In realtà la notizia l'aveva piuttosto sorpreso, l'avvocato faceva spesso battute di apprezzamento sul gentil sesso ma mai su altri uomini.
«Meglio così!» disse Gabriel, visibilmente sollevato, e salì dietro di lui, appoggiando la testa alla sua schiena e avvinghiandosi a lui... ma non stava stringendo un po' troppo?
Forse aveva paura di cadere eppure Sam, per un attimo, ebbe piuttosto l'assurda sensazione che, in realtà, lo volesse proteggere. Mentre guidava, ripensò alla rivelazione di Gabriel e al modo in cui l'aveva guardato, certo era stato un bell'atto di fiducia nei suoi confronti, come quando lui gli aveva svelato il suo passato da tossico. Bisex o no, Gabriel, anche stavolta, si era dimostrato un vero amico, ascoltandolo senza giudicarlo e Sam non aveva alcuna intenzione di perderlo di nuovo. Quando arrivarono davanti alla gelateria indicatagli da Novak, gli chiese smontando dal motorino: «Tutto bene?»
«Alla grande!» rispose con un sorriso da un orecchio all'altro e gli occhi che gli brillavano.
Gabriel ordinò un'enorme coppa di gelato alla panna e fragola e Sam una media al pistacchio, però non era molto propenso a mangiare ma continuava a far girare il cucchiaino. «Pensavo che oggi sarebbe stato il mio gran giorno, invece quando vi ho visto entrare in aula, ho capito che mi hanno usato solo come diversivo per distrarti...» sospirò.
«Che sciocchezza! Comunque non sarei il re dei tribunali se bastasse una mossa del genere, piuttosto puerile, a dire il vero.» Gabriel, invece, stava gustando il suo gelato con evidente piacere.
Sam, però, non ne era convinto: decine di processi e lo mandavano proprio a scontrarsi con Richard? «Ma come ho potuto essere così stupido da pensare che mi avessero scelto per le mie capacità? La verità è che non sono adatto per fare l'avvocato!» E chissà come avrebbe reagito Stair, quando avesse saputo che si era rifiutato di proseguire l'interrogatorio, si sentiva male solo a pensarci...
«Non dirlo neanche per scherzo!» lo sgridò Gabriel, minacciandolo col cucchiaino. «Ti ricordi quando mi hai raccontato perché avevi scelto questa professione? Avevi una luce particolare negli occhi che mi ha fatto capire che la tua è una passione autentica. Fidati di me, un giorno sarai un ottimo avvocato e non sei stupido, altrimenti non ti avrei mai voluto nel mio staff...» Stava per riprendere a mangiare, quando si bloccò. «Un momento, hai detto che l'hai capito solo quando ci hai visto, non sapevi chi fossero gli avvocati della controparte?»
«No, per me è stata una sorpresa.»
«Allora non avevi portato la bilancia per farmela vedere, anche se l'ho apprezzato molto.»
«Beh ecco... era il mio primo dibattimento, volevo che mi portasse fortuna...»
«E forse è proprio così...» disse Gabriel, sorridendo. «Non hai sbagliato lavoro, hai solo sbagliato posto di lavoro. È tutta una questione di scelte. Puoi ancora scegliere se essere un numero con un cospicuo conto in banca o una persona squattrinata.» e attese una sua risposta.
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Le sorprese dell'amore
FanfictionUna carriera da avvocato di successo e sposare la ragazza dei propri sogni. Sam Winchester aveva pianificato la propria vita o almeno così pensava...