Capitolo 18

1.4K 59 31
                                    

«Franci ci sei? Ti sei incantata?» Emma mi richiamava sulla terra perchè io mi ero persa nei miei pensieri.

Nonostante la mia apparenza ingannava, io sentivo mio l'istinto materno. Avrei proprio voluto avere un figlio anche se non volevo affrontare una gravidanza, mi spaventava l'idea del parto per questo avevo sempre pensato che un domani, se mai sarebbe stato possibile, sarebbe stata la mia donna a portare avanti la gravidanza. Io, le sarei rimasta sempre accanto, non mi sarei persa neanche un'ecografia, le avrei toccato il pancione ogni volta che il bambino avesse scalciato ma anche tutte le volte in cui volevo sentirmi più vicina a loro. Sarei stata presente durante il parto e poi mi sarei alzata la notte quando lui avrebbe iniziato a piangere e avrei accettato anche di comprare tutine e accessori rosa qualora fosse stata femmina nonostante io odiassi il rosa. L'avrei accompagnato mano nella mano fino all'asilo e lo avrei riempito di baci ma in quel momento il mio era solo un sogno ancora lontano per poter essere realizzato.

«Fra quindi quale prendo?» esclamò la mia bionda mostrandomi con una mano una tutina rossa a strisce gialle, della Roma insomma, e con l'altra mano un vestitino beige con dei fiocchettini bianchi.

«Vestitino assolutamente!» e aggiudicato. Emma aveva subito riposato la tutina e tenuto l'abitino in beige.

Continuammo a dare un'occhiata in giro fin quando ci soffermammo a guardare le catenine per i ciucci.

«Emma tu vorresti un maschietto o una femminuccia?»

Io avrei voluto forse un maschio ma non c'era un motivo ben preciso, semplicemente avevo sempre immaginato che il mio primo figlio fosse maschio. Lei invece mi disse che avrebbe voluto una femmina solo perchè le piacevano tanto le gonnelline e le scarpette con i brillantini. Devo dire che fondamentalmente, ad entrambe non importava più di tanto quale sarebbe stato il sesso del nostro primo figlio.

«Non sai quanto mi piacerebbe avere un figlio. Comprerei tutto quello che c'é in questo negozio se solo fossi incinta!»

Dai suoi occhi potevo percepire la sua paura, paura di una donna che dopo aver sconfitto due tumori potrebbe non riuscire a portare a termine la gravidanza o addirittura potrebbe non riuscire a rimanere incinta.

Io, ad esempio, per lei, sarei stata disposta anche ad affrontare personalmente la gravidanza, per lei non mi sarei mai tirata indietro neanche per una cosa che da sempre mi aveva preoccupato.

Senza farmi vedere da Emma che continuava a girovagare per il negozio, comprai una catenina di un ciuccio, era bianca a pois di vari colori. Decisi che quello sarebbe stato il primo regalo per il figlio di Emma. Avevo bisogno di credere che lei ce l'avrebbe fatta, che lei prima o poi sarebbe rimasta incinta e avrebbe coronato il suo sogno e io lo volevo davvero anche se questo significava pensare che lei sarebbe stata con un uomo. Io volevo la sua felicità, tutto il resto passava in secondo piano, anche se si parlava della mia di felicità.

Quanto era bello vederla felice in un negozio di bambini. Quanto era bello vederla sorridere...

Il nostro secondo giorno in America andò decisamente meglio. Passammo l'intera giornata fra negozi e grandi vie affollate ma nessuno ci conosceva, nessuno durante tutta l'intera giornata si fermò a chiederci un autografo nѐ tanto meno una foto, anzi, l'unica ragazza che si avvicinò a noi ci chiese di scattarle una foto a lei e il suo ragazzo davanti un monumento. Cosa potevamo chiedere di più? In Italia nessuno mai ci avrebbe fermato per strada e ci avrebbe chiesto di scattare una semplice foto in cui il soggetto non fosse Emma.

Durante la cena, sembrò tutto tornare come il giorno prima e a me questa situazione iniziava a star davvero stretta. Mi stavo quasi domandando se Emma fosse bipolare per il suo strano atteggiamento. Nell'arco di dieci minuti aveva smesso di guardarmi negli occhi mentre mi parlava, avevamo smesso di fare una discussione vera e propria perché il tutto sembrava esser diventato un monologo da parte mia. Si guardava attorno, era un ristorante davvero carino, elegante e anche abbastanza romantico dal momento che quasi tutti i tavoli erano occupati da coppiette che si tenevano per mano o che si sbaciucchiavano. Sul tavolo, apparecchiato rigorosamente con una tovaglia bianca e le decorazioni in rosso, c'era una candela accesa che rendeva ancora più imbarazzante la serata dal momento che forse noi eravamo l'unica coppia non coppia presente.

«Emma qui non ti piace? Vuoi che andiamo via?»

«No va bene così.»

Ordinammo la cena ma mentre aspettavamo le feci ancora qualche altra domanda. Volevo sapere cosa le frullasse in quella testa che si ritrovava.
Ma lei quando potѐ, cambiò argomento e alla fine ci ritrovammo a parlare di cibo dopo la prima domanda, di luoghi da visitare dopo la seconda, di mare, di Veronica e di mille altri argomenti sicuramente meno importanti della discussione che aveva sviato.

Il suo atteggiamento cambiò ancora una volta quando tornammo in albergo e dopo aver spento le luci, ci ritrovammo sotto le coperte. Emma era girata dal suo lato e mi dava le spalle e quella volta, a differenza della sera prima, fui io ad avvicinarmi a lei e ad accarezzarle i capelli. Mi avvicinai a lei a tal punto da sentire il suo respiro a tratti trattenuto, stava cercando di non farmi sentire che piangeva.

«Va bene, se non vuoi parlare parlo io, ok?»

Lei annuì e si girò per stringersi a me e abbracciarmi.

«Sai, qualche anno fa ho conosciuto una persona, doveva essere solo lavoro per me ma non lo é mai stata. Dal primo momento in cui l'ho vista, mi é entrata dentro e c'é restata. Emma tu sarai sempre una parte di me. Se io sono quel che sono é anche per merito tuo e non ti lascerò abbattere facilmente, ti proteggerò da te stessa, non devi più soffrire e farò di tutto per fare in modo che ciò avvenga.»

Mentre parlavo sentivo la sua mano stringersi alla mia sempre di più e le sue lacrime bagnare la mia maglia.

«Davvero faresti di tutto?»

«Certo.» e risposi senza pensarci un attimo, ne ero sicura.

«Allora mi dai un bacio come quello di ieri sera? Mi ha fatto stare bene.»

Mi spostai da lei e mi alzai sui gomiti per guardarla meglio negli occhi. Volevo capire se davvero mi aveva chiesto di baciarla. Voleva davvero un bacio da me?

I suoi occhi erano ancora lucidi e mi fissavano senza staccarsi un attimo da me come se avesse paura che se solo avesse distolto lo sguardo, io sarei scappata via.

Ritornai nella posizione in cui eravamo prima e quando lei pensò che io avessi fatto finta di non averla sentita, la baciai.

Le sue morbide labbra a contatto con le mie mi provocarono un brivido. Stavo baciando la donna che amavo, non eravamo ubriache e me lo aveva chiesto lei. Fu un bacio lungo, uno di quei baci in cui dici senza parole quanto é importante la persona che ti sta accanto e io con quel bacio dissi ad Emma che io sarei rimasta con lei qualunque decisione avesse preso.

Io quel bacio me lo ricorderò per sempre, insieme alle emozioni che oltre me e lei solo quel letto conosce, alla passione che c'era fra le nostre lingue, all'amore che si scambiavano i nostri occhi.

Eravamo solo io e lei.

#angolomio

Ho aggiornato un giorno primaaaa

Come state? Io un po' incasinata ecco perché non riesco ad aggiornare sempre!

Spero che vi piaccia questo nuovo capitolo anche se é un semplice capitolo di passaggio.

Ciaone❤

Carol

Argento AdessoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora