«Vuoi dormire con le ginocchia in bocca?»

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Gli altri erano appena partiti e nel parcheggio della pizzeria eran rimasti solo Sam e Gabriel. In fondo il ragazzo era contento di essersi lasciato convincere e aver partecipato a quella cena. Adesso avrebbe dovuto recuperare il suo motorino e tornare a casa, tuttavia aveva visto il suo collega bere un po' troppa birra e prima voleva assicurarsi che fosse in grado di guidare.
«Oh, merda!» esclamò Gabriel, dopo aver armeggiato con le chiavi della macchina nel vano tentativo di aprire la portiera e averle lasciate cadere.
«Che succede?» chiese Sam, chinandosi per raccoglierle e notando che c'era attaccato un pupazzetto.
«A quanto pare sono più brillo di quanto pensassi...» Gabriel si appoggiò con la schiena al suo scassatissimo pickup. «Sarà meglio chiamare un taxi, prima che l'avvocato più geniale del mondo finisca sul banco degli imputati per guida in stato di ebbrezza o peggio...» Goffamente cercò di estrarre il cellulare dalla tasca. Eh sì, aveva bevuto davvero troppo: aveva la pronuncia più strascicata del solito e barcollava leggermente.
Sam apprezzò molto il fatto che non volesse mettersi al volante in quello stato. «Ti riaccompagno io a casa.»
«Davvero lo faresti?»
«Certo!»
Aprirono il cassone dietro e spinsero su il motorino.
«Signor Winchester, a lei il comando!» disse Gabriel, entrando dal lato del passeggero.
«Non è ora di buttare 'sto catorcio?» chiese Sam, mettendo in moto.
«Finché cammina, va sempre bene. Ti piace il mio playtypos(1)?» gli chiese indicando il portachiavi. «Me l'ha regalato Cas, ha detto che è come me, fuori dagli schemi.» Si mise a sghignazzare.
«Perché non usiamo il pickup per andare in tribunale?»
«Primo perché andarci in motorino è molto più divertente e secondo si perde un sacco di tempo a trovare parcheggio.»

Seguendo le indicazioni di Gabriel, Sam giunse davanti a una villetta con giardino e aprì la porta. L'interno sembrava un'estensione della sua scrivania: libri e giornali ovunque.
Sam si fece indicare dove fosse la sua camera e ce lo accompagnò. Anche lì regnava il disordine: le ante e i cassetti dell'armadio erano spalancati e per terra erano gettati alla rinfusa varie camicie e pantaloni.
«È molto bello» disse Sam indicando un letto matrimoniale sfatto in ferro battuto, decorato da dei riccioli. «Vivi con qualcuno?»
Gabriel si tolse la giacca militare, lasciandola cadere a terra. «Purtroppo no, ha una storia ma son troppo stanco per raccontartela ora. Dannazione!» esclamò, sedendosi sul giaciglio e litigando con i bottoni della camicia.
«Ci penso io» disse Sam sorridendo e cominciò a sbottonargliela, poi lo aiutò a togliersi gli anfibi e i jeans, sotto indossava una canottiera bianca e dei boxer rossi e aveva un po' di pancetta.
«Sei molto gentile, sei lo stagista più gentile che io abbia mai avuto» farfugliò Gabriel. «Jessica non ti meritava. Sei un ragazzo meraviglioso, intelligente, educato... Ho visto come ti stavi distruggendo pur di renderla felice e mi stupisce che una donna che si dice innamorata non si sia accorta di quello che stavi passando. Meriti di meglio...»
Sam cominciò a sentirsi a disagio. «Sarà meglio che vada...»
Gabriel lo afferrò per un polso: «È mezzanotte passata, ti prego non andare, fuori ci son guidatori molto più ubriachi di me...» Spalancò gli occhi, si portò una mano alla bocca e si precipitò fuori dalla stanza.
Dopo un attimo d'indecisione, Sam lo seguì. Lo trovò in ginocchio, ansimante, davanti al water, le braccia appoggiate all'asse, il destro piegato di traverso a sostenergli la testa. «Stai bene?» gli chiese, inginocchiandosi di fianco a lui e posandogli una mano sulla schiena, cercando di non guardare e, soprattutto, di non annusare ciò che c'era nella tazza.
«Son qui con la testa infilata in un cesso a tirar su anche l'anima» sbuffò Gabriel, pallidissimo. «Secondo te?»
«Posso fare qualcosa per aiutarti?» gli domandò Sam imbarazzato.
«Per ora no...» riuscì a rispondergli, prima di piegarsi in preda a un altro conato.
Sam non poté fare altro che sostenergli la fronte con una mano.
«Grazie per non essere scappato» sospirò e allungò un braccio per azionare lo sciacquone.
Sam lo aiutò a rialzarsi e a raggiungere il lavandino.
Gabriel aprì il rubinetto, si sciacquò il viso, poi si lavò i denti. «La prima volta che vieni a casa mia e guarda che accoglienza!» disse mesto.
«Non ti preoccupare, può succedere a chiunque...» Lo riaccompagnò in camera e lo aiutò a sdraiarsi.
«Sammy, potresti prepararmi una camomilla?» gli chiese Gabriel, appoggiandosi ai cuscini.
«Per le sbornie è meglio un bicchiere con acqua salata, vado a prendertelo» rispose Sam.
«Ho sia una sbronza sia un'indigestione, perciò la camomilla va benissimo» disse, strizzando gli occhi.
«Probabilmente non avresti dovuto mangiare un'intera torta al cioccolato, dopo quella pizza.»
«Samuel, per favore...» gemette Gabriel, facendo una smorfia e premendosi le mani sull'addome.
«Scusami, vado subito» disse Sam, mortificato.

La cucina, invece, era perfettamente in ordine e fungeva anche da salotto, infatti, oltre a un tavolo di legno con le seggiole intorno, c'erano anche un divano, due poltroncine rosse e un tavolino di vetro. Sul ripiano della credenza c'erano diverse foto, mentre aspettava che la camomilla fosse pronta, Sam ne esaminò una in particolare: c'erano due bambini, uno più piccolo dall'apparente età di 3 anni, con i capelli neri e un'espressione seria e concentrata che cercava di arrivare ai pedali di un triciclo, al cui manubrio era stato legato un orsetto, l'altro un po' più grande, biondo e cicciottello, in piedi vicino a lui, che lo fissava sorridendo orgoglioso.

«Avere un fratello infermiere ha i suoi vantaggi, lo aiutavo a studiare e qualcosa ho imparato...» disse Gabriel, sorseggiando la camomilla. «Forse dovrei anche imparare a mangiar un po' meno... comunque è colpa loro! Non dovrebbero preparare delle torte così buone!»
Sam non se la sentiva più di andarsene, non con Gabriel che stava così male... «Forse hai ragione tu... è troppo tardi per mettersi in strada... Accetto la tua offerta di passare qui la notte.»
«Non ho una stanza per gli ospiti, però potresti...»
«Ho visto che in cucina c'è un divano, mi sistemerò lì» lo interruppe Sam.
«D'accordo, se vuoi dormire con le ginocchia in bocca, fai pure.»

Era almeno un'ora che Sam si rigirava su quel dannato divano, non aveva proprio le ginocchia in bocca ma accidenti se era corto! Beh... a dire il vero era lui troppo alto... non poteva continuare così per tutta la notte, l'unica alternativa era il letto matrimoniale, anche se questo voleva dire condividerlo...
Si alzò, andò verso la camera dell'avvocato e aprì la porta pian piano. «Gabriel, stai già dormendo?» bisbigliò.
L'avvocato accese la luce sul comodino, su cui c'era una pila di libri, e si mise seduto ridacchiando: «A quanto pare la Bella Addormentata non si addormenta, devo venire a cantarti una ninnananna?»
Sam entrò nella stanza. «Ti senti meglio?»
«Se non altro non mi sento più come una bambola voodoo... allora è comodo il divano?» gli domandò Gabriel malizioso.
«A dire il vero no...» Il ragazzo esitò, spostando il peso del corpo da un piede all'altro. «Senti... visto che hai un letto matrimoniale, potremmo dormire insieme? Cioè ognuno sul proprio lato...»
«Sta' tranquillo, sono ancora abbastanza sobrio da non saltarti addosso... almeno credo. Dai, salta su!» disse ridacchiando e battendo con la mano lo spazio accanto a sé.
«Non intendevo dire che tu...» cominciò a dire Sam, imbarazzato e salendo sul letto.
«Zitto e dormi, pasticcino!» rispose l'avvocato, dandogli le spalle e spegnendo la luce.
«Buonanotte, Gabriel.» "Speriamo che non russi..." pensò Sam infilandosi sotto le lenzuola.

*****1) Gioco di parole tra il nome dell'ornitorinco in inglese, platypus, e questa parola che significherebbe "giocare con i refusi"


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