19

3.8K 225 33
                                    

Mi odierete per l'estremo ritardo ma ho avuto parecchi problemi anche con wattpad, il capitolo era pronto tre giorni (se non quattro) fa però mentre stavo scrivendo lo "spazio me" si è arrestata l'app andando a cancellare tutto. Scusatemi davvero tanto, questo capitolo non è chissà cosa perché oltre ad essere stato scritto velocemente è un capitolo di "passaggio". Scusate ancora

CAPITOLO 19
Dopo vari tentativi da parte dei poliziotti di farmi collaborare ci rinunciano e prendendomi di peso mi caricano sulla loro macchina, il senso della mia vita? Nessuno.
Mi portano in caserma e tutto quello che riesco a fare é pensare... Pensare alla mia famiglia, alla mia vecchia vita, a Federico, a Emiliano; è andato tutto a rotoli per colpa di cosa? Beh in realtà non lo so per cosa la mia vita è diventata un inferno, però lo è diventata.
Sono in una sala abbastanza piccola, con i muri grigi, un tavolo al centro e due sedie, su una mi trovo seduta io, l'altra è vuota, ma la mia mente vaga in un altro universo adesso, la mia migliore amica... Chissà che fine ha fatto, mia madre e mio fratello... Sto facendo del male alle persone a cui voglio bene.
Come un immagine sbiadita compare alice sulla sedia di fronte a me
"Ari adesso stai calma e non parlare riesco a sentire i tuoi pensieri"
-ali? Come fai...? Dove sei ti prego ho bisogno di te
"Non posso dirtelo... Non fidarti delle persone, non devi più fidarti di nessuno di loro"
-di chi? Di chi non devo fidarmi?
"A presto"
E una folata di vento se la porta via, lontana da me, fuori da queste mura.
Non mi ero nemmeno accorta che era entrato un poliziotto nella stanza
"Salve"
Cosa dovrei rispondere? Essere cordiale, gentile e dire quello che vuole sentire, oppure essere me stessa? Ormai ho perso tutto non ha senso mentire.
"Signorina può spiegarmi la sua versione dei fatti?"
"Cosa vuole che le dica?"
"Suo fratello è stato trovato morto nel suo letto e la madre sgozzata nella vasca, abbiamo fatto degli esami ed erano morti da qualche giorno perché non ci ha chiamati?"
"Non lo so"
"Signorina deve essere più collaborativa"
"Io non ho fatto niente, non avrei mai torso un capello alla mia famiglia"
"Nessuno la sta incolpando, vogliamo solo delle spiegazioni"
"Voi non state dicendo che li ho uccisi io, ma lo state pensando, e non è vero vi ho detto"
Sto perdendo la pazienza, devo andarmene da qui
"Si calmi"
Balzo in piedi e sbatto le mani sul tavolo
"Come faccio a calmarmi? Me lo spieghi! Ho appena perso la mia famiglia, la mia migliore amica se ne è andata, la mia vita va a rotoli e lei si permette di dirmi di stare calma?"
Due agenti entrano facendo sbattere la porta, si avvicinano e uno di questi mi prende le mani ammanettandomi, mi scortano in una cella fredda, grigia e spoglia, non mi ribello, non combatto nemmeno più.
Mi siedo su quella branda posizionata in fondo alla cella, perché sono qui?
I giorni passano e le giornate sono sempre le stesse
Mi alzo, fisso il vuoto pensando a tutto quello che ho fatto di male, mi portano il pranzo, mangio quelle poche cose che mi permettono di non svenire, torno a fissare il vuoto finche non mi addormento.
I poliziotti mi hanno dato un avvocato il quale dovrebbe aiutarmi a uscire da qui, io lo trovo solo un babbeo in giacca e cravatta che non sa nemmeno come mi chiamo, però devo accontentarmi, o questo o niente. Da parte mia non c'è nessuna collaborazione, non so cosa dire, ho esaurito le parole, voglio solo sapere chi è la persona che ha iniziato tutto questo.
Dopo diciassette giorni una guardia viene ad aprire le sbarre
"Vieni oggi c'è il processo"
"Arrivo"
Percorriamo un lungo corridoio dalle pareti verde scuro, fino a un grande portone doppio in acciaio, la guardia lo apre e ci troviamo in un tribunale vero e proprio.
Vado a sedermi vicino a quello che dovrebbe essere il mio avvocato e il processo inizia
"Chiamo al bancone degli imputati la signorina Arianna Moscolo"
Mi alzo e dopo tempo che sembra infinito vado a dire la mia versione dei fatti, o almeno così speravo...
"Giura di dire tutta la verità, solo e soltanto la verità?"
"Lo giuro"
"Da quanti giorni si trovava in quella casa consapevole di avere due cadaveri al suo interno?"
"Una settimana credo, non ricordo bene"
"Perché non ha chiamato la polizia"
"Avevo bisogno di pensare"
"Beh una settimana non le sembra un po troppo?"
"Come le ho già detto, dovevo pensare"
"Se non fosse stato un anonimato a chiamare la polizia lei lo avrebbe mai fatto?"
...
"È pregata di rispondere, lei avrebbe mai chiamato la polizia per denunciare la morte?"
"No"
"E cosa avrebbe fatto?"

Il mio avvocato grida: OBBIEZIONE
"Accolta"

"Lei si trovava in casa durante la morte dei suoi genitori?"
"No"
"Perché non collabora con la polizia? Potrebbero pensare lei sia coinvolta"
"Non ho nulla da dire"
"Ho finito grazie"
Torno a sedermi, durante il resto del processo non do molta attenzione a nulla, lo scambio di parole tra i due avvocati e il giudice, troppo da pensare ma troppo poco tempo a disposizione.

"Il verdetto è stato deciso"
Una serie di bisbiglii si solleva in aula
"Silenzio prego"
"La sottoscritta, Arianna Moscolo è stata condannata a...

PER IL GRUPPO WHATSAPP MANDATE IL NUMERO IN CHAT.

My stalkerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora