Levi (10)

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Anche quella mattina si era svegliato col piede sbagliato.
In meno di mezzo secondo aveva buttato all'aria mezzo bagno, cosa assolutamente assurda per un tipo ordinato come lui.
Forse quando si dice che il disordine esterno rispecchia un po' ciò che hai dentro era vero, lui era decisamente sconclusionato!
Si stava maledicendo da solo, aveva l'ansia, non riusciva a stare fermo e la doccia era durata un'eternità, consumando tanta di quell'acqua che si stava quasi mangiando le mani.
Alla faccia dello spreco!
Doveva pulire casa, si sentiva impazzire, tutto quel disordine lo snervava ancora di più.
Sembrava quasi si stesse auto flagellando, sporcava da solo e ripuliva.
Non aveva neppure voglia di andare in ufficio, doveva affrontare Erwin, litigare, chiarire, lavorare a contatto con lui...
Era stupido, ma probabilmente avrebbe evitato lo studio ancora per un po'.
«Meow»
La palla di pelo salì sul piano della cucina e salutò il padrone appena arrivato con l'intenzione di prepararsi un bel caffè.
Sarebbe andato sicuramente al bar, ma per com'era agitato poteva prendersi quanti più caffè possibili.
Si lo sapeva, si sarebbe ucciso il sistema nervoso, ma di certo in quello stato non poteva bersi un tea.
Snervante!
Era snervante anche se stesso in quel momento.
Sospirò.
Il micio continuava a lamentarsi cercando di richiamare la sua attenzione, dopotutto doveva mangiare anche lei povera bestia.
Automaticamente aprì un pensile e prese una scatoletta di carne prelibata e condita con un ottimo sugo da gourmet, andò a servirlo e gli fece una leggera carezza sul capo.
Trattava quel micio anche meglio di se stesso.
Ad un tratto entrambi girarono la testa verso la porta.
Un rumore alquanto familiare attirò la loro attenzione.
Il gatto guardò il padrone e lui guardò il gatto.
«Non guardarmi in quel modo!»
Il micio fece un'espressione quasi come a dire "ok, ma non dire che non te lo avevo detto" e tornò a mangiare beato.
Davvero, certe volte pensava che i gatti fossero davvero inquietanti, leggenda narrava che dietro di loro si nascondessero veri e propri umani, forse era probabile.
Dopo quel lieve rumore si appoggiò con l'orecchio alla porta ma non sentì alcun rumore, era però sicuro di aver sentito la porta di casa del vicino aprirsi, anche il gatto lo aveva sentito, era quindi tornato!
Quella settimana gli era sembrata davvero infinita ed Erwin era venuto a chiudere il quadro già perfetto, ora come ora la sola voglia che aveva era quella di sotterrarsi senza dover più sottostare a quel caos mentale e a quell'agitazione fisica.
Sospirò di nuovo avvilito e si sedette sul divano.
L'orologio sopra la TV ormai segnava le 11 quando finalmente sentì un segno di vita, un tonfo pesante, come qualcosa che cade e si infrange.
Decise di infilarsi subito una tuta e correre a vedere, senza neppure inventare una scusa, forse ci avrebbe pensato al momento, arruffò il pelo del gatto appallottolato sul divano e ormai infastidito e si chiuse la porta di casa dietro.
Suonò il campanello, poco dopo sentì un'altro rumore.
Stavolta era chiaramente un vetro rotto, cosa diavolo stava succedendo lì dentro?
Come al solito aspettò un po' prima di ritrovarsi il vicino di fronte ad aprirgli la porta, un po' sudato, affaticato e in mega soggezione, era arrossito leggermente prendendo l'orlo della maglia leggera e smanicata che portava per attorcigliarla e tirarla più giù possibile.
Solo allora si rese conto che in effetti era venuto ad aprirgli in mutande.
Fece finta di non farci caso per non innervosirlo ulteriormente e si avvicinò un po' cercando di non apparire minaccioso.
Se ci fosse riuscito voleva una medaglia.
«S-si?»
«Possiamo parlare moccioso?»
Spalancò gli occhi guardandolo spaventato e rimase incantato arrossendo all'inverosimile, quasi avrebbe voluto baciarlo ma si trattenne e decise di rimanere serio, non doveva fare stupidaggini, si doveva concentrare e risolvere quel tumulto e quell'imbarazzo che li stava distruggendo da giorni.
Scosse leggermente la testa «S-si certo!»
Si fece da parte per farlo passare e Levi corse contro la propria volontà verso il divano, si sedette e alla fine sparò la prima stronzata che gli passò per la testa «Sei arrivato da tanto?»
Ma che razza di domanda era? Sembrava uno stalker!
«No, da un paio d'ore più o meno» guardò altrove per non doverlo affrontare direttamente.
Il cervello gli suggerì il rumore di vetro che aveva sentito poco prima e allora approfittò per fare conversazione.
«Tutto bene? Ho sentito dei rumori strani» spiegò come se fosse stato il motivo della sua visita. Come se ci fosse stato bisogno di entrare e andarsi a sedere sul divano di casa sua e dirgli di parlare solo per dei rumori.
Tutto molto logico, certo.
Eren passò una mano sulla nuca grattandosi leggermente, quasi incerto, non sicuro di cosa rispondere.
«Io... ecco... ho rotto un po' di cose in cucina s-senza volere è che...»
Si alzò di scatto facendolo interrompere e si avvicinò di molto, tanto che vide il suo corpo inarcarsi un po' all'indietro, come a voler mettere un po' di distanza fra i loro corpi.
«Il solito imbranato... Dove sei stato moccioso» finì per sussurrargli quasi sulle labbra.
Se solo fosse stato qualche centimetro più alto non avrebbe dovuto faticare per raggiungerlo!
Perché poi lui era così alto!
Lo vide chiudere gli occhi e prendere un grosso respiro.
«Guardami!» disse convinto.
Non dovevano continuare in quel modo, dovevano sciogliersi, rompere il ghiaccio, conoscersi, altrimenti non sarebbero andati da nessuna parte.
I suoi occhi finalmente aperti andarono a completare la meraviglia che finalmente poteva ammirare di nuovo dopo tanto tempo, forse era esagerato persino per lui, ma quando vedeva quello sguardo dolce, gli occhi verdi brillanti e lucidi, le gote arrossate, le piccole lentiggini spruzzate qui e là, e la bocca ridotta ad una leggera linea rosa si sentiva quasi impazzire.
Avrebbe voluto guardarlo per ore ma il piccolo pensò bene di aprire bocca e rovinare l'atmosfera.
«

Il mio primo amore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora