Insostituibile - Capitolo 26

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EVAN.

Quando Abby mi accompagna al garage di Angel's Heaven per andare a prendere "un'auto" per andare al supermercato, credevo che sarebbe stato come scendere al garage di casa mia.
Niente di tanto entusiasmante, perciò.
Un luogo buio, impregnato dell'odore di auto e motori, pieno di attrezzature varie e chi più ne ha più ne metta.
Quando invece lei mi cede il passo per accedere alla cella privata di suo marito, non posso non evitare di emettere un lungo fischio di approvazione.
Il garage di Christian  è un qualcosa che assomiglia più ad uno showroom automobilistico che un garage vero e proprio. E non lo dico solamente perché il posto luccica e odora di pulito, no affatto. Questo mio commento è dato soprattutto dal numero di macchine parcheggiate.
Una decina, o forse una quindicina.
Tutte auto di lusso, tirate completamente a lucido e pronte per essere portate a spasso da un buon autista.
Mio padre ed io ce la siamo sempre passati bene, certamente, ma non avevamo un garage dalle dimensioni stratosferiche con quasi venti macchine pronte per l'uso.
E la mattina il mio complesso era dato sempre da altre tipologie di questioni. Della serie "E oggi che camicia metto?" o "Faccio colazione a casa, o al Black Horse?".
Sicuramente non mi sono mai chiesto "Con quale auto vado a buttare la spazzatura?".

In una sola settimana passata a casa di mia sorella perciò, ho realizzato una cosa: suo marito è ricco da far stare male.
E la prova sono quel gigantesco attico che lui con nonchalance spaccia per "casa", la titolarità di quasi metà di un edificio al centro di Manhattan per allocare la sua azienda e adesso lo showroom di auto nel seminterrato del complesso di appartamenti in cui vive, sulla Fifth Avenue. Tutto molto poco lussuoso in poche parole.

Abby non fa caso al mio "ammirare" un semplicissimo garage, anzi, la sua attenzione è quasi del tutto rivolta al cellulare con il quale smanetta da quando siamo dentro.
«Quindi quale auto vuoi prendere?» chiede mia sorella sollevando per un nanosecondo lo sguardo dallo schermo del cellulare.
«Uh, posso scegliere quale auto guidare? Sul serio?» strabuzzo gli occhi dalla sorpresa.
Abby mi lancia un'altra rapidissima occhiata della serie 'non l'avevi ancora capito' e poi annuisce decisa. «Così ha detto Christian».
Quella semplice affermazione mi fa sorridere un po. "Davvero Christian mi ha concesso il lusso di scegliere una delle sue auto?".
Tuttavia il mio momento di riconoscenza verso mio cognato e la sua recente fiducia nei miei confronti dura poco. Infatti ben presto mi ritrovo ad osservare con occhi sognanti la carrozzeria di ognuna delle auto posteggiate nello showroom. Tutte magnifiche.
Tra di esse però, come una nota stonata in un perfetto accordo di note, c'è parcheggiata una Mini Cooper nera dal tettuccio bianco.
La prima parola che riesce a formulare la mia testa è obbrobrio. Seguita da scempio, aborto, e chi più ne ha più ne metta. "Come può star lì?".
«Sono tutte meravigliose... - inizio a dire - ...ma quella... È uno scempio Abbe, veramente» comunico a mia sorella.
Ormai stanca - credo - di armeggiare con il cellulare, dedica a me la sua totale attenzione. «Scusami?».
«Beh sì... Quella... Non c'entra niente con tutte le auto parcheggiate qui» annuncio con una smorfia sulle labbra.
In tutta risposta Abby - che nel frattempo si era avvicinata a me - mi molla un colpo di borsa sulla schiena. Borbotto contrariato.
«Sei un cretino - mi dice offesa - Quella è la mia macchina. La mia prima macchina» sottolinea orgogliosa.
«Non avevo dubbi che fosse tua - replico in tono ironico - Solo tu puoi parcheggiare una macchina del genere in mezzo a queste meraviglie del mondo».
«Quella macchina.... - inizia a dire prendendomi per un orecchio -... l'ho comprata quasi otto anni fa, quando ho finito il college e ho preso la patente. L'ho comprata con i miei soldi, risparmiando i regali in denaro che avevo ricevuto sin da piccola e quelli che riuscivo a racimolare grazie al mio lavoro part-time in una gelateria. Perciò portale rispetto. Se è qui è perché ha per me un valore inestimabile» conclude lasciandomi andare.
«Tu lavoravi per qualcun altro?» domando quasi sicuro di risultare abbastanza perplesso. Per come ricordavo i genitori adottivi di mia sorella, nonché miei zii materni, se la passavano piuttosto bene dirigendo un'azienda di loro proprietà.
Mia sorella annuisce con moltissima noncuranza. «Non volevo dipendere da mio padre - chiarisce - Perciò mi ero trovata un lavoretto part-time che mi permettesse di avere qualche soldo mio in tasca. Il mio sogno sin da bambina era quello di comprare da me un'auto, perciò sono molto legata a questa semplicissima Mini Cooper. È il mio gioiello, e proprio per questo motivo la custodisco con cura con i gioielli di mio marito» spiega velocemente.
Annuisco distrattamente, mettendo le mani in tasca. «Davvero molto impressionante, ma quella rimane comunque un obbrobrio».
In risposta ruota gli occhi al cielo in maniera a dir poco teatrale, strappandomi un sorriso di puro divertimento.
«Hai scelto la tua macchina? Ho un mucchio di lavoro da fare invece di perdere tempo con te. Mi permetti o no di fare la spesa per questo benedetto pranzo che ho intenzione di organizzare dopodomani?» domanda isterica.
«Uhm… Credo che prenderò questa» sorrido dando qualche colpetto alla carrozzeria di una Lincoln Continental blu notte. È quella che mi attira di più, al momento.
«Fantastico, così chiedo ad Anthony di portarci le chiavi» mormora un po' scocciata Abby, iniziando a scrivere qualcosa sul cellulare.
«Ovvio - sbuffo divertito io - Perché Christian ha anche incaricato qualcuno per tenergli al sicuro le chiavi. Alla faccia della semplicità».
«Anthony è il portinaio dell'edificio» replica Abby in difesa del marito.
Alzo le spalle per declinare la sua risposta e mi avvicino alla portiera della macchina, scrutando con interesse gli interni dell'auto. Niente da ridire.
Ampi sedili in pelle, tutto rigorosamente pulito, qualsiasi tipo di annessi e connessi conosciuti. Il sogno di ogni uomo, in poche parole.
Nel frattempo veniamo raggiunti da un ometto molto piccolo e un po tenebroso, che con un ampio sorriso si avvicina a mia sorella. Anthony, presumo.
«Sta uscendo Mrs Ross?» chiede con la sua voce che, in contrasto con l'aspetto più o meno tenero, risulta alquanto burbero.
Abby annuisce contenta. «Sì Anthony. Vado a fare la spesa».
«Bene bene - acconsente l'uomo porgendole le chiavi - Ma stia attenta con la macchina, non guidi molto veloce. Lì fuori ci sono tanti pirati della strada, e in più le strade sono poco sicure dopo la nevicata di stanotte» aggiunge anche.
«Non si preoccupi, guida mio fratello. Le presento Evan. Evan, lui è Anthony. L'uomo di cui ti parlavo poc'anzi».
Mi avvicino quindi ai due, e stringo calorosamente la mano al vecchio. Ha una presa estremamente salda per il suo aspetto esteriore
«Il piacere è mio, signore» replico con un sorriso ampio e caloroso.
«Sì sì - borbotta lui spazientito - Mi raccomando, faccia molta attenzione. Non guidi molto veloce con la signora a bordo, mi ha capito?» domanda avvicinandosi a me. Un po' troppo anche.
Lo fisso inizialmente con un sopracciglio inarcato, ma dinnanzi all'insistenza del vecchio – consistente nello squadrarmi da capo a piedi con uno sguardo realmente inquietante – annuisco il più velocemente possibile.
Abby pare notevolmente divertita dalla situazione che si è creata. Se ne sta in disparte, tenendo una mano davanti alla bocca per occultare dietro ad essa un risolino di puro divertimento. Io invece non mi diverto minimamente, sul serio. “E' possibile che pure il portinaio debba farmi la predica sulla sicurezza di mia sorella?” .
Dopo aver ottenuto quindi il mio consenso, l'uomo finalmente si allontana. Ed io inizio a respirare regolarmente. Ha un qualcosa di negativo quel tipo.
Anthony, prima di congedarsi, saluta con fare più ''normale'' mia sorella, e a me rivolge un rapido cenno con il capo che io ricambio rapidamente senza pensarci più di tanto. E quando lascia la cella privata, sospiro con fare teatrale. “Finalmente se ne va!” .
«E' un po inquietante quell'uomo» affermo poco dopo, prendendo al volo le chiavi della macchina che mia sorella – poco galantemente – mi lancia.
«Starà solo seguendo qualche ordine impartitogli da Christian, ne sono sicura» replica mia sorella salendo a bordo dell'auto. La imito anche io e salgo al posto del conducente, per poi mettere in moto la macchina ed accendere subito i riscaldamenti. "Ah, che bella sensazione".
Fa decisamente fin troppo freddo fuori dalle mura dell'appartamento in cui vive mia sorella.
Esco con cura la macchina dal posto in cui era parcheggiata e mi avvio verso l'uscita del garage, aspettando qualche secondo in più, prima di uscire, per permettere alle porte di aprirsi.
Tutto sommato fuori è una bella giornata. Nevosa, aggiungerei.
Fortunatamente oggi – dopo quasi ventiquattro ore di neve senza sosta - non nevica più, ma gli spazzaneve sono comunque perennemente in azione per cospargere grosse quantità di sale sull'asfalto e spazzare via quel po' di neve che in maniera ostinata rimane lungo la corsia. Da parte mia guido anche ad una velocità abbastanza sicura, pensando mentalmente che se Christian fosse qui – forse, con scarse probabilità di avveramento – qualche complimentino me lo avrebbe fatto.
L'auto invece non mi dà alcun tipo di problema. Il motore fa le fusa come un ubbidiente gattino, e nel complesso mi viene molto semplice guidarla.
Abby – esaurimento dato dalla preoccupazione di non riuscire ad organizzare un perfetto pranzo natalizio a parte – sembra molto serena nel complesso.
Dopo il baby shower organizzato ieri sera in suo onore, credevo che il suo umore sarebbe tornato nuovamente su. Invece lei, tanto per caricarsi di ulteriore stress, si è già messa in testa di organizzare questo pranzo con i nostri familiari, iniziando perciò a scervellarsi per portare a termine ogni preparativo.
Ora è seduta comodamente nel posto del passeggero, e tiene continuamente lo sguardo fisso fuori dal finestrino. Immersa forse nei suoi pensieri, ma comunque visibilmente serena.
Ogni tanto controlla il cellulare, come se aspettasse una chiamata o un messaggio importante, ma quando constata di non aver ricevuto nulla, subito si cala nuovamente nei panni da ragazza tranquilla e riporta lo sguardo fuori dall'auto.
Io invece, per smorzare il silenzio a cui non sono mai stato abituato, accendo la radio e mi sintonizzo su un canale locale che dà di continuo, senza sosta, canzoni di ogni genere.
Al momento danno I Really Like You di Carly Rae Jepsen. Abby si illumina di scatto e batte felice le mani. «Potresti alzare un po il volume?» mi chiede.
«Certo» sorrido aumentando un po' di più il volume.
Inizia a canticchiare in modo divertente la canzone, portandomi più volte a spostare la mia concentrazione dalla strada a lei. È veramente uno spasso.

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