Alaska
Mangiamo affamati mentre parliamo del più e del meno e non posso credere che mi abbia invitata ad uscire. Prima ho dato spettacolo perché la cameriera stava flirtando con il mio ragazzo.
«Ha incominciato lei, io le ho dato solo pan per focaccia» dico ancora infastidita dal comportamento di quella stupida papera. Nathan scoppia a ridere:«Sei gelosa?» chiede con voce seducente e mi fa arrossire.Dio quanto mio odio e quanto odio le mie guance traditrici.
Rimango zitta e rossa in viso e lui scoppia a ridere e subito le sue fossette compaiono sulle sue guance. Sono perfette come il resto del suo corpo.
«Al, sei tenerissima quando arrossisci» dice dolce mentre io rimango ancora più impacciata di quanto già non fossi.
«Basta Nathan, così mi metti in imbarazzo» dico imbronciandomi come una bambina capricciosa e lui scoppia in una fragorosa risata.
«Allora riesco nel mio intento» mi fa un occhiolino e io rabbrividisco. Continuiamo a parlare del più e del meno e mi accorgo che con lui mi sento benissimo. E da quando siamo qui che non litighiamo e non urliamo a squarciagola e questo è rassicurante. Mi ha portato in una pizzeria perché penso che abbia capito che amo la pizza più di qualsiasi altro cibo.
La stessa cameriera di prima si avvicina e chiede se abbiamo bisogno d'altro mentre io la fulmino con gli occhi.
Guarda Nathan in un modo che dovrebbe essere attraente e non posso darle torto, in fondo è bellissima. Ha la carnagione scura, i capelli biondi e gli occhi verdi e io non posso competere minimamente con lei. Tuttavia Nathan non la degna di uno sguardo e chiede il conto. Spero solo che non cambierà idea riguardo al suo amore per me vedendo le altre ragazze molto più belle di me.
Nathan paga il conto anche se io ho cercato in tutti i modi di convincerlo a pagare io, ma lui non ne vuole sapere. Ci immettiamo nel parcheggio e salgo in auto per poi tornare a casa. Quando l'auto frena nel vialetto di casa mi vengono in mente le parole che Nathan ha urlato contro sua madre davanti alla porta della mia camera. Forse se gli chiedo che è successo mi risponderà.
«Nathan, perché tu e tua madre avete litigato oggi?» chiedo mentre lui spegne il motore dell'abitacolo.
Rimane un po' in silenzio prima di rispondere innervosendosi:«Lascia perdere». Forse lo sto innervosendo, ma se lui è il mio fidanzato dovrebbe raccontarmi ogni cosa.
«Che c'è di male se me lo riveli?» chiedo voltandomi verso di lui e incrociando le braccia al petto.
«Per quale cazzo di motivo ascolti i cazzi miei?» dice alzando bruscamente la voce. Sta insinuando che lo abbia spiato? E perché dovrei farlo poi.
«Ma che dici, non è colpa mia se litigate rumorosamente davanti alla porta della mia camera» rispondo infuriata per poi aprire lo sportello dell'auto e uscire fuori. Lo richiudo rumorosamente mentre il vento muove i miei capelli. Nathan scatta frettolosamente fuori dall'auto e si avvicina a me.
«Mi spieghi per quale motivo dobbiamo litigare sempre?» scatto irritata e ferita dalle sue insinuazioni.
«Non lo so» dice con tono di voce basso e dolce che mi tranquillizza un po', mentre io mi incamminò verso la porta di casa.
«Dai Al, non fare così» mi raggiunge e mi prende per un polso, ma io non mi volto. Sta volta mi ha davvero ferita e io non lo perdonerò subito, non sono un suo giocattolo con quale si più sfogare, anche io ho dei sentimenti,
«Io faccio ciò che mi para» sibilo stizzita, per poi liberarmi dalla sua stretta ed entrare in casa.La sveglia suona rumorosamente mentre io cerco di spegnerla, ma senza alcun risultato. Alla fine mi tiro su dal letto e la spengo con un gesto secco. Non ho dormito per nulla stanotte, l'ultima volta che ho controllato l'orario erano le due di notte passate e non ero riuscita a prendere ancora sonno, nonostante la discussione con Nathan mi abbia sfinita. Sono arrabbiata e mi sento tremendamente ferita e tradita, io non spio nessuno meno che lui. Mi infilo in bagno e mi faccio una doccia veloce che dovrebbe aiutarmi a scacciare i pensieri, ma invano. Mi infilo una semplice felpa nera, un paio di jeans azzurri e le mie Convers nere. Lego i capelli in un chignon disordinato sulla testa e mi metto un filo di matita all'interno degli occhi. Afferro lo zaino e mi dirigo in cucina per fare colazione, anche se non ho per niente fame. Nathan è lì appoggiato sul bancone bello come sempre, con il piercing sul labbro che riflette la luce del sole.
«Ciao» dice venendomi incontro e io mi sposto di lato per non finire nel suo abbraccio, a quel gesto si incupidisce, ma non mi avvicino ugualmente anche se una parte di me è molto tentata. Prendo una mela e mi dirigo verso la porta d'ingresso.
«Guarda che se fai così te ne vai a scuola a piedi» chiarisce infastidito dal mio comportamento freddo e distaccato.Ora si mette anche a minacciarmi! Per carità.
«Non preoccuparti tanto me ne sarei andata lo stesso da sola» dico compiaciuta prendendo il mio skateboard e uscendo di casa per poi sbattere rumorosamente la porta. Lo sapevo che prima o poi avremmo litigato, ma non pensavo così presto.
Arrivo a scuola e Grace mi raggiunge sorridendo poi mi guarda torvo.
«E Nathan?» chiede.
«Lui non c'è» gli faccio presente raccogliendo da terra il mio skateboard e dirigendomi verso l'entrata. Dopo pochi secondi l'auto di Nathan si fa strada nel parcheggio e lui esce dall'abitacolo in tutta la sua gloria.
«Guarda che è lì» mi informa puntandolo con l'indice e tirandomi per un braccio.
«Grace, lui non c'è per me» chiarisco scura in volto mentre lui mi fissa da lontano e Courtnay gli si avvicina sculettando con la sua gonna striminzita.
«Oh» fa Grace sorpresa e mi guarda triste. «Mi dispiace» dice per poi porre fine alla nostra conversazione con l'arrivo di Louis.
Ci dirigiamo nell'aula di filosofia e aspettiamo il professore mentre io penso a Nathan.
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Lãng mạnGli occhi grigi di Alaska hanno visto di tutto e hanno capito tutti solo guardandoli per un secondo. Ha cercato di capire anche lui con quell'atteggiamento da pallone gonfiato e da costante arrabbiato. Tutti tranne lei, almeno così pensa. Nathan Gr...