51

44 6 0
                                    

Alaska

Quando arriviamo a scuola il mio cervello sembra voler scoppiarmi nel cranio e io spero che lo faccia e che la smetta di farmi ripercorrere scene felici di me e Nathan. Giuro che tra poco potrei buttarmi in mezzo a una strada, non posso farcela. Non provo più niente, mi sento vuota e sento che le lacrime potrebbero uscire da un momento all'altro dai miei occhi anche se poi alla fine non uscirà un bel niente.
Sean non si è fatto vedere per la prima fase della giornata molto probabilmente perché Nathan oggi è venuto a scuola.
«Grace vado a lezione ci vediamo in mensa» dico, ma io non vorrei per nessun motivo al mondo ritrovarmi in mensa e vederlo ridere e scherzare con quella troia di Cortnay, anzi non voglio vederlo neanche respirare.
«Ti vengo a prendere io dopo lezione perché altrimenti ti rinchiuderai in bagno» mi abbraccia e poi si dirige alla sua aula, mentre io raggiungo a malincuore la mia.
Come promesso dopo lezione Grace è appoggiata al muro della mia aula e quando mi vede prende a camminare con me verso l'inferno.
«Oggi c'è vero?» chiedo con il cuore che batte a mille e con la voglia smisurata di gettarmi da sopra un ponte.
«Al devi affrontarlo, so che si sistemerà tutto, ma tu devi superare questo stato» dice dolce guardandomi negli occhi e fermandosi con me davanti all'entrata della mensa. Qualcuno mi spintona per poterci entrare e anche io vorrei farlo, ma il mio corpo è rimasto paralizzato nella paura di vederlo.
Prendo un respiro profondo ed entro nella grande e caotica stanza. Dopo aver preso il mio pranzo io e Grace ci sediamo al nostro solito tavolo e da li scorgo Sean mimare con le labbra a Grace qualcosa sul fatto che gli dispiace di non essere con lei e poi guarda una persona seduta al suo fianco ignara della conversazione e il mio cuore si ferma di colpo.
È lì, con i capelli spettinati come sempre, ma non riesco a guardarlo in faccia perché c'è qualcuno vicino a lui, ma non riesco a capire se è femmina o maschio perché un ragazzo la copre per intero.
Grace mi guarda comprensiva e io gli chiedo:«Scusa».
«Per cosa?» domanda lei scioccata.
«Per aver fatto allontanare Sean da te» chiarisco guardando il mio piatto riempito da un purè dall'aria schifosa, sembra che possa muoversi da un momento all'altro. Mi mordo il labbro per il disgusto e Grace sorride.
«Ti sta guardando» dice lei raggiante continuando a guardare alle mie spalle e a me mi si chiude lo stomaco già poco volenteroso di essere riempito con del cibo di qualsiasi genere.
«Grace smettila la rimprovero» e lei torna a guardarmi e si scusa con lo sguardo.

Giornata del cazzo.

Il ragazzo che copriva la scena finalmente si sposta e ci metto un nano secondo a capire che quella vicina a Nathan è una femmina e che quella femmina è Cortnay. Sento il cuore esplodermi e le lacrime mi cadono da sole sul viso mentre vorrei scomparire per sempre ed essere risucchiata dal pavimento.
Grace guarda il punto che sto fissando e poi scruta me afflitta.
«Non fa niente» dico con voce rauca per poi alzarmi dalla sedia e avviarmi verso la mensa. Un ragazzo mi viene addosso e mi versa il suo pranzo sui vestiti arrossendo cerca di scusarsi, ma non è facile con la risata divertita della gente. Mi guardo intorno e tutti ci fissano, anche lui. Mi sento mancare e penso che cadrò da un momento all'altro.
«Ehi ti senti bene?» chiede il ragazzo guardandomi preoccupato e tenendomi per un braccio per paura che possa cadere. Mi dimeno  dalla sua presa e raggiungo velocemente l'uscita dell'Inferno.
Quando sono fuori respiro a fatica, non piango più sento solo il corpo scosso da tremiti e la testa che mi gira, ma non piango. Non più.
«Alaska» mi giro sapendo che esploderò tre meno di un minuto.
«Cosa vuoi Owen?» so già cosa vuole. Dirmi 'te l'avevo detto' e a me della sua opinione non me ne frega un cazzo. Incrocio le braccia al petto in attesa di una sua risposta e cerco di reggermi in piedi.
«Mi dispiace» dice con un'espressione indecifrabile dipinta in faccia.
«Certo come no, non fingere di dispiacerti perché non ti credo» sbotto infuriata guardandolo negli occhi.
«Sai forse hai ragione» mi sfida sorridendo «non mi dispiace per niente».
«Sei solo uno stronzo».

Calmati idiota.

«È vero sono stronzo e tu sei fottutamente ingenua, lo sapevi che lui è un coglione, ma ti ci sei messa insieme lo stesso. Cosa ti aspettavi che facesse? Credevi che cambiasse per te?» chiede irritato e io gli do ragione mentalmente. Lo sapevo, lo sapevo fin dall'inizio eppure ho tentato di non essere ferita, ho cercato di farlo innamorare di me quando lui non lo era. La colpa non è sua, non del tutto.
Non gli rispondo, alzo i tacchi e mi dirigo nel laboratorio di arte per prendere posto per la lezione seguente.

Quando la campanella dell'ultima ora si decide a suonare mi dirigo fuori dalla classe con lo zaino su una spalla sola e la mente invasa dai pensieri. Vorrei trovarmi davanti Cortnay e strozzarla con le mie stesse mani per poi seppellirla sotto un cumolo di merda. Non ha perso tempo, appena ha saputo della separazione si è messa in gioco. Mi fermo di colpo e il cuore con me. Nathan. Mi guarda negli occhi e mi si mozza il fiato e non so se dovrei più infilare la mia roba nell'armadietto. Chiedere di spostarsi non so se sia una buona idea.
Mi volto di colpo e cammino velocemente per uscire fuori da scuola il prima possibile, ma lui mi raggiunge e mi blocca un polso per fermarmi.
Respiro a fatica e siamo così vicino che riesce a percepire il solletico che mi procura il suo fiato sul viso.
«Lasciami» ringhio divincolandomi dalla sua presa.
«Al devo parlarti» dice lui con tono disperato.
«Non mi importa nulla» sento il mio cuore battere all'impazzata mentre lui mi scruta e mi sfiora la guancia con le dita. Arretro di qualche passo per prolungare le distanze.
«Al, quello che hai visto...con Cortnay intendo...non è quello che pensi» spiega lui frettolosamente e sento il naso bruciare e le lacrime salirmi agli occhi, ma non piango.
«No. Tu non sai ciò che penso» dico amareggiata respirando a fatica con un dolore angosciante che mi mangia dentro.

Respira Alaska, ce la puoi fare.

«Quindi non ti da fastidio vederci insieme?» chiede con sguardo perso e a me fa male il petto, potrei svenire da un momento all'altro e non riprendere conoscenza mai più.
«Che cazzo di domande sono?» chiedo arrabbiata «A te fa piacere vedermi triste giusto? E allora va da lei».
Mi scruta per bene sembra che voglia aggiungere qualcosa, ma invece si volta e va via.

MI PIACI COSÌDove le storie prendono vita. Scoprilo ora