Insostituibile - Capitolo 13

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"Peter, so benissimo che è incazzato con me. Ma se non mi rivolge più la parola come posso spiegargli il mio punto di vista?" domando agitando le braccia in aria in un gesto di profonda frustrazione.
"Mr Ross è chiuso nel suo studio da quasi tutta la mattinata. Non credo mi sia permesso di disturbarlo adesso".
Lancio un'occhiata all'orologio al polso e faccio una smorfia di disappunto. È inconcepibile che mi ignori da quasi mezza giornata.
"Non mi risponde né al cellulare, né al telefono dello studio" borbotto "È una punizione fin troppo esagerata Peter" sbuffo contrariata.
Dall'altro lato sento l'uomo sospirare pesantemente.
"Onestamente se doveva dipendere da me, per il suo comportamento irresponsabile avrei optato per qualcosa di più severo. Non rivolgerle la parola è una punizione molto più tenue. Mi creda Mrs Ross" lo difende.
"Questo non potrebbe risolvere la situazione" lo riprendo esasperata.
"Signora, non intendo invadere la privacy di Mr Ross" dice poi in tono secco "Non l'ho mai fatto in vent'anni di servizio, e di certo non lo farò adesso".
"Oh accidenti Peter, tu sei peggio di lui" mi lamento "E poi che diamine sta facendo in ufficio di tanto importante da riuscire ad ignorare anche me?" domando "È un maniaco del controllo, e non riuscirebbe a non controllarmi per molto!".
"Credo stia lavorando al computer" mi comunica dopo un po' "Eppure non credo che sia per quello. È stato chiaro nel comunicare le sue intenzioni. E nella maggior parte dei casi, se impone a sé stesso di comportarsi in una determinata materia,non demorde facilmente".
Ruoto gli occhi al cielo ed ignoro le sue parole.
"Bene, vorrà dire che lo contatterò con un'email. Non riuscirà a cancellarla senza nemmeno leggerla" annuncio "E Peter?" lo richiamo.
"Sì, signora?".
"Giuro che divento una belva se lo avvisi dei miei attuali piani".
"Sarò muto come un pesce signora" afferma l'uomo prima di interrompere il collegamento.
Sospiro rumorosamente e getto il cellulare sul ripiano della cucina.
Dopo aver visto mio fratello sparire in cima alle scale avevo deciso di chiamare Christian per placare la sua ansia. Tuttavia i miei sforzi sono stati del tutto inutili.
Mi aveva già messa da parte molto prima, precisamente quando gli avevo chiuso il telefono in faccia prima di mettere in atto la mia “folle idea” come l'ha definita lui.
Non era intenzionato a rivolgermi la parola, mi ha detto chiaramente tra le mille parole pronunciate a raffica durante l'unica chiamata alla quale mi ha risposto. Senza lasciarmi nemmeno il tempo di fiatare.
E un po' me la sono cercata, poiché so di essere stata una totale incosciente.
Eppure sono sana e salva. Con un fratello in più, oserei aggiungere felice.
Peccato che la mia gioia sia incondivisibile con mio marito. Sbuffo.
Appoggio il mento sulla mano e fisso sconsolata un punto nel vuoto. “Dovrei procurarmi un computer”.
Non ho pensato di portarmi il portatile quando sono partita per venire qui, e forse non credevo nemmeno che mi sarebbe servito per riappacificarmi con Christian.
Potrei chiedere a Bennett, penso. Ma non ne tengo nemmeno conto.
Sono troppo orgogliosa per chiedere aiuto a lui.
Oppure potrei chiedere ad Evan, mi illumino allegra. Mi sembra più sensato, e sarebbe anche molto meno vergognoso scendere a compromessi con lui.
“Ma sì” sorrido tra me. Recupero in fretta il mio cellulare e mi fiondo verso la stanza di mio fratello.
Prima di bussare mi do una rapida sistemata e progetto mentalmente un discorso da fargli. Sarò breve, ma educata. Sì, proprio così, penso sorridendo come un ebete.
“Evan, posso disturbarti?” quasi sussurro mentre busso docilmente alla porta.
“Abby, entra pure” risponde lui, completamente tranquillo, dall'interno della stanza.
Prendo un'esagerata boccata d'aria e spingo in avanti la porta di legno bianco.
Evan è seduto a gambe incrociate sul letto, con la testa china su qualcosa che a prima vista sembra un quaderno.
"Ti disturbo?" domando ancora una volta, sorridendo ancora di più come una deficiente.
Quanto mi mette di buon umore vedere mio fratello? Troppo.
"Assolutamente no Abby, stavo solamente dando un'occhiata ad un registro delle entrate di questo mese" spiega chiudendo il registro contabile, lo stesso che io avevo scambiato per un semplice quaderno. Che idiota.
"Lavori con tuo padre?" chiedo.
"No, non proprio" replica.
"Allora dirigi qualche azienda?" domando estremamente orgogliosa.
"Non so se posso definirla proprio un'azienda per come la intendi tu.." si gratta la nuca "Ma sì, sono comproprietario di una discoteca...il Black Horse. È uno spasso credimi...ma siediti intanto" sorride fiero, mentre mi indica la sedia di fronte alla scrivania.
"Una discoteca?" domando "Sembra bello" rispondo sincera.
"Oh, lo è" annuisce facendomi l'occhiolino "Adoro stare al Black Horse. È uno dei posti che più amo, oltre qui" si indica attorno "In più amo la musica alta, le casse che rimbombano sulle note di qualche brano potente...sì, lo amo".
"Anche io!" rispondo contenta
"A me piace ballare" affermo senza un preciso motivo "Andavo raramente in discoteca, però mi piaceva un sacco scatenarmi quando ci andavo...adesso questo mi frena notevolmente, senza bisogno di nominare Christian" ridacchio accarezzando la pancia.
"Beh, è comprensibile" mi segue ridendo "Anche io avrei impedito di frequentare discoteche a mia moglie, se fosse stata nelle tue condizioni" aggiunge indicando il pancione con un cenno del capo "È un bambino?" domanda poi, un po' impacciato.
"Ovviamente" gli faccio eco "Comunque si tratta di un bambino...e di una bambina. Sono gemelli".
"Uh" emette un fischio "Auguri allora Abby".
"Grazie" mormoro imbarazzata dalla sua improvvisa attenzione nei miei confronti "Quindi, come vanno le entrate?" mi informo, realmente interessata ma forse più intenzionata a spostare l'attenzione da me .
"Alla grande" esulta "In realtà non ho mai avuto problemi di entrate...credo che un gestore di discoteche non abbia proprio problemi con le entrate" ride di gusto.
"Concordo" lo imito ridendo.
Lui smette dopo un po', iniziando a fissarmi senza battere ciglio.
"Cosa c'è?" domando smettendo di ridere, e toccando la faccia come per cercare qualcosa fuori posto.
Magari trova strano qualcosa sulla mia faccia, penso toccandomi il viso.
"Nulla...solo, hai lo stesso sorriso di mia madre" chiarisce.
Mi zittisco all'istante, sentendo poi il battito del cuore accelerare smisuratamente.
Forse dovrei dirgli la verità.
Forse è giusto che lui sappia chi sia io. Adesso, e non più in là. Da me stessa.
Ma sarebbe disposto ad accettarmi? Riuscirebbe ad inserirmi in famiglia, nella sua famiglia, senza vedermi diversamente? Magari senza provare odio nei miei, o nei confronti di Bennett stesso.
Lo fisso anche io senza proferire parola, fin quando lui stesso non distoglie lo sguardo.
"Mi dispiace...." mormora chiudendo gli occhi e sospirando rumorosamente "Non intendevo metterti in imbarazzo..volevo solamente dire ad alta voce ciò che ho pensato appena ti ho visto sorridermi per la prima volta in soggiorno" si scusa "Sembri in tutto mia madre...come se fosse lei stessa a sedermi davanti...scusami, sembra una cosa stupida..." ride di sé.
Una risata amara. Piena di malinconia.
"No...stai tranquillo, non fa niente" abbozzo un sorriso "Dov'è tua madre?".
Sorride tra sé, e con un dito indica in alto. Il soffitto, ed oltre quello il cielo. "In paradiso".
Sebbene fossi al corrente della morte di Evelyn, mia madre, non riesco a non cogliere la nota di tristezza nella voce di Evan.
"Non ho potuto vivere con lei abbastanza esperienze per poterle ricordare fino ad ora...ci ha lasciati quando avevo due o tre anni...troppo piccolo per capire cosa stesse succedendo attorno a me".
"Mi dispiace..." riesco a dire, sentendo un'ondata di lacrime inondare entrambi gli occhi.
Si riprende dal suo momento di cedimento emotivo e mi fissa dispiaciuto. "Abby, perdonami!" dice "Ogni tanto mi capita di cedere e coinvolgere anche chi mi sta attorno. In ogni caso, sei venuta a chiedermi qualcosa?" chiede dirottando l'attenzione che gli ruota attorno.
Asciugo rapidamente una lacrima che sfugge dall'angolo del mio occhi ed annuisco.
''Ero venuta per chiederti un favore...ma nulla, credo che ci penserò più tardi...'' mormoro alzandomi dalla sedia per uscire da questo luogo troppo stretto per me. Per i miei pensieri.
Ho bisogno di spazio.
''Oh no, mi faresti sentire in colpa'' replica Evan contrariato ''Ti prego, dimmi di cosa avevi bisogno. Magari posso aiutarti, è questione di educazione trattare adeguatamente un ospite. Mi è stato insegnato così, e non intendo venir meno alle buone maniere impartitemi a causa di un temporaneo cedimento emotivo''.
''Volevo solo chiederti se mi avresti prestato per un po' il portatile, non era nulla di tanto importante. Dovevo solamente contattare Christian, ma posso farne a meno adesso'' alzo le spalle, ancora intenta ad andare via.
''Solo questo? Ma certo che posso'' sorride rallegrandosi ''Ecco, è proprio lì, portatelo con te nella tua stanza se vuoi. E ritornamelo quando te la senti' dice indicando la scrivania alle mie spalle ''Non mi serve a me''.
''Sei gentile, ma credo di passare per ora. Non ricordo nemmeno cosa dovevo dirgli'' alzo le spalle, mentendogli spudoratamente.
''Suvvia Abby, non mentire. Lo capisco che sei turbata dal mio racconto melanconico, ma credimi non è nulla per cui abbattersi così tanto. Piuttosto, lasciatelo alle spalle. Mi faresti felice se smettessi di pensarci'' dice scendendo giù dal letto per avvicinarsi alla scrivania.
Stacca il filo del portatile dalla presa e prende l'apparecchio tra le mani. ''Ecco qui, usalo come fosse il tuo e non preoccuparti di ritornarmelo in tempo. Ti ripeto, non mi servirà a nulla oggi'' spiega mettendomelo tra le mani.
''Grazie Evan'' abbozzo un sorriso tirato.
''Bravissima'' mi da una pacca sul braccio ''Se hai bisogno di me sarò giù in cucina, tra un po' rientra mio padre e devo ancora preparare la cena'' sbuffa afflitto.
Ridacchio per la sua smorfia e mi offro per aiutarlo. ''Se vuoi posso darti una mano''.
''Apprezzo molto il tuo pensiero, però so cavarmela. Sono un cuoco abbastanza bravo, prometto di non molestare molto il tuo palato con i miei piatti'' si gratta la nuca divertito ''E poi sei mia ospite''.
''Ci penso io, Evan'' annuncio in tono pacato ''Dammi solo qualche minuto per contattare mio marito, e prometto che preparerò qualcosa in tempo per tutti'' sorrido ''E una cosa, preferirei se non mi ricordassi che sono ospite. Sembra un modo per mettermi da parte''.
''Oh, mi dispiace..'' mormora mortificato ''Non era mia intenzione...lo dicevo per...''.
''Non fa nulla Evan'' decreto interrompendo il suo discorso ''Faccio delle cose al portatile e poi preparo la cena''.
''Sei fantastica Abby, credo che mio padre sarà felice di non ingurgitare anche oggi qualche mio intruglio'' ridacchia divertito.
''Ti chiamo quando è pronto allora'' mi dileguo con un sorriso raggiante ''Grazie per il portatile, te lo  ritornerò appena finito''.
''Grazie a te per la cena'' mi fa l'occhiolino.
Giro i tacchi e mi avvio verso la porta sorridente, per poi raggiungere a passo svelto la mia stanza.
Nonostante il temporaneo malumore causato dal paragone inaspettato di Evan, non posso far a meno di sentire il cuore leggero e la mente stranamente vuota. Estremamente felice.
Soltanto quando mi siedo sul letto ricordo il motivo per cui mi sono fatta prestare il portatile da Evan: riappacificarmi con Christian.
Sospiro pesantemente e accendo l'apparecchio, mentre mentalmente studio delle parole in grado di scalfire il cuore di mio marito e indurlo a perdonarmi per la mia stupidità.
Un gioco da ragazzi. Sbuffo.
Accedo al programma ed inizio a scrivere la mia email di scuse, tentando di essere il più persuasiva possibile.
'Fa che mi perdoni' prego mentalmente prima di immettere la prima parola nella casella di testo.

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