Capitolo 21

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Qualche giorno dopo, ci ritrovammo a Santa Monica, in California. Finalmente avevamo una camera d'albergo tutta per noi e non c'era nessuno che conoscevamo nei paraggi quindi per la prima volta potevamo provare a fare le fidanzate senza paura di essere scoperte. Passeggiavamo lungo un viale alberato quando Emma si fermò e mi fece un'insolita domanda.
«Secondo te, possiamo tenerci per mano?»
Era imbarazzata ma forse lo sarebbe stata ancora di più nel prendermi la mano senza chiedermelo. Dovevamo imparare ad essere fidanzate, non era una cosa semplice e automatica. Lo é sicuramente quando non hai alle spalle un rapporto di amicizia solido e duraturo come quello che avevamo noi.
«Credo proprio di si!» le risposi aggiungendo un sincero sorriso. Passammo la giornata nei posti più significanti della città, monumenti, parchi e grandi fontane e nel pomeriggio ci dedicammo alle nostre attività sportive. Fabrizio, il nostro allenatore, doveva essere orgoglioso di noi, anche durante una vacanza, ci allenavamo. Corsa, giri in bici e addominali per non perdere l'abitudine. Verso sera, rientrammo in albergo e dopo una lunga doccia, mi gettai a peso morto sul letto aspettando che anche lei si lavasse e mi raggiungesse sotto le coperte ma non ci riuscii e mi addormentai con la mano poggiata sul suo cuscino.

La mattina dopo, venni svegliata dalla suoneria del cellulare della donna che mi stava a fianco e per evitare di far svegliare anche lei, risposi. Era un numero che non aveva registrato fra i contatti ma decisi di accettare la chiamata comunque.
«Pronto?»
Dall'altro lato della cornetta ci fu solo silenzio.
«Pronto? Chi sei?»
La telefonata si interruppe ma qualcosa mi aveva incuriosita. Non capitava spesso che qualcuno facesse degli scherzi telefonici ad Emma a maggior ragione se il numero da cui telefonavano fosse visibile e così, registrai quel numero sul mio cellulare e andai a vedere su whatsApp a chi apparteneva.
Non appena vidi la foto mi paralizzai. Era una foto che rappresentava una mano e dei piedini di un bambino ma quella mano, non era una qualsiasi. Su quella mano c'era un tatuaggio che rendeva chiaramente nota la persona a cui apparteneva.
Sui generis.
Fu un duro colpo da mandar giù. Pensai a cosa potesse volere ancora Stefano De Martino da Emma. Voleva farla soffrire più di quanto non avesse fatto anni prima? Quando stavano insieme, io e lei non eravamo ancora migliori amiche ma quando si lasciarono, o meglio quando lui la tradì con Beleb, io le stetti a fianco e feci di tutto per farla stare un po' meglio ma ci vollero mesi prima che lei si riprendesse del tutto e nonostante fossero passati degli anni quando sentiva parlare di lui iniziava a star male.
Aveva amato tantissimo Stefano, era stato sicuramente il suo primo grande amore e io infatti lo consideravo un grande rivale ma soprattutto non volevo che la facesse soffrire ancora. Per questo motivo cancellai la chiamata ricevuta dal suo telefono e feci finta che non fosse successo nulla. Solo ora riesco a dire che feci una grande cazzata. Dovevo essere sincera con Emma e dirle subito la verità e invece la gelosia mi portò a mentire e si sa che le bugie non portano mai da nessuna parte.

Mi sdraiai di nuovo al suo fianco e dolcemente iniziai ad accarezzarle il viso e a baciarle il collo. Pian piano i suoi occhi si aprirono e quando incrociò il mio sguardo sorrise. Era bella come il sole.
«Buongiorno dolcezza.»
«Mm Mm»
Era troppo assonnata per parlare ma non abbastanza per tirarsi un po' su e poggiare la sua testa sul mio petto.
Incrociò anche le sue gambe con le mie e con il braccio destro mi cinse il fianco.
Mi piaceva quella posizione, mi sentivo amata.
«Mi piaci tanto.»
Diventai paonazza per le parole che spontaneamente mi erano uscite dalla bocca, la bocca che venne subito baciata dalla donna che mi rendeva felice.
«Domani si torna a Roma, fra noi rimarrà tutto uguale come in questi giorni?»
«Ci proveremo Emma. Io voglio stare con te, non ti lascio.»
Sentii le sue mano stringermi ancora di più i fianchi e poi mi baciò ancora.
Mi accarezzava la pancia e quella situazione mi piaceva davvero tanto. Sembrava che dentro di me si stesse scatenando un uragano. Altro che farfalle, avevo proprio gli ormoni impazziti paragonabili a quelli di una ragazzina alla sua prima esperienza. Volevo così tanto Emma, volevo sentirla mia davvero ma non mi sentivo di fare il primo passo. Per me non era la prima volta ma per lei sì e quindi aspettavo che fosse lei a prendere l'iniziativa, non volevo che si sentisse obbligata.
Volevo che la nostra prima volta fosse indimenticabile.
Lei, quella mattina, sembrava volere proprio la mia stessa cosa. Avevamo bisogno di amarci e di scoprire ogni singolo centimetro dei nostri corpi.
I suoi baci si fecero sempre più spinti e le sue mani, dalla pancia si spingevano sempre più su.
«Sei sicura amore?» le sussurrai all'orecchio.
«Come mi hai chiamata?»
Sorrise alle mie parole e io feci lo stesso dopo averla vista arrossire.
«Mi hai chiamata tante volte così quando eravamo solo amiche ma solo ora ha un suono diverso, sa di buono, di bello, sa di noi.»
«Non sai da quanto volevo averti fra le mie braccia, sto bene con te, amore.»
Si mise a cavalcioni su di me e mi sfiorò il collo con il naso provocandomi un brivido. Poggiò le sue labbra sulle mie e con la lingua chiese accesso alla mia bocca, mi levò la maglia e io feci lo stesso con lei. Andammo avanti così fin quando i nostri corpi erano entrambi spogli di qualsiasi indumento. Le mie paure, come quella dell'odiare il mio corpo e di sentirmi sempre brutta, sovrappeso, con delle brutte forme o come la paura che avevo di non essere alla sua altezza, svanirono perché i suoi occhi mi guardavano come se io fossi la prima cosa bella che avesse visto. Mi guardava con gli occhi dell'amore.
D'un tratto però si bloccò e mi guardò perplessa.
«Ehi... che succede?»
«Pensavo fosse più semplice.» abbassò lo sguardo come se io non la vedessi comunque.
La tirai a me facendo combaciare il suo petto con il mio e le dissi: «Stai tranquilla, va bene?»
«Ho paura di sbagliare, non ho mai fatto l'amore con una donna.»
Fu in quel momento che la spostai da sopra di me e coprii i nostri corpi con le coperte. Non era ancora pronta per un passo come quello e io l'avrei aspettata fin quando sarebbe stata sicura di se.
«Non devi aver paura, ci siamo solo io e tu, tu e io e nessun altro. Voglio fare l'amore con te ma voglio che tu in quel momento stia bene quanto me quando sono fra le tue braccia. Faremo l'amore quando ti sentirai pronta, ora ci coccoliamo per bene.»
Le accarezzai il viso e le baciai la fronte.
Delle lacrime bagnarono le sua gote e io subito gliele cacciai via con il pollice.
«Ehi... Non devi piangere, non é successo niente!»
«Abbracciami, stringimi forte e fammi dimenticare tutto.»


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