Capitolo 24: Nei cunicoli

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Erano passati alcuni giorni da quando Joyce entrò a far parte del nostro gruppo. Era molto vivace, aveva sempre voglia di scherzare su qualsiasi cosa, non stava mai ferma un momento, in poche parole, già mi ero affezionata a quella piccola peste.
Non eravamo ancora riuscite a trovare un modo per attraversare la porta nascosta, ogni idea che ci venisse in mente sembrava sempre banale e troppo scontata. Dopo aver tentato di cercare un libro che sfilandolo avrebbe dovuto aprire la porta, finimmo per muovere praticamente tutti i libri. Avevamo cercato anche se v'era in giro una leva, ma aimè non trovammo nulla.

"Non riusciremo mai ad entrare." Continuava a ripetere Beverly.

"Ce la faremo vedrai, troveremo un modo per entrare." Ribatteva Luna ogni volta.

Diventava ogni giorno più frustrante. Volevo a tutti i costi entrare in quella stanza. Sicuramente conteneva qualcosa di molto importante, perché le fiamme avevano risparmiato quel lato, come fosse stato protetto da un potente magia. Possibile che nessuno riuscisse ad entrare? Nemmeno delle fate? Proprio mentre pensavo a noi che eravamo delle fate mi venne un idea.
In quel momento ci trovavamo nella sala da pranzo ormai deserta, sta di fatto che era metà pomeriggio. Senza nemmeno prendere parte alla conversazione delle altre e senza fare un accenno, mi incamminai per raggiungere la biblioteca. Le ragazze quando mi videro in piedi e camminare via spedita, gridavano esclamativi chiedendomi dove andavo e che cosa stavo facendo. Non le ascoltai e prosegui per la mia strada. Arrivata davanti alla porta mi fermai e aspettai le mie compagne.

"Ci spieghi cosa miseriaccia ti è preso?" Quasi gridò Estelle.

"E come mai sei scappata qua senza dire nulla" proseguì Luna con molta più calma di Estelle.

"Hai per caso trovato un modo per aprire la porta?" Chiese con l'eccitazione che gli cresceva nelle vene Beverly.

"Credo di sì, non so perché non ci abbiamo pensato prima." Notando gli sguardi curiosi fissi su di me raccontai la mia idea. "Essendo che siamo delle fate. Secondo me dovremmo fare qualche incantesimo per aprirlo e non cercare di aprirlo come dei semplici Gariani." Dissi tutto di un fiato, senza nemmeno accorgermi di che cosa avevo appena detto.

"Gariani?" Chiese Abygale arricciando le soppraciglie.

"Chi o che cosa sono i Ga-garliani?" Completo schietta Estelle.

"Gariani non Garliani. Sono gli esseri umani, e non chiedetemi da dove ho preso questo nome perché non lo so neppure io. Non stavo nemmeno pensando a cosa stavo dicendo. Me ne sono resa conto solamente adesso." Dissi tutto d'un fiato. Le ragazze erano più confuse di come non lo fossero già.

"Ma come, te lo sei inventato adesso?" Domandarono Beverly e Abygale simultaneamente.

"No, non me lo sono inventato, credo che lo sapessi, ma non ne ero consapevole." Non sapevo nemmeno io come facevo a conoscere quella parola e anche il suo significato. Se già non capivo io, come facevo a spiegarlo a loro, in modo che capissero? Non ci riuscivo, perciò era meglio cambiare discorso. "Sentite, lasciamo stare come e perché la so, concentriamoci su quello che dobbiamo fare."

"Sì, forse è meglio." Affermò Luna.

"Allora come facciamo ad aprila, sì con un incatesimo, ma quale?" Chiese Estelle quasi in una crisi di nervi. La guardai stupita, sapevo che Estelle aveva un bel caratterino, che diceva sempre quello che pensava e che si arrabbiasse facilmente, ma non era quella la situazione per perdere la calma.

"È questo il problema vero, quale?" Mi chiese invece Luna con molta pazienza.
Feci un piccolo accenno con il capo. Era esattamente quello il problema, quale incantesimo? L'unica cosa che mi veniva in mente era apriti, anche se lo trovavo fin troppo banale, ma come dice il detto tentar non nuoce. Perciò dissi in un sussurro "fatahati" che significa appunto apriti in egiziano antico. La libreria con mia gran meraviglia e anche quella delle ragazze inizio a smuoversi lentamente e rumorosamente, fino a quando un piccolo corridoio scuro si presentò dinnanzi a noi. Presa totalmente dalla curiosità,mi addentrai. Proseguivo con passo svelto, con l'adrenalina che mi ribolliva nelle vene, attenta però su ogni piccolo movimento o rumore. Il corridoio continuò diritto per una decina di metri diventando a ogni passo sempre più buio e tetro, svoltando a destra e poi a sinistra. Dopo un po' arrivai ad un bivio. Lì mi voltai per vedere se le ragazze erano state al mio passo. Tutte e cinque erano dietro di me, nella penombra, sorridendomi eccitata, s'intravedeva però che erano anche preoccupate. Feci apparire due piccole lanterne, per vedere meglio cosa ci circondava e diedi a Joyce la lanterna.

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