Levi (8)

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«MAAOOOOW!»
«Tsk! Cosa urli gatto?»
Lo stava guardando con quegli occhioni verdi che, come se non bastasse, gli riportavano in mente ancora una volta la stessa persona.
Quel felino sembrava capirlo nel profondo, aveva terribilmente bisogno di distrarsi e fino a quel momento non aveva fatto altro che miagolargli contro, correre all'inseguimento di qualcosa di inesistente e addirittura iniziava a fare varie marachelle pur di tenerlo impegnato.
«Stupida palla di pelo» scaricò su di lui la sua frustrazione.
Si stava maledicendo per il modo in cui se ne era andato, altro che lasciargli spazio, era scappato!
Ad un tratto la sua mente aveva ricominciato a pensare e si era ritrovato in un caos che gli aveva poi portato un mal di testa atroce.
Doveva pensare e capire.
Con Erwin non si era mai sentito in quel modo, non aveva mai perso la testa, il controllo.
Con il vicino invece, non c'era voluto niente a cascare nella rete.
Fatto stava che non doveva andarsene in quel modo, il moccioso aveva pensato bene di sparire nel nulla e adesso lui non aveva la possibilità di parlargli e dare pace alla sua testa che continuava a lavorare senza sosta.
Probabilmente si era allontanato per colpa sua, non solo per come se ne era andato, ma conoscendosi non doveva avergli fatto una buona impressione, difficilmente riusciva a sorridere o a manifestare fisicamente ciò che provava, quindi non sapeva che impressione avesse fatto al moccioso e voleva assolutamente spiegarsi.
Se mai gliene avesse dato l'occasione.
Gli sembrava di impazzire, ogni momento della giornata era occupato da quel bacio, alla loro pelle che si toccava e ai sentimenti che aveva provato.
Gli sembrava che la pelle bruciasse in determinati punti solo al pensiero e non riusciva a dormire tranquillo senza sapere quando avrebbe potuto rivederlo.
Sembrava un ragazzino alla prima cotta e non riusciva a darsi una calmata.
Era andato al Bar da Marco per chiedergli notizie ma gli aveva saputo soltanto dire che dopo essere andato al pranzo domenicale in famiglia non era più tornato né a casa e né a lavoro.
Non gli aveva voluto dire però altro, ma sicuramente sarebbe tornato, perché il lavoro non lo aveva lasciato.
Lo sapeva di sicuro anche se non glielo aveva detto perché non c'era nessuno a sostituirlo e quel casco di paglia del suo collega si aggirava tranquillo per il bar.
Erano passati 5 giorni! Per quanto ancora avrebbe dovuto aspettare?
Iniziò ad imprecare cose senza senso e accarezzò il gatto in modo energico, come a sfogarsi.
Il micio non disse nulla, anzi lo lasciò fare, miagolò un po' e poi si alzò per riappallottolarsi al suo fianco sul divano.
Odiava quando lo faceva, ma in quel momento decise di lasciarlo fare, lo avrebbe usato come antistress.
Stava quasi pensando di farsi un altro the, ma effettivamente non gli avrebbe calmato il mal di testa che sentiva, gli sembrava di avere mille spilli a pizzicargli la testa.
Pensò allora di iniziare a leggere qualche nuovo fascicolo, ma non sarebbe mai riuscito a concentrarsi nel lavoro in quello stato.
Vide il micio alzare velocemente la testa in direzione della porta, poi dopo poco si alzò e corse come attirato da qualcuno di suo gradimento.
Un secondo dopo suonarono alla porta.
Non seppe perché ma non controllò neppure prima di aprire, ma quando lo fece rimase sorpreso di chi si trovò di fronte.
«Oi, cosa diavolo ci fai q...»
Non fece in tempo a finire che si ritrovò a reggere il corpo due volte più pesante e grande di Erwin.
Puzzava tremendamente d'alcool, era sicuramente sbronzo e si stava domandando come fosse addirittura riuscito ad arrivare in piedi fino alla porta di casa sua.
Con un po' di fatica lo trascinò sul divano, lo mise seduto e tornò indietro a chiudere la porta, il micio invece sembrava essere preoccupato per l'ospite che guardava intensamente dal basso.
Andò in cucina a prendere dell'acqua, e tornò decisamente scocciato.
Non era da Erwin ridursi in quel modo, anche se in passato beveva non si era mai spinto così oltre, sia perché non ne aveva bisogno, sia perché era un maniaco del controllo, non avrebbe mai dato la meglio alla libertà che donava l'alcool.
Quando stavano insieme aveva addirittura smesso.
«Bevi» gli porse un bicchiere pieno, si sedette insieme a lui sul divano, ma a distanza, non poteva sopportare quell'odore.
Lo guardò per qualche secondo con gli occhi azzurri lucidi e tremendamente rossi, poi abbassò di nuovo lo sguardo.
Si meravigliò di quel silenzio, lui non si era mai ubriacato ma immaginava che difficilmente si riuscisse a stare zitti in quello stato.
«Bevi!» ripeté deciso.
Doveva farlo riprendere un po' prima di buttarlo in vasca.
Indurì lo sguardo e Erwin sospirò prima di prendere con un po' di fatica il bicchiere.
Lo buttò giù in un solo colpo e passando una mano nei capelli, posò il bicchiere vuoto sul tavolo che aveva davanti, mantenendosi precario.
Si accorse che tremava leggermente e ancora arrabbiato gli prese una mano.
«Che diavolo hai combinato?»
«Posso stare qui questa notte?»
Lo guardò negli occhi e probabilmente la sua espressione non lasciava trasparire nulla, ma era decisamente sorpreso.
«Perchè?»
Inutile dire che era un tipo molto orgoglioso, da quando si erano lasciati nessuno aveva più invaso neanche per sbaglio la vita altrui, nonostante andassero d'accordo erano ritornati un po'come lo erano prima di mettersi insieme, semplici colleghi che andavano d'accordo, di certo non si aspettava una richiesta simile, come non immaginava minimamente che potesse spingersi a casa sua, oltretutto in quelle condizioni.
Gli sembrò di rivivere un déjà vu, quando agli inizi della loro relazione si chiedevano il permesso anche semplicemente per guardarsi, ma alla fine entrambi sapevano che due come loro chiusi in una casa non si sarebbero limitati ai soli sguardi.
Sapeva di non doverlo fare, ma si addolcì un po' e decise che non c'era nulla di male ad ospitarlo, non poteva certo rispedirlo a casa con leggerezza, di mettersi a guidare così tardi non gli andava e loro due non dovevano certo imbarazzarsi per così poco.
«Non ho voglia di parlarne»
«Tch, resti qui, come minimo vorrei sapere perché devo ridurmi a farti da balia»
«Avresti il coraggio di buttarmi fuori se non ti rispondessi?»
«Ovviamente»
«Non ti sono estraneo, andiamo»
Quest'ultima uscita lo urtò un po'.
«Allora potresti benissimo parlarmi» insistette infastidito.
Si trincerò dietro un silenzio ostinato e lo guardò contrariato.
«E sarei io quello che ti tratta da estraneo?» sussurrò prima di alzarsi per andare in bagno a preparare la vasca con l'acqua calda.
Lo aveva sentito, ne era certo, ed era anche sicuro che in quel momento avrebbe voluto seguirlo per dirgliene quattro, ma probabilmente non ne aveva la forza e sapeva anche di non averne il diritto.
Neanche lui aveva il diritto di insistere per sapere cosa lo aveva spinto a bere, ma quel suo comportamento lo scazzava, come se ogni cosa fosse semplicemente colpa sua.
Tornò in salotto e lo trovò esattamente come lo aveva lasciato, si fece coraggio, si impose di respirare il minimo indispensabile e gli andò contro.
«Ti ho preparato un bagno, in queste condizioni non ci entri nel mio letto. Ti lavo i vestiti, ho preso un'asciugatrice quindi per domani saranno asciutti» spiegò.
Iniziò a spogliarlo ma quando aprì l'ultimo bottone della camicia, Erwin gli prese i polsi con forza e lo guardò supplichevole.
«Faccio io, non preoccuparti»
«Sei sicuro?»
Fece segno di sì e lo lasciò fare mentre andava a prendere un accappatoio pulito e un paio di pantofole per casa.
Nel mentre, improvvisamente, si rese conto di sapere perché fosse in quello stato, ad un tratto si sentì mortalmente in colpa.
Tornò in salotto per aiutarlo almeno a camminare fino al bagno, trovò i suoi vestiti piegati sul tavolo e lui fasciato solo dai boxer che si manteneva in piedi poggiato al divano.
Si maledì prontamente per aver trattenuto il respiro a vederlo solo in mutande, ma non ci poteva fare assolutamente nulla quell'uomo gli esercitava ancora una certa attrazione, alto, scolpito, possente e deciso, da ubriaco aveva anche quell'aria più morbida, non aveva più quella compostezza che non lo abbandonava mai e... si stava lasciando andare!
Si girò un attimo di spalle e si portò le mani sul volto cosciente di essere appena avvampato.
Santi numi!
«Levi?»
Probabilmente lo aveva visto, si era imbambolato come uno stoccafisso!
Quel dannato uomo possedeva tutto di lui, anche i suoi istinti primordiali erano profondamente legati ad esso, si era preso pezzetto dopo pezzetto fino ad avere ogni parte di sé che nessuno mai era riuscito ad ottenere, gli aveva insegnato ad amarlo e ad amare in generale, lo aveva fatto per tre lunghi anni con la convinzione che non sarebbe mai finita perché uno come lui dove avrebbe mai potuto trovare qualcun altro da amare? Chi lo avrebbe sopportato e chi avrebbe avuto la pazienza di scoprirlo come aveva fatto Erwin?
Sospirò ormai rassegnato e si chiese per l'ennesima volta se era giusto abbandonare quell'uomo dopo tutto quello che gli aveva donato.
Si sentì due possenti braccia stringerlo in vita e le labbra del compagno si poggiarono sul suo collo in un bacio dolce e carezzevole, dato senza fretta e con lo scopo di comunicare tutto quello che probabilmente non riusciva a dire.
«Levi»
Gli bastò il suo nome sussurrato per avere la sua risposta.
Non lo amava più in quel modo, per quanto gli dispiacesse e lo avrebbe tenuto lì con sé con molto piacere, non sentiva il bisogno di approfondire il loro contatto, nella sua mente apparivano solo immagini della persona che lo stava facendo letteralmente impazzire da cinque giorni e solo con quella voleva stare in quel momento.
Aveva aperto la porta sperando che fosse il moccioso e quelle braccia sulla sua vita le sentiva solo di troppo, perché cancellavano il ricordo della mani del suo vicino mentre lo baciava.
Vedeva Erwin come un amico dal profondo legame e come la colonna portante che lui adesso voleva essere per il suo nuovo amore.
Solo gli dispiaceva terribilmente sapere che lui provava ancora seriamente qualcosa per lui.
«Ce la fai a camminare da solo? Il tuo bagno è pronto, io vado a letto» disse strattonandolo via.
Non voleva, ma doveva continuare ad essere freddo, doveva fargli capire che tra loro era finita e non poteva esserci altro che prima o poi si sarebbe inevitabilmente rotto.

Cuoricino infranto.
Li amo.
Lo so ho scritto l'Ereri, ma ragazzi...
Già solo il pensiero di Levi Uke...
Ma poi non so perché ma li vedo troppo bene insieme.
Okay basta.
T.T non voglio che si lascino.

Chu~💙

Il mio primo amore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora