Capitolo 25

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#Pov Rebekah#
Si svegliò ancora una volta quella mattina e dopo essere restata un po' a guardarsi attorno decise che era meglio farsi una bella doccia calda. Si legò i capelli per non bagnarli, si spogliò e si mise sotto il getto d'acqua calda a pensare. Si ricordò che l'ultima volta che aveva perso i sensi era perché Derek le aveva dato una ginocchiata nello stomaco, mh. Non ce l'aveva con lui, tanto non cambiava le cose, non provava dolore fisico. Il dolore lo sentiva solo dentro, le faceva male essere diventata un lupo mannaro. Sì, era vero che ci aveva convissuto fin dall'età di cinque anni, ma era una cosa diversa. Conosceva Derek e tutto quello che c'era da sapere sui lupi mannari, ma non aveva mai voluto essere così. Era disposta anche a combattere ed allenarsi con Derek, fare da esca, aiutarlo in qualsiasi modo, ma diventare come lui no. Era questo che le faceva male di più.
Ma ormai la frittata era fatta e doveva solo imparare a convivere con questo senso di... di ripudio che provava per se stessa. Sì, si faceva schifo, era un mostro. Ma che cosa poteva fare per non sentirsi così? Doveva forse spegnere tutte le emozioni e fare finta che non gliene importasse niente, di niente e nessuno? Beh, tentare non avrebbe fatto male e se fosse stata meglio con se stessa perché no, avrebbe continuato a fregarsene. Molto lentamente si cambiò e scese al piano di sotto.
«Grazie per la ginocchiata» disse a Derek, con un sorriso amaro sul viso.
«Come stai?» le chiese, visibilmente preoccupato.
«Sto bene» gli rispose, mentre si avvicinava al frigorifero e prendeva un barattolo di gelato fra le mani.
«Era l'unica cosa che speravo non facessi» continuò lui sospirando.
«Cosa?» chiese con il cucchiaio in bocca, totalmente disinteressata.
«Comportarti così! Affronta quello che ti è successo Bekah, non fare finta che non te ne importi niente!» gli disse lui.
«Prima cosa mi chiamo Rebekah. Secondo, non me ne frega davvero niente, non sto mentendo» disse, alzando le spalle.
«Sei incredibile! Ti sembro così stupido? Ti conosco da quando eri ancora nella pancia di tua madre!» le urlò contro, cominciando ad alterarsi.
Rebekah già stava male per conto suo, voleva stare da sola senza che nessuno le rivolgesse la parola. E adesso cosa, doveva subirsi persino una paternale da parte di Derek? No, non avrebbe giocato a quel gioco.
Posò il barattolo del gelato sul tavolo e incrociò le braccia. Forse doveva solo farlo innervosire, fargli perdere il controllo e tutto sarebbe arrivato a una fine.
«Sì, forse lo penso. Penso che tu sia stupido Derek»
«Ti ripeto che ti conosco, cosa stai cercando di fare?»
«Chi io? Proprio niente Derek» disse, facendo ancora una volta spallucce.
«Guarda che se continui così non ci metto niente a darti un'altra ginocchiata»
C'era quasi. Doveva solo toccare il tasto che più gli faceva male e Derek avrebbe perso il controllo.
«Vuoi sapere cosa penso? Bene! Penso che saremmo dovuti morire anche noi in quell'incendio quella maledetta sera! Penso quello che pensano tutti gli altri su di te: tu non hai un cuore, Derek! Penso che ci sia un motivo se quella sera la tua famiglia sia morta, mentre tu invece sei ancora vivo! Penso...»
Rebekah non riuscì a proseguire con quel discorso perché Derek la prese per la gola e la fece sbattere con le spalle al muro, alzandola anche di qualche centimetro da terra.
«Ascoltami bene perché non te lo ripeterò più: smettila! Affronta la realtà, parla con noi, piangi, qualsiasi cosa ti faccia stare meglio, ma smettila di comportarti così! Questa non sei tu»
Ancora quegli occhi rossi. Questi occhi, però, non volevano farle del male, questi volevano solo il suo bene.
«Derek!»
Derek la lasciò andare nel sentire quella voce che chiamava il suo nome, era Isaac. Rebekah cadde a terra sulle ginocchia e d'istinto si portò una mano alla gola.
«Cosa cavolo fai?» continuò Isaac.
«Cerca di farla ragionare, la tua ragazza sta perdendo il senso della ragione» gli disse prima di andare via.
Isaac corse ad aiutare la ragazza, ma lei glielo impedì.
«Lasciami in pace» gli disse nel modo più freddo possibile.
«Ma cosa diamine ti prende, eh?»
«Cosa prende a me? Lo hai visto con i tuoi occhi che mi aveva appesa al muro»
«Perché lo hai provocato, Derek non ti farebbe mai del male di proposito»
«Ti fidi di lui e non di me? Wow»
«Non mettermi in bocca parole che non ho detto. E ascoltami... dove vai adesso?»
«Via da qui» disse mentre infilava la giacca.
«Rebekah, esci da quella porta e ti giuro che...»
La ragazza non sentì nemmeno ciò che disse Isaac, era già fuori di lì.
Si sentiva confusa, sì quello era proprio l'aggettivo che si addiceva in quel momento. Non aveva mai nemmeno lontanamente pensato di trattare male Isaac fino a quel momento. Non aveva mai provocato Derek, spingendolo fino a quel punto fino al quel momento. E non aveva mai desiderato nemmeno di morire nella sua vita, nemmeno quando fu abbastanza grande da capire che non avrebbe mai più rivisto i suoi genitori. Non si era mai comportata in quel modo, perché lo stava facendo? Si rese subito conto che spegnere i sentimenti non era poi un'idea così buona. Forse non avrebbe sofferto dentro per essere diventata quello che era, ma avrebbe perso tutti quelli che amava. Isaac, Derek... li avrebbe soltanto allontanati.
Sapeva che doveva tornare a gambe levate a casa, abbracciarli e supplicarli di perdonarla, eppure fece diversamente. Per la prima volta dopo tanto tempo sentiva il bisogno dei suoi genitori. Avevo bisogno di parlare con loro anche se sapeva che non potevano risponderle. Fu così che in men che non si dica si ritrovò al cimitero, seduta di fronte alle loro lapidi a parlare.
«Ciao mamma, ciao papà. Lo so che non vengo da un po' ma... beh, semplicemente pensavo che la mia vita stesse andando per il verso giusto. Con Isaac ero la ragazza più felice di questo pianeta, Derek sembrava essere più dolce anche in presenza di altri e io ero semplicemente... felice. Ma poi è ritornato quello stronzo di Aiden e tutto è cambiato. Ha rapito Isaac e io sono andata così in bestia che ho usato i miei poteri per dargli un avvertimento. Ma sono stata solo una stupida e adesso ne pago le conseguenze. Volevano darmi una "lezione" e mi hanno morsa, ma se credono che finisca qui si sbagliano di grosso. E adesso ci sarebbe la cura, ma credo che non m'interessi. Non mi sarei mai immaginata di dirlo, ma è così; non farò niente di quello che c'è scritto su quei quaderni, niente. Finirei per ritornare umana, ma stare ancora peggio per il senso di colpa. Aah, non lo so! L'unica cosa che riesco a pensare è che mi mancate. Vorrei avere una mamma dalla quale andare quando sto male, un padre che mi dica che sono la cosa più bella che gli sia mai capitata. Non è che con Derek non mi senta a casa, anzi, ma non è lo stesso. Mi mancate»
Non sapeva esattamente cosa provava in quel momento, ma si sentiva di sicuro più libera, sicura di poter tornare a casa e riabbracciare i suoi uomini.

#Pov Derek#
Era vero quello che dicevano su di lui: non ce l'aveva un cuore! Non aveva intenzione di fare del male a Rebekah, voleva solo che lo ascoltasse. Ma agli occhi di Isaac era apparso tutto in un altro modo, agli occhi degli altri tutto appariva sempre diverso. Nessuno capiva mai le sue reali intenzioni, diamine! Aveva sentito il discorso di Isaac e Rebekah... lei stava cercando di allontanare anche lui.
Appena cinque minuti dopo che Bekah ebbe lasciato la casa uscì anche lui, la seguì. Non lo fece perché voleva cominciare a fare la persona protettiva, semplicemente perché voleva sapere che cosa passava nella testa di quella ragazza. Stava andando verso il cimitero, verso le tombe dei suoi genitori.
Arrivata si sedette a terra e cominciò a parlare con quelle lastre di marmo. Derek era un tipo difficile da intenerire, ma al sentire quelle parole il suo cuore cominciò a battere fortissimo. A Rebekah mancavano i suoi genitori, le mancava una figura che la appoggiasse, rimproverasse, l'abbracciasse e le dicesse che lei era la cosa più bella che le fosse mai capitata... e lui si sentiva uno stupido a non essersene mai accorto prima d'ora. La guardava e non si accorgeva che stava male per mancanza di qualcosa, o meglio qualcuno.
Fu solo alla parola "cura" che ascoltò più attentamente tutto il discorso. A quanto pareva lei già sapeva in cosa consistesse, diceva anche che non le interessava se erano quelle le condizioni. Quali condizioni? Quale senso di colpa l'avrebbe attanagliata se l'avesse fatto?
L'unica cosa di cui Derek era certo era che non glielo avrebbe mai detto se gliel'avesse chiesto direttamente, quindi doveva scoprirlo la solo. La prima cosa che gli venne in mente fu quell'enorme scatola che Deaton le portò qualche mese fa. In fondo era anche l'unica soluzione plausibile, quella scatola era piena di cose appartenute ai genitori di Rebekah. Adesso la sua priorità era trovare quella maledetta cura e farla diventare di nuovo umana.

Emme's corner: 

Intense, come direbbe il nostro Mason eh? Allora, cosa ne pensate della storia e di come sta andando avanti? Ho bisogno di pareri gente, davvero. Mi fa un sacco piacere che in tanti la leggiate e che mettiate tante stelline gialle, ma fatemi leggere anche qualche vostro pensiero ogni tanto su... Per il resto, altri 5-6 capitoli e il primo è andato, sto scrivendo il secondo e spero proprio di trovare un po' di tempo per andare avanti. Ultimamente ci sono così tante cose da fare! Bene, non mi abbandonate <3

#Emme

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