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Alaska

Scendo le scale a due a due per raggiungere i ragazzi in mensa dal momento che avevo dato disposizione a Nathan di non aspettarmi perché avrei fatto tardi visto che il signor Stevenson voleva parlarmi di un progetto che sta sponsorizzando.
Ho chiesto di aspettarmi al solito tavolo in mensa anche se Nathan all'inizio si era offerta di aspettarmi ugualmente fuori dall'aula.
«Alaska». Mi fermo e mi giro lentamente riconoscendo perfettamente la voce.
«Ciao Owen» sputo fuori velenosa per cercare di non cominciare nessuna conversazione.
«Ti trovo bene» dice cercando di sembrare gentile mentre io non vorrei far altro che andarmene al più presto.
«Già» rispondo distaccata sotto il suo sguardo indagatore e attento.
«Ho sentito che tu e quello lì state ancora insieme» sbotta disgustato facendomi innervosire all'istante. Ma chi diamine si crede di essere?
«Quello lì si chiama Nathan.» sbotto esasperata e stizzita «Dimmi un po': che vuoi da me?».
«Non si può conversare» spiega oltraggiato mentre una smorfia di dissenso mi appare in volto.
«Mi hai giurato che non saresti stato più mio amico e che non mi avresti accolto, a sopportare i miei pianti, qualora ci fossimo lasciati» gli ricordo acida.
Sento la mia coscia vibrare e mi ricordo del cellulare nella tasca e del fatto che sono qui e sto facendo tardi dai miei amici.
Cala un silenzio tombale e vorrei solo girare i tacchi per andarmene.
«Non rispondi?» chiede con tono di sfida puntando la tasca dei miei jeans con il suo indice.
«Mi stanno solamente avvertendo che sono in ritardo» rispondo alquanto seccata e lui ride.
«Okay se non c'è niente che vorresti dirmi io andrei» spiego facendo retro-front per raggiungere la mensa.
«Non durerete a lungo» prevede lui con un ghigno dipinto in volto, ma nonostante la sua patetica insinuazione raggiungo la mensa.

«Tutto bene?» chiede Nathan stampandomi un bacio sulla guancia non appena prendo posto accanto a lui. Sorrido a quel gesto e annuisco, guardando Grace seduta miracolosamente accanto a Sean.
«E Louis?» chiedo curiosa di sapere dove si è cacciato.
«Non stava molto bene oggi» spiega Grace sorridendo quasi come farebbe una persona nella pubblicità di un dentifricio sbiancante per i denti.
«Dove diavolo ti eri cacciata? Ti ho mandato un messaggio» dice Grace cambiando automaticamente espressione, io la guardo e valuto la situazione, non posso dire che Owen mi ha parlato o Nathan farebbe una scenata e andrebbe immediatamente a picchiarlo. Proprio in quel momento Owen ci passa accanto per raggiungere il suo tavolo accanto altri due dietro il nostro.
«Sai com'è fatto il signor Stevenson si dilunga troppo nel parlare» spiego cercando di sembrare più sincera possibile e sentendomi immediata in colpa per aver raccontato una bugia.

Porco Owen!

Nathan mi avvicina a se avvolgendomi un braccio attorno alla vita e facendomi rabbrividire immediatamente. Appoggio la mia testa sulla sua spalla e gli sorrido mentre Sean si schiarisce la voce e io mi rimetto a mio posto. Nathan gli lancia un'occhiata che potrebbe farlo morire sul colpo e io scoppio a ridere.
«Quando deciderai a trovarti una ragazza seria, Sean?» chiedo sorridendo mentre lui cerca di sviare il mio sguardo divertito, Grace si fa attenta quando vede Sean aprire la bocca per parlare.
«Non so» dice con tono più indifferente possibile. «Non c'è nessuna che mi fa impazzire» spiega facendosi serio.
«Certo, come no» dico ridendo e Grace si unisce a me.
La risata viene mozzata da un voce stridula riluttante che riconoscerei tra mille.
«Guarda che hai fatto» grida Cortnay disgustata.
«Em... S-scusa» chiede una ragazza matricola del primo anno, dai capelli neri come la pece.
«Non mi basta» dice lei imperterrita cercando di farle fare una figuraccia, mi guardo attorno accorgendomi che tutti stanno guardando la scenetta e che è calato il silenzio.
«Se vuoi posso darti la maglia con la quale ho fatto sport e i pantaloncini» propone la ragazza ingenua abbassandosi per raccogliere i resti del suo pranzo.
«E io dovrei mettermi la tua roba puzzolente addosso, scherzi?» chiede Cortnay disgustata facendo ridere quasi l'intera mensa. Neanche io avrei indossato la roba di quella ragazza, ma non avrei fatto un dramma solo perché la ragazza mi ha sporcato il vestito.
«Te lo dovrei far leccare con la lingua» dice riluttante la smorfiosa mentre la ragazza si guarda attorno, io serro i pugni. Sta esagerando.
«Ora muovi il culo e...» la interrompono clamorosamente e tutti si girano a guardarmi.
«Non fare storie, non l'ha fatto apposta e scommetto che hai un vestitino in riserva» la ammonisco indifferente e la matricola mi ringrazia con gli occhi. Nathan mi prende la mano da sotto il tavolo e io gli sono grata.
«Non sono affari tuoi Wilson» risponde acida uscendo dalla mensa.

Quando arriviamo alla boutique Maddy è eccitata e i suoi occhi si inumidiscono all'istante per la gioia, invece io trovo tutto esilarante.
«Lei è la futura signora Wilson?» chiede una donna di mezza età dai capelli biondi che ci fa accomodare su un divanetto in pelle bianco non appena Maddy risponde di sì.
«Allora signora può seguirmi e scegliere l'abito e una volta indossato viene qui e lo fa vedere a sua figlia».
Meddy annuisce, ma non chiarisce il fatto che io non sono sua figlia e per me non è un problema, Nathan è andato a casa di Sean e di lì, insieme, sono andati in palestra.
Maddy arriva con un lungo abito bianco a sirena che le risalta il fisico magro, ma a nessuna delle due piace molto perché troppo scollato. Io penso che le starebbe bene uno ampio in stile principesco.
Ritorna in camerino e dopo poco esce con un altro vestito uguale al primo, ma molto meno scollato, tuttavia non ci convince e passiamo a l'abito successivo corto fino al ginocchio, davanti, e lungo da dietro. Anche questo non ci piace e Maddy va cambiarsi per provarne un altro.
Quando torna mi sembra di averla confusa con una principessa: scollatura a cuore, gonna ampia, coroncina e velo lungo un metro.
«È perfetto» esclamo ancore affascinata, mentre Meddy scoppia a piangere per la felicità.
«Allora?» chiede la donna dai capelli biondi con un sorriso smagliante «è questo quello giusto?».
«Questo è giustissimo».

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