Insostituibile - Capitolo 9

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Rivelazioni.

Viaggio lungo il ponte di Brooklyn, nella speranza di raggiungere la casa dei Domnhaill e trovare qualche risposta per le infinite domande che popolano il mio cervello.
Dopo aver stilato mentalmente una lista dei pro e dei contro per una visita all'appartamento dei Domnhaill, ho deciso di buttarmi a capofitto nella questione.
È stato impossibile, per me, rimanere a casa sapendo che ci fosse un segreto che mi stesse aspettando.
Folle. Ma necessario.
Ho avvisato Peter di una mattinata all'insegna dello shopping.
Sebbene fosse perplesso della mia strana ed inusuale trovata, non ha opposto una salda resistenza.
Non è un'abitudine, per me, uscire per fare shopping.
Non che non mi piacesse, è chiaro.
Ma Christian ha sempre preferito semplificarmi il lavoro, permettendomi più volte di appoggiarmi alla consulenza della sua personal shopper.
Credevo di suscitare anche qualche sospetto nel vecchio uomo.
Normalmente, quando trovo scuse improbabili è perché sto andando incontro a situazioni non trattabili.
Tuttavia Peter mi è sembrato abbastanza fiducioso.
Con mille pensieri per la testa, ho preso l'auto e ho raggiunto l'indirizzo che Camille mi ha fornito ieri.
Chiaramente non ho avuto fortuna.
I Domnhaill non risiedono più in quell'appartamento da più di 5 anni. Più o meno gli anni che sono passati da quando, per l'ultima volta, sembra che io abbia messo piede all'istituto.
Coincidenze o no, la situazione continua a non piacermi.
Il vicino della famiglia, nella loro casa di Manhattan, mi ha fornito un solo indirizzo. Quello in cui, a seguito dell'abbandono dei loro impieghi, l'intera famiglia si era ritirata. E quella in cui, di solito, si ritiravano durante le festività.
Visto che è stato impossibile ottenere un recapito telefonico, mi sono accontentata del semplice indirizzo.
Certo, è l'ennesima mia follia.
Potrei prenderle di santa ragione da Christian.
Potrei pure spingere Gillian, al suo ritorno dal viaggio in Texas con mio marito, a pensare di spezzare le mie gambe per la mia costante irresponsabilità.
Ma sembra l'unica certezza in questo momento di caos. Almeno, lo è per me.
Per quanto provi a ragionare con prudenza, la voglia di sapere e chiarire i misteri mi spinge ad agire d'impulso.
Per distrarmi dai miei pensieri alzo notevolmente il volume della radio, riuscendo in parte a distrarmi.
Il preciso luogo indicato dal vicino non si trova, ovviamente, sotto al naso.
Mi occorrono più di sei giri, infinite marce indietro per ritornare sui miei passi e vie senza uscita, prima di trovare il posto giusto.
Una villa residenziale in una zona chiaramente chic, fiancheggiata da altre ville imponenti e dalle apparenze lussuose.
Per un attimo arrivo a pensare che il vicino mi abbia mentito.
Considerando le recenti esperienze arrivo a credere che possa anche essere una persona ingaggiata dai nostri nemici.
Ma caccio via tutte quelle ipotesi.
Nessuno in particolare mi ha spinta a cercare questa famiglia, sono stata io ad andare all'istituto per scoprire pezzi del mio passato che mi mancavano.
L'unico che potrebbe essere accusato e Trenton, mio fratello. Ma per cosa?
Quindi, perché dovrei ritirarmi adesso?
Scuoto la testa per scacciare i pensieri e scrollo le spalle per spingere via ogni insicurezza.
Parcheggio la mia auto davanti alla villa dei Domnhaill. Più per sicurezza che per comodità.
Per quanto voglia dimostrarmi tranquilla, sono sicura di sembrare una bambina che si è appena persa in un vicolo malfamato nel cuore della notte.
L'esagerazione.
Il fresco venticello invernale che tira mi fa rabbrividire.
Nonostante l'atmosfera natalizia allegra e riscaldante del paesaggio dinnanzi a me, io mi sento cupa e congelata. Niente di tutto ciò che vedo riesce a scaldare il mio cuore, o comunque rallegrarmi.
Ultimamente sono diventata più malinconica del solito, lo ammetto. Ma dopo le recenti esperienze vissute, è come se avessi coltivato almeno un senso del pericolo più funzionante.
E adesso, a discapito di prima, posso chiaramente percepire il pericolo.
Quello che i Domnhaill - se li vedrò, è chiaro- potrebbero dire può piacermi, come no.
So di essere pronta a sentire tutto ciò che hanno da dire, ma non so precisamente fino a che punto.
Fino a che punto voglio scoprire?
Con questi pensieri cammino lungo il vialetto di pietre nere, fermandomi poi a qualche passo dall'ingresso.
Esito parecchio prima di decidermi a suonare, stringendomi nella giacca nera per trovare conforto.
'Sei venuta fin qui per capire cosa sta succedendo attorno a te. È giusto che ti faccia avanti, e che chiarisca una volta per tutte i tuoi problemi. Su, suona!' mi faccio coraggio mentalmente.
Sospiro e annuisco.
"O la va, o la spacca Abby".
Con la stessa foga alzo il braccio e suono il campanello.
All'inizio non ricevo nessun responso. Anche se fosse contraddittoria come cosa, mi sento molto più sollevata.
Vorrei convincermi di essere pronta a sapere, ma non metto in dubbio di avere una fifa tremenda.
Suono un'altra volta, e all'ennesimo silenzio decido di ritirare in battuta.
Appena volto le spalle, però, la porta si apre facendomi pietrificare sul posto.
'Perché il cigolio della porta mi sembra sinistro?'
"Chi è?" domanda una voce di donna anziana.
Mi giro lentamente, tremando come una foglia su un ramo.
Sorrido.
La donna mi guarda confusa, mentre scruta con circospezione la mia figura.
"Chi cerchi?"
Sono più inquietante io con questo giaccone nero che lei con la vestaglia nera ed i capelli arruffati.
"Cerco Lucas Domnhaill" spiego con un filo di voce.
"Lucas....Lucas Domnhaill dici?" domanda a sua volta.
"Sì, Lucas Domnhaill" confermo.
Il suo viso si storce in una smorfia, mentre riflette sul nome che le ho appena fornito.
Poi dopo un po' solleva lo sguardo, per osservarmi con un sorriso sulle labbra.
"Buongiorno cara. Come aiuto?" domanda mangiandosi qualche parola.
Questa volta sono io a guardarla perplessa.
Mi prende in giro?
"Buongiorno signora...." mormoro "Cerco Lucas Domnhaill".
"Chi è Lucas Domnhaill?" chiede a me.
Serro la mascella in una linea dura, tenendo a bada i nervi.
Che razza di domanda è? 'Te l'ho chiesto io forse?'
"Credo di aver sbagliato posto. Scusi il disturbo" mormoro affrettandomi ad andare via.
La donna, fino ad allora tranquilla, comincia a piagnucolare.
"Non andare..." dice singhiozzando "Non andare anche tu...".
Varca la soglia della porta e mi raggiunge nel vialetto.
Io indietreggio impaurita, mentre lei mi afferra per il braccio e mi scuote piano.
"Non andartene...." mormora ancora.
"La prego, mi lasci" rispondo con finta compostezza.
Provo anche a spostarmi dalla sua presa, ma lei continua a riprendermi nuovamente.
"Perché vuoi andare via?" chiede "Forse non ti piaccio?".
"No, non è così...ma devo andare" mormoro "Mi lasci, la prego signora..".
La sua stretta si fa più salda, mentre nei suoi occhi si accende una strana luce.
"Cosa ci fai qui? Perché sei nel mio giardino?" chiede in tono minaccioso.
"Come? Signora, ma che le prende? Mi lascia andare" ripeto più spaventata di prima.
Agito malamente le braccia, facendo affaticare sia me che la signora.
In mezzo a tutto questo trambusto, in mia salvezza, ci raggiunge un uomo nella sedie a rotelle.
"Bernardine" richiama la signora "Lascia andare la ragazza!".
"Questa qui intrufolarsi a cassa nostra" replica la signora.
"Non è vero. Mi creda, non avevo quelle intenzioni" ribatto prontamente in direzione dell'uomo, scostandomi definitivamente dalla donna "È lei che mi sta accusando ingiustamente, non ho nessuna cattiva intenzione".
"Tranquilla, ti credo" replica l'uomo "Bernardine, su entra a casa".
Si avvicina trascinandosi sulla sedia, per poi far cenno alla donna di entrare.
Questa mi sorride educatamente calmandosi, e con mia sorpresa, obbedisce all'uomo.
"Ti chiedo perdono se si è comportata male con te" mormora imbarazzato il tizio "Soffre di Alzheimer. Sai, la vecchiaia...gli sbalzi d'umore..".
"Oh, mi dispiace" mi scuso a mia volta mortificata al massimo "Non volevo accusarla, stavo solo cercando di farle capire che fossi innocente...mi dispiace, non volevo essere sgarbata".
"Non ti preoccupare, stai tranquilla" mi sorride dolcemente "Piuttosto, chi sei? Hai bisogno di aiuto?" domanda squadrando la mia figura, e soffermandosi poi sul pancione.
Seguo il suo sguardo, per captare prontamente i suoi pensieri.
"Oh, no no" scuoto la testa sorridendo "Non sono qui per chiederti aiuto. Cioè, non per chiedere soldi o altro per questo" chiarisco indicando il pancione "In ogni caso...scusami, mi presento. Sono Abby Ross, o Ryan. Così magari mi riconosce qualcuno. Sono qui per incontrare Lucas Domnhaill. Sono stata al suo appartamento a Manhattan, ma il vicino mi ha indirizzata alla villa residenziale a Brooklyn. Devo necessariamente incontrarlo. Magari sei...".
"Abby? Quella Abby?" domanda sorpreso.
"Dipende da cosa intendi per quella Abby" faccio spallucce.
"Abby, sei nostra amica da sempre" enfatizza allegro.
"Allora, sì" annuisco "Sono quella Abby".
"Cristo Santo, non ti avevo riconosciuta all'inizio. Sei cambiata moltissimo! È passato quasi un secolo dall'ultima volta che ti ho visto" dice anche lui, ripetendo le parole di Camille del giorno prima.
Sorrido. "Lucas Domnhaill quindi?".
"Cosa?" chiede un po' confuso.
"Tu, sei Lucas no?" chiarisco ulteriormente.
"Simpatica, siamo simili. Ma non così tanto da poter essere scambiato per Lucas!" ridacchia.
'Accidenti!'
"Allora, tu..." mormoro, ma vengo interrotta.
"Dave?" lo richiama una ragazza dalla soglia della porta "Cosa fai lì?"
'Non è Lucas' penso abbattuta.
"Abby, lei è mia moglie" chiarisce Dave, l'uomo che ho scambiato per il mio amico "Dorothy, avvicinati".
La ragazza si chiude la porta alle spalle, e riparandosi dal freddo nel giaccone, si avvicina a noi.
"Dorothy, lei è Abby" mi presenta con un raggiante sorriso "Hai presente la ragazza di cui ti parlo qualche volta?" domanda, e lei annuisce "Ecco, è lei Abby. Lucas rimarrebbe di sasso se la vedesse qui".
"Piacere Abby, Dave mi ha parlato moltissimo di te. Io sono Dorothy" mi porge la mano.
"È un piacere Dorothy" ricambio com educazione e affetto.
"Non intendo lasciarti andare, se non dopo averti chiesto delle spiegazioni mia cara Abby. Rimani a pranzo da noi" annuncia Dave, ricevendo l'ok anche dalla moglie.
"Oh no no" mi affretto a dire "Non vorrei essere di disturbo, in più non ho avvisato a casa. Starebbero tutti in pensiero per me...".
"Ah, tutte scuse Abby" mi zittisce Dave "Tu rimani qui, al costo di tenerti in ostaggio".
Impallidisco di fronte alla sua affermazione, ma vengo tranquillizzato da Dorothy.
"È fatto così Abby, non é serio".
"Ci mancherebbe" replico con una nota di ironia.
"Su, vieni" mi invita la ragazza.
Annuisco e senza altra scelta li seguo verso l'ingresso.
"È stata ricevuta da Bernardine" spiega Dave, mentre Dorothy lo accompagna verso una rampa.
"Oh cielo, mi dispiace che abbia dovuto sorbire gli atteggiamenti strani di mia madre. Purtroppo è malata, non l'ha fatto di proposito" si scusa Dorothy.
"Tranquilla, non é successo nulla. Mi sono solo spaventata, perché non sapevo chi fosse e perché mi stesse accusando ingiustamente" chiarisco, mentre do una mano alla ragazza per portare dentro Dave.
L'interno della villa non smentisce il lusso che mostra all'esterno.
Un ampio salone ci accoglie con calore, e la magica atmosfera natalizia mi cattura completamente.
Questa volta, decisamente più tranquilla, riesco a godermi la pace.
In soggiorno, di fronte al camino, giocano il figlio di Dave ed il suo cane. Un Golden Retriever grande e giocoso.
Attorno a lui, sparpagliati sul pavimento lucido, vi sono numerosi giocattoli. Alcuni in parte distrutti dal modo in cui li tratta, altri completamente nuovi.
"Perdonami per il caos, ma Patrick è incontrollabile a volte" si scusa ancora Dorothy.
"Ci sono abituata" chiarisco "Ho vissuto qualche anno in mezzo ai giocattoli di mia nipote, quindi capisco perfettamente come può essere gestire i bambini" ridacchio.
"Dammi la giacca" mi chiede "Quindi per te sarà il primo? O la prima ovviamente" si informa.
"In realtà i primi. Un maschio ed una femmina" le sorrido orgogliosa.
"Ma è fantastico!" esulta prendendo il mio soprabito "Auguri allora!".
"Grazie" sorrido allegra.
"Chi è il fortunato che si è aggiudicato il tuo cuore allora?" domanda Dave.
"Christian Ross, non so se lo conosci però".
"Ma scherzi? Ricordo perfettamente Christian!" replica facendomi imbarazzare "E quindi, è lui tuo marito? Ci avrei scommesso che sarebbe nato qualcosa tra di voi. Ma addirittura sposati? È imprevedibile il destino".
"Concordo" replico ed abbozzo un sorriso "Dave, io..." attacco discorso, ma vengo interrotta anche questa volta da rumori sospetti al piano di sopra.
'Che cazzo' penso contrariata.
"Vi lascio soli, è mia madre questa" spiega rapidamente Dorothy, prima di sparire lungo le scale.
Seguo la figura della ragazza fin quando mi è possibile, per riportare poi lo sguardo su Dave.
"Accomodati pure" dice indicando il divano "Patrick, sali su. Papà ha da fare".
Il bambino annuisce, e dopo un saluto con la mano per me, si ritira in camera sua con il cane.
"Stavi dicendo qualcosa" attacca discorso Dave.
"Sì" annuisco "È una cosa abbastanza complessa. E strana, forse" mormoro.
"Credo di aver affrontato situazioni più complesse" allude al suo stato fisico "Posso sopportare di tutto ormai".
"Sei stato sempre così?" chiedo indicando la sedia a rotelle.
"Posso farti una domanda Abby?" risponde con un'altra domanda.
Annuisco.
"È da prima che sto notando questo particolare" comincia a dire "Da come parli, mi sembra di capire che nemmeno ti ricordi di me. Come se avessi gettato al vento i ricordi sul nostro passato" statuisce.
Sospiro rumorosamente e abbasso lo sguardo, mentre cerco un modo per spiegare al meglio la situazione.
"Non hai completamente torto" inizio prendendo una generosa boccata d'aria "Sono successe diverse cose in questi anni, sarebbe anche troppo raccontarle tutte. Ho affrontato parecchi problemi, veramente assurdi per una ragazza. Sono stata costretta a frequentare alcune persone, e ciò mi ha portato una serie di problemi" spiego.
"Sei nei pasticci?" domanda attento "Ti posso aiutare".
"Ti ringrazio" sorrido "Non sono nei problemi, almeno non nel tipo di problemi che credi tu. E sì, ho bisogno del tuo aiuto. Ma non è nulla di faticoso".
"Faticoso o no, sono pronto a fare di tutto" decreta serio.
Gli rivolgo un sorriso e continuo a raccontare. "Ti dicevo, il mio problema è abbastanza serio. Ieri sono uscita con mio fratello, Trenton. Lo conosci?".
"Lo avevo incontrato un paio di volte. Ma nulla di importante da raccontare".
"Oh ok" annuisco "Insomma ero con lui, e mentre eravamo in macchina siamo passati dall'istituto dove io ho, a detta degli altri, ho insegnato".
"Che vuoi dire con questa ultima frase?" chiede con tono di voce impaurito.
Ha capito.
"Dave, io non ricordo nulla" confesso tutto d'un tratto "Ho provato a girare sulla questione, ma è impossibile. Io non ricordo nulla che riguarda i giorni passati in quell'istituto. Né di quello né di..".
"Lucas e me..." finisce la frase con una nota di tristezza.
Annuisco abbattuta, abbassando mortificata anche lo sguardo.
"Ma...com'è successo?" domanda.
"Non lo so...non so nemmeno io come sia potuto accadere" rispondo toccando la testa "In realtà, se non fosse stato per mio fratello non lo avrei nemmeno scoperto. Voglio dire, non mi sarebbe mai passato per la testa".
"Cosa non ricordi in particolare?".
"Momentaneamente non sono in grado di fornirti una risposta. Mi servirebbe l'aiuto di qualcuno che conosce il mio passato. Ma non ho nemmeno la minima idea di come approcciarmi a questa persona. Cosa le dovrei domandare? Ho dimenticato il mio passato, aiutami a ricordare?".
"Su, non essere severa con te stessa" dice dolcemente "Vedrai che una soluzione la troveremo. Io posso aiutarti" dice poi "Sempre con qualche limite. Ma non è sempre meglio di non sapere nulla?".
"Beh, si" confermo.
"Bene, vieni con me" dice poi "Ti do una mano con i ricordi".
Dave mi guida verso una porta, che poi si rivela nascondere una cantina.
"Dovrei avere un baule pieno di vecchie fotografie. Ci dovrebbe essere anche qualcosa di Lucas, mio fratello".
"Quindi Lucas è tuo fratello?" domando, mentre con aria distratta mi guardo attorno.
"Certo, è ovvio" statuisce "Scusami, sì è mio fratello" chiarisce.
Annuisco.
"Potresti avvicinare quel baule lì?" domanda.
Seguo il suo dito che indica una vecchia cassa e mi avvicino a passo svelto.
L'oggetto è abbastanza pesante, il che mi fa capire che dentro vi sono molte cose.
Una volta aperta, infatti, mi ritrovo davanti una grande quantità di fotografie e oggetti vari.
Qualcosa che il proprietario, chiunque esso sia, ha custodito con molta cura.
"Questa è un po' di roba mia" chiarisce Dave "Sono un ex militare, quindi queste sono solo collezioni di medaglie e distintivi".
"È così che ti sei fatto questo quindi" indico le sue gambe.
"Proprio così" annuisce fiero "Però quando ci siamo conosciuti ero sano, sai?" ride.
Non posso far altro che ridere con lui.
Non per la battuta. Più che altro per dare supporto alla gioia con cui esprime un qualcosa di doloroso.
Non curandomi minimamente della polvere, mi siedo sul pavimento. "Come ci siamo conosciuti Dave?".
"Mmm, alla parata di Saint Patrick di New York. Mio fratello ti aveva invitata, e hai conosciuto anche mia madre. Christine".
"Non ricordo" sbuffo.
"Non ti preoccupare. Non devi ricordare adesso, basta che tu sappia" mi solleva il morale "Quindi, ci siamo conosciuti in quell'occasione".
"E Christian?".
"Christian l'ho conosciuto per la prima volta al saggio di fine anno. Successivamente vi avevo incontrato un paio di volte, ma niente di rilevante da raccontare" spiega.
"E Lucas? Che ruolo ha nel mio passato?".
"Lucas era il tuo migliore amico. Un'amicizia senza eguali" chiarisce con una nota di dolcezza "Eravate così uniti, così sincronizzati in ogni cosa che facevate. Tanto diversi, ma altrettanto uguali. Eravate un gran bella coppia insieme".
"Stavo con Lucas?" domando presa dal panico.
"Oh no no" ride "Anche se mio fratello nutriva qualcosa di più. Tu lo vedevi come un amico. Un buon amico per la precisione".
"Hai detto eravate. Perché hai usato il passato?"
"Non si tratta solo di una descrizione di una situazione passata. La vostra amicizia si ruppe il giorno stesso del saggio. Così mi ha detto Lucas".
"Per quale motivo?".
"Non lo so, mi dispiace" fa spallucce scuotendo la testa "Però eri molto arrabbiata con Lucas. E vi siete allontanati".
"Oh, strano" mormoro "Eppure niente, non ricordo nulla" annuncio infine.
"Lucas non mi ha mai spiegato il preciso motivo per cui vi siete allontanati" spiega dopo un attimo di pausa "Aveva solo detto che l'errore era suo, e che aveva tradito la tua fiducia".
"Conoscendo il mio carattere, posso confermare di aver potuto trattarlo male. Odio chi tradisce la mia fiducia" annuncio contrariata "In ogni caso non ci siamo più rivisti? Lucas ed io, intendo".
"Credo di no" scuote la testa "Eri venuta a cercarlo solo una volta, ma Lucas aveva chiaramente chiesto di dire che non era in casa. Non è uscito molto spesso, e dopo tre o quattro giorni è anche partito definitivamente per l'Irlanda".
"Definitivamente?" domando sorpresa "Quindi adesso se per caso volessi incontrarlo, non è fattibile?".
"No" sospira "Non vedo mio fratello da più di tre anni ormai".
"Tre? Allora è tornato a New York" mi illumino.
"È un altro no" fa spallucce "Sono andato a trovarlo io, quando mi avevano concesso qualche mese libero prima di andare a combattere. Durante il conflitto ho anche subito la perdita delle gambe. Era diventato faticoso viaggiare, quindi non sono più partito" spiega "Da quando ho sposato Dorothy non ho più avuto voglia di separarmi da lei. Perché la amo, e poi perché le condizioni di salute di Bernardine non permettono viaggi molto lunghi" conclude.
Sospiro abbattuta e rilasso le spalle.
La mia missione per chiarire le idee si sta rivelando quasi un fallimento.
Non è possibile incontrare Lucas, e le parole di Dave mi danno solo una parziale visuale del mio passato.
'Cosa potrei fare di più?' mi domando mentalmente.
"Non abbatterti Abby" ripete Dave "Magari, posso provare a contattare Lucas. Credo gli farebbe piacere sapere che vuoi parlargli".
"Non ricordo nemmeno cosa gli ho detto l'ultima volta che l'ho visto" borbotto "Come vuoi che mi presenta? Non penserà che sia incoerente?".
"Abby, per come ricordo io, la vostra amicizia era in grado di sconfiggere qualsiasi divergenza tra voi due" annuncia "Io, conoscendo anche miofratello, penso che la prenderà piuttosto bene. A chi non farebbe piacere sapere che l'ex amica ti vuole sentire nuovamente? Devi solo essere più fiduciosa nel rapporto che legava".
Non replico nulla, e lascio che il mio silenzio gli faccia capire il corso dei miei pensieri.
Credo sia folle. Credere, o anche sperare in una cosa di cui non ho nessun ricordo.
"Io lo contatto" decreta, poi, in uomo fermo "Che ne dici se la mettiamo su questo piano. Io lo avviso su un recente incontro con te. In base alla sua reazione decideremo come proseguire. Cosa ne pensi?"
"Beh, non ho l'imbarazzo della scelta tra mille ipotesi. Se credi sia fattibile...ci sto" accenno un sorriso.
"Così ti riconosco" sorride raggiante "Questa è la ragazza che ho conosciuto".
Nelle prossime ore mi mostra altre foto e mi racconta molte più cose.
Sebbene le sue parole non avessero nessun tipo di riscontro in me, è stato interessante far luce sulla questione.
Non credevo di aver potuto legare così con qualcuno oltre Christian. Eppure Lucas ha avuto grande importanza per me. È stato sempre presente in molte occasioni. A supportarmi, e sopportarmi.
Mi sono anche chiesta come non abbia potuto notare il sentimento che nutriva per me.
Forse non era evidente? O forse era la presenza del mio attuale marito?
Alla fine mi convinco io stessa che è opportuno, nonché la miglior scelta, contattare direttamente il mio ex amico.
Forse è anche il caso di fare una visita al medico che mi ha assistita durante le cure ed il periodo di convalescenza.
Questo improvviso "vuoto di memoria" un motivo lo avrà. No?
È una delle domande che mi ossessiona lungo il tragitto verso casa, prima che mio marito chiami e inneschi una seconda bomba.
Un biglietto prenotato all'ultimo momento con destinazione Texas, e nessuna spiegazione in merito.

Insostituibile Amore [3]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora