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Alaska

Quando esco dall'aula, Nathan è fuori che mi aspetta, appoggiato al muro con quel suo fare da strafigo e quando mi vede mi viene incontro.
«Ei» mi bacia delicatamente sulle labbra facendomi venire i brividi e io sorrido per il suo gesto.
«Come va?» chiede mentre ci dirigiamo verso la mensa passando per il corridoio colmo di gente che chiacchiera.
«Bene» 'ora che ci sei tu' vorrei dirgli, ma non aggiungo nulla semplicemente lo guardo sorridendo.
Mi prende lo zaino e se lo mette in spalla, straniata e felice di quel gesto, perché sono quelle piccole cose a fare la differenza.
«Ei che fai?» gli chiedo fingendo di sembrare infastidita e lui sorride.
«Signorina Wilson non vorrei le si rovinasse la spalla» risponde stando al gioco, mentre a noi si aggregano Grace, Sean e Louis. Quando arriviamo in mensa ci mettiamo in fila per ordinare il cibo e poi ci sediamo assieme al tavolo.
Parliamo del più e del meno e il tempo passa in fretta e finalmente possiamo tornare a casa.
I nostri amici si dileguano veloce e io e Nathan ci dirigiamo all'auto nel parcheggio ormai quasi deserto.

Quando arriviamo a destinazione mi dileguo in camera per farmi una doccia senza neanche mangiare, dal momento che non mi sento molto bene. Quando esco dalla doccia mi infilo una felpa lunga e un paio di leggins neri, poi mi asciugo i capelli e mi siedo alla scrivania per fare i compiti.
Papà è fuori per lavoro e Maddy è a casa di qualche amica a scambiarsi ricette di cucina. Ogni volta torna con qualche ricetta diversa a iniziare con i dolci e a finire con il salato.
Dopo un quarto d'ora decido di staccare e mi dirigo verso la camera di Nathan e quando sono davanti alla porta busso prima di entrare.
Quando apre la porta quel tanto necessario per vedere chi è venuto a fargli visita, mi fa un cenno con la testa per farmi entrare.
«Pensavo fosse mia madre» mugugna infastidito. Dovrei riuscire a capire perché non vuole parlargli, cosa c'è di così tanto male nel parlarle o nel chiamarla 'mamma'.
«Perché cosa c'è di male se veniva in camera tua?» gli chiedo curiosa mentre lui si siede sulla sedia della scrivania e io mi posizione a gambe incrociate sul suo letto. Si gira verso me e il suo sguardo si fa duro.
«Ti assicuro che preferirei di tutto, tranne che lei qui» dice indicando con un indice il centro della stanza. Mi fa uno strano effetto stare in camera sua e parlargli, ma mi sembra tremendamente giusto, mi sento a casa con lui.
«Ma perché non risolvere qualunque problema?» chiedo. Vorrei che capisse che lo faccio per il suo bene e non per il bene di sua madre, ovviamente farei del bene anche lei, ma io lo faccio esclusivamente per lui.
«Perché no!» sbotta secco e arrabbiato. Quando mi parla con quel tono mi fa tornare a quando mi prendeva in giro.
«Scusa» bisbiglio trovando, per un momento, interessante la trapunta blu sul quale sono seduta.
Si avvicina a me, lo percepisco dal modo in cui accelerano i battiti del mio cuore quando un calore familiare si insinua di fronte a me.
«Ma cosa... Scusami tu, sono solo un coglione» si ammonisce e poi mi abbraccia facendo scomparire ogni preoccupazione e facendomi stare bene, in pace col mondo, perché da quando c'è lui con me io mi sento più leggera e più viva che mai, diciamo che la mia vita non fa del tutto schifo da quando c'è lui.
«Sei libera stasera?» chiede guardandomi negli occhi, come sa fare solo lui e io annuisco.
«Bene perché ti porto a cena» dichiara sorridendo e il mio cuore perde un colpo.

Mi ha chiesto sul serio ciò che ho sentito? Vuol dire che è tutto serio. Tutto!

«Non so come si fanno queste cose, voglio dire tu sei la mia prima ragazza e ti assicuro l'ultima, dopo di te non ci sarà nessuna» mi si ferma il cuore e mi nascondo le mani dietro alla schiena perché tremano come foglie mosse al vento.
«...quindi non so andiamo a cena se ti va» continua abbassando lo sguardo. Non c'era dichiarazione migliore di questa, mi alzo e gli getto le braccia al collo per poi baciarlo. Il contatto con il suo piercing mi da alla testa, mi fa volare le farfalle nello stomaco e quando la sua lingua si unisce alla mia mi sento le gambe molli, ma per fortuna lui mi stringe a se con le braccia e mi impedisce di cadere.
«Allora ti va?» chiede staccandosi leggermente dalle mie labbra, il tanto per poter parlare.
«E me lo chiedi? Certo!» esclamo felice e lo abbraccio stretto.

MI PIACI COSÌDove le storie prendono vita. Scoprilo ora