Levi (18)

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Levi sbuffò infastidito, incrociando le braccia sul petto. « »
«Dimmi un po', devo davvero occuparmene io di questa notifica, con quell'idiota di ufficiale?»
Dall'altra parte della stanza, Erwin lo osservò con un'espressione impassibile, sospirando.
«È una brava persona. Cerca di non combinare casini, intesi?» Lo rimproverò con il tono paziente di chi era ormai abituato alle sue sfuriate.
Levi sgranò gli occhi, indispettito.
«Non sono un bambino!» sbottò, ma Erwin, con un sorriso appena accennato, replicò con calma.
«Peccato che tu lo sembri.»
Levi schioccò la lingua, voltandosi di scatto.
«Stronzo» sussurrò a denti stretti.
«Ti ho sentito.»
Levi sollevò un sopracciglio, sarcastico.
«Meglio.»
Il loro scambio, come al solito, sembrava quello di due ragazzini sul punto di azzuffarsi. Erwin si lasciò cadere pesantemente sulla sedia di fronte, massaggiandosi le tempie con aria stanca. Levi, con la coda dell'occhio, lo scrutò in silenzio.
Dopo qualche istante, l'altro lasciò sfuggire un sorriso enigmatico.
«Ti piace proprio tanto quel ragazzino, vero?»
Levi si irrigidì. Quella domanda lo colse alla sprovvista. Era insolito che Erwin intavolasse una conversazione del genere, soprattutto in ufficio. Lo fissò con sospetto.
«E tu che diavolo hai oggi? Ti sei improvvisamente ricordato di come si conversa?»
Erwin scrollò le spalle, avvicinandosi di qualche passo.
«Ho solo capito che ignorarti mi fa più male che bene. Preferirei—se per te va bene—che restassimo amici.»
Levi aggrottò la fronte, tornando a concentrarsi sui documenti sparsi sulla scrivania. Era strano vedere Erwin così aperto, quasi vulnerabile. Doveva preoccuparsi?
«Sono serio.» La voce dell'altro si fece più grave. «Voglio solo sapere se devo continuare a vivere questa tensione ogni volta che entro nel mio ufficio, oppure se posso stare tranquillo e restare... un tuo conoscente.»
Levi sospirò, incerto. Non era abituato a questo genere di discorsi.
«Se vuoi restare mio amico, non farmi domande su questo argomento. È... strano parlarne con te.»
La sua voce si incrinò leggermente, segno di un nervosismo che cercava invano di mascherare.
«Okay.» Erwin fece per tornare alla sua scrivania, ma si voltò ancora una volta con un mezzo sorriso. «Ma se non te ne sei accorto, ormai sei abituato a confidarti con me. Dici tutto quello che pensi.»
Levi sentì il calore salirgli al volto e si nascose dietro lo schienale della poltrona, maledicendo quella capacità che Erwin aveva di leggerlo così facilmente. Lo odiava per questo. Lo odiava perché era riuscito a insinuarsi nelle crepe della sua fortezza, perché sapeva sempre come prenderlo, perché, malgrado tutto, non riusciva a odiarlo davvero.
«Voglio solo che tu mi prometta una cosa.»
Erwin si fermò di nuovo, stavolta più serio.
«Dimmi.»
Levi strinse i pugni, deglutendo.
«Se resterai mio amico... promettimi che mi dimenticherai. Non voglio che tu coltivi qualcosa che ti farà solo male.»
Mentre pronunciava quelle parole, sentì un nodo serrarglisi in gola. Una parte di lui voleva semplicemente cedere, smettere di lottare, lasciarsi andare. Ma l'idea di abbandonare Eren era insopportabile, gli toglieva il respiro.
Erwin lo osservò a lungo, poi sospirò, scuotendo la testa.
«Non posso prometterti una cosa del genere.»
Levi si irrigidì.
«Perché?»
«Perché non posso decidere di smettere di amarti da un giorno all'altro.»
Levi sentì il fiato spezzarsi nel petto.
«Ho passato tre anni con te,» continuò Erwin con fermezza. «Tre anni che, per me, potrei moltiplicare all'infinito. Non ho smesso di provare quello che sentivo. Ti sto lasciando andare perché se tu non provi più nulla, non ha senso continuare. Ma non puoi pretendere che io dimentichi. Posso andare avanti, posso imparare a convivere con questo, ma tre anni non li cancello.»
Levi si sentì vacillare. Quelle parole lo colpirono più di quanto avrebbe voluto. Cos'erano stati, allora, quegli anni per lui? Li aveva davvero superati così facilmente? L'aveva solo illuso o si era illuso da solo?
Come se gli leggesse nel pensiero, Erwin aggiunse con voce calma:
«So cosa stai pensando. È diverso. Tu hai superato quei tre anni, perché ora hai capito di amare qualcun altro. Per me, invece, sono stati la mia certezza. Non credo di aver mai amato nessuno come ho amato te.»
Levi sentì il sangue gelarglisi nelle vene. Erwin non aveva mai parlato in quel modo, così apertamente. Ancora una volta, si sentì colpevole, confuso, frustrato.
All'improvviso, Erwin si avvicinò e, con un gesto deciso, girò la poltrona, intrappolandolo tra le sue braccia forti. Levi spalancò gli occhi.
«Ehi—!»
Lo sguardo di Erwin si fece incredibilmente dolce.
«Va bene così. Non tormentarti.»
Levi si divincolò, irritato.
«Non me ne importa nulla.»
Si alzò di scatto e lasciò l'ufficio.
Durante il tragitto verso casa, non fece altro che rimuginare, maledicendo il caos che regnava nella sua testa. Perché si trovava di fronte a questo bivio? Perché aveva scelto proprio Eren, un ragazzino con mille difetti, il suo opposto, eppure la cosa più bella che gli fosse mai capitata?
E soprattutto, perché con Erwin non era mai stato così?
Si ritrovò senza quasi rendersene conto davanti a una porta. La suonò.
«Levi?»
Non rispose. Si fece largo nell'appartamento, richiuse la porta e spinse Eren contro di essa, baciandolo con una disperazione feroce.
Aveva bisogno di sentirsi sicuro. Di sapere che voleva lui e nessun altro.
Eren, confuso, posò le mani sul suo petto, staccandosi piano.
«Levi... tutto bene?»
Levi si passò una mano tra i capelli, cercando di recuperare la lucidità.
«Benissimo.»
Eren lo osservò con un'espressione dubbiosa, poi si schiarì la gola.
«Ah, a proposito... stamattina ho preso un libro dalla tua libreria.»
Levi sollevò un sopracciglio.
«Orgoglio e Pregiudizio?» chiese con disgusto.
Quel libro era orrendo, tanta fama per cosa? Stucchevole e puerile.
Eren annuì, divertito.
«Sono iscritto a un club del libro, e oggi ne parlavamo. L'ho visto nella tua libreria e...»
Levi incrociò le braccia, sospirando.
«Vedi di non rovinarlo.»
Eren sorrise e tornò a leggere, lasciandosi sprofondare nel divano. Levi, invece, afferrò le sue carte con l'intenzione di concentrarsi, ma le parole scritte davanti a lui sembravano scivolare via, come sabbia tra le dita.
Il silenzio nella stanza era denso, quasi ovattato. Solo il fruscio delle pagine voltate da Eren riempiva l'aria, accompagnato dal ticchettio lontano dell'orologio.
Levi distolse lo sguardo dai documenti e, senza rendersene conto, si mise a osservare il ragazzo accanto a lui. Eren aveva un'espressione assorta, le sopracciglia leggermente aggrottate mentre seguiva le righe con lo sguardo attento. Il suo viso era rilassato, illuminato dalla luce fioca della lampada accanto al divano.
Era così diverso da lui. Così giovane, così istintivo, così... vivo.
Levi si passò una mano tra i capelli, chiudendo gli occhi per un istante. Sentiva ancora sulle labbra il sapore del bacio che gli aveva dato poco prima, l'urgenza con cui aveva cercato di ancorarsi a qualcosa di tangibile, di certo. Ma la verità era che niente, in quel momento, gli sembrava sicuro.
Non riusciva a smettere di pensare a Erwin. Alle sue parole, alla fermezza con cui aveva dichiarato il proprio amore, alla maturità con cui aveva accettato di lasciarlo andare. A come, nonostante tutto, non si fosse mai spezzato.
Cosa sarebbe successo se fosse rimasto con lui? Se non avesse mai incontrato Eren?
L'idea lo soffocò. Perché, per quanto gli dispiacesse per Erwin, per quanto lo rispettasse, sapeva che non avrebbe mai potuto continuare a vivere accanto a lui senza sentire quel peso nel petto, quella sensazione di incompletezza che, invece, con Eren non esisteva.
Era questa la differenza.
Con Erwin, il loro legame era stato un porto sicuro, un rifugio costruito sulla stabilità e sulla razionalità. Con Eren, invece, era come trovarsi in mare aperto, travolto dalle onde. Un rischio, un salto nel vuoto. Ma anche un senso di libertà che non aveva mai provato prima.
Inspirò profondamente, cercando di scacciare via il groviglio di emozioni che lo attanagliava.
Eren si accorse del suo sguardo e si voltò leggermente verso di lui, inclinando la testa.
«Che c'è?» chiese con un sorriso curioso ma anche molto dolce.
Levi lo osservò per un lungo istante, poi scosse la testa, accennando un sorriso appena percettibile.
"Niente."
Ma dentro di sé sapeva che non era vero.
Non era niente.
Era tutto.

Spazio autrice :3
Olèeeeeee popolo wattpaddiano.
Per fortuna ho visto che il racconto ha preso piede a differenza della parte iniziale e quindi può anche rimanere così.
Vi saluto.
Chu~💙

Il mio primo amore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora