«Il tuo grembiule? Gli credo sulla parola!»

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Quando Sam recuperò il suo motorino, scoprì che dietro la casa Gabriel aveva una piscina interrata con trampolino.
«Già, una vera stupidaggine...» gli disse il collega. «Ho comprato 'sta casa solo perché aveva la piscina, profonda due metri e mezzo per di più... e non ho ancora finito di pagare il mutuo. Cosa non si fa per amore, si chiamava Kalì... wow! Quella ragazza era tutta mani, non so se mi spiego... Purtroppo non c'è più... L'ho perduta qualche anno fa, durante una gita al mare...» sospirò tristemente.
«Oh... mi dispiace...»
«Anche a me... è scappata col bagnino.» Mentre Sam si strangolava con la saliva per non ridere, Gabriel continuò imperterrito: «Un certo Baldur, pensa un po' che razza di nome, solo perché "lui è meno complicato di te!"» concluse con la voce in falsetto. «Ti piace nuotare?» chiese poi.
«È una delle mie passioni!»
«Bene! Se ti va, puoi usufruirne quando vuoi.» Si misero d'accordo su ogni week-end pomeriggio.


Quando Gabriel vide Sam in costume da bagno per la prima volta, spalancò gli occhi, lanciò un fischio di ammirazione e disse: «Non credevo che fosse possibile.»
«Che cosa?» chiese perplesso il giovane.
«Che si potesse usare Photoshop sulle persone reali...»
Sam arrossì. «Beh, a me piace tenermi in forma...»
«Vedo, vedo...» rispose Gabriel meditabondo. «E questo pentacolo?» gli chiese avvicinandosi per vedere meglio il tatuaggio che il ragazzo aveva sulla clavicola sinistra.
«Quando ho compiuto 18 anni, Dean ha voluto regalarmi un tatuaggio e ho scelto questo. È un simbolo di protezione: nel medioevo lo mettevano sulle porte per tenere lontano il male. Le punte rappresentano gli elementi: fuoco, acqua, aria, terra ed etere; il cerchio raffigura l'infinito e il sole l'energia vitale. A Dean è piaciuto così tanto che ha deciso di farselo anche lui.»
«Piace molto anche a me. Ti faccio vedere il mio.» Si voltò, esitò un attimo poi si tolse la camicia hawaiana. Aveva sulla schiena sei ali aperte e dorate, disposte in ordine di grandezza, le piume finemente delineate. «Ti piacciono?»
«Sì molto, sembrano quasi vere.» Non poté trattenersi dallo sfiorare quei tatuaggi con le dita, Gabriel aveva la pelle incredibilmente morbida e liscia come la seta; sentendolo rabbrividire sotto il suo tocco, Sam s'interruppe di colpo. «Scusa, ti ho fatto male? Non sapevo che fosse fresco.»
L'avvocato abbassò la testa sorridendo timidamente. «Assolutamente no, pasticcino... il punto è... è che ho la schiena terribilmente sensibile ed è passato un bel po' di tempo dall'ultima volta che qualcuno ha accarezzato le mie ali... Me le son fatte tatuare quando stavo ancora con Balth. Siccome il mio è il nome di un arcangelo, un giorno in cui eravamo completamente ubriachi, gli dissi che sarei sempre stato il suo arcangelo custode e lui mi sfidò a provarglielo, così mi son fatto tatuare queste. Per una settimana non ho potuto dormire sulla schiena ma non son pentito.»
«Non ne bastavano due?»
«Non lo sai? Gli arcangeli ne hanno sei» ridacchiò. «Beh, posson sempre tornare utili se diventassi l'arcangelo custode di qualcun altro...»
«A chi arriva primo dall'altra parte!» Sam si tuffò dal bordo e schizzò verso l'altro lato. «Ho vinto!» esclamò toccando con una mano il bordo, si voltò a controllare a che punto fosse Gabriel e vide che era rimasto molto indietro nuotando quasi verticalmente, muovendo lentamente le braccia in cerchi.
Sam tornò indietro e notò che stava sguazzando con le braccia a rana e le gambe a crawl. «Ma così non vincerai mai! Dovresti...»
Gabriel si girò sul dorso muovendo leggermente le braccia. «L'importante è restare a galla, a me interessa vincere solo in tribunale!» rispose ridacchiando e chiudendo gli occhi. «Rilassati, pasticcino, non tutto dev'essere una gara!»
«Ma a me piace gareggiare... Potresti cronometrarmi?»
«Sai che faccio?» Si rimise dritto. «Prendo il timer della cucina, lo regolo su 30 minuti e conto quante vasche riesci a fare in quel lasso di tempo.» Uscì dall'acqua, rientrò in casa e tornò qualche minuto dopo con un timer a forma di cono gelato e un vassoio pieno di tartine.
Sam cominciò a nuotare avanti e indietro, mentre Gabriel, che si era rimesso la camicia, lasciandola aperta, lo osservava dalla sedia a sdraio. Quando il timer scattò, Sam si avvicinò al bordo sorridendo e chiese: «Allora, quante ne ho fatte?»
«A dire il vero mi sono distratto, potresti rifarle?»
«Dannazione, Gabriel! Avevi detto che le avresti contate!» esclamò seccato.
«Ne hai fatte più di quante riuscirei a farne io, contento? Ti va una tartina?» gli chiese prendendo il vassoio dal tavolinetto.
Sam uscì dalla vasca sbuffando ma quando vide le tartine non poté fare a meno di sorridere: sulla fetta di pane c'era mezzo pomodorino accanto al quale era sistemato un quarto di oliva nera e sotto dei fili d'erba, sull'oliva c'eran due puntini di maionese e sul pomodoro sei, l'insieme dava l'impressione di una coccinella gigante. E ce n'erano più di una trentina. «Le hai preparate tu?»
«Certo, son curioso di sentire il tuo parere...»
«Ma ti ci sarà voluto un sacco di tempo!» disse asciugandosi con un salviettone, prendendone una e sedendosi. Togliendo i fili d'erba, scoprì che sotto il pomodoro c'era uno strato di paté.
«Ehi pasticcino! Anche le zampe sono commestibili, son fatte con erba cipollina» disse Gabriel, intrecciando le mani dietro la testa e godendosi il sole.
«Veramente deliziosa!» e ne prese un'altra, poi un'altra ancora...

Andando in cucina a bere dell'acqua, Sam trovò delle scatolette di latta sullo stesso tagliere su cui, dai semini di pomodoro e altri resti, si capiva che erano state preparate le tartine... "Non può essere!" Ne afferrò una e marciò fuori. «Gabriel! Che cos'è questa?» urlò piazzandogliela sotto il naso.
«Non vedi? È una scatoletta di paté» rispose l'avvocato serafico.
«Questo è paté per gatti
«Ecco perché costava così poco!» esclamò dandosi una manata in fronte.
«Ti prego, dimmi che non l'hai spalmato su quelle tartine...» rantolò Sam.
«Va bene, non te lo dirò» gli rispose Gabriel guardando in alto.
«Oddio, mi sento male...» e a pensarci bene, lui non le aveva mangiate...
Gabriel stette serio per qualche secondo poi scoppiò a ridere: «Ma certo che no, sciocchino! Ho usato normalissimo paté e quelle scatolette le ho piazzate lì solo perché tu le trovassi. Penso che in alcune occasioni facciano la loro porca figura, non trovi? Quando m'invitano alle cene di classe, me ne porto sempre dietro un paio e le piazzo dove gli ospiti possano trovarle.»
Non voleva farlo ma Sam si ritrovò a domandare: «E se a quella cena non ce n'è?»
Inarcò un sopracciglio. «A tutte le cene di classe viene servito paté!» affermò con sicurezza. «È l'unica cosa che le rende divertenti.» A quel punto mangiò una tartina facendogli l'occhiolino.
«A quella mostra... quella in cui hai conosciuto Balthazar, ne avevi portate un paio, vero?»
«Bingo, pasticcino!»


Il pomeriggio dopo, Gabriel gli aprì la porta con indosso il famigerato grembiule e tenendo in mano un vassoio. «Ti faccio conoscere degli altri pasticcini!» Eran dei biscotti, ancora tiepidi, uniti due a due con in mezzo una crema rossa e delle cose in cima che simulavano gli occhi. «Vongolette, lui è Sammy.»
«Fantastiche! La torta per la mia festa... anche quella l'hai cucinata tu?» chiese mangiandone una.
«Sì, ogni tanto mi diverto a fare queste cose» disse scrollando le spalle.
Sam si ritrovò a fissare la scritta sul grembiule... e distolse lo sguardo.
«Ti stai chiedendo se quello che dice il mio grembiule è vero?» chiese Gabriel girandosi per entrare in casa.
Sam si strangozzò con la vongoletta, ma gli leggeva nel pensiero? «Gli credo sulla parola!» rispose rauco e seguendolo.
Gabriel si girò verso di lui: «Male! Un avvocato deve sempre appurare la veridicità delle testimonianze. Eppure scommetto che un giorno non resisterai alla curiosità e noi ci baceremo perché tu prenderai l'iniziativa!» Sfarfallò le ciglia in maniera talmente comica che Sam scoppiò a ridere.
«Che ne dici di andare a fare due tuffi?»
«Dico che tu mi fai sempre bagnare...» rispose Gabriel sorridendogli maliziosamente.

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