Dodici

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Perché neppure ammettere di aver bisogno di aiuto è un crimine.

Soprattutto quando la persona a cui lo si chiede diventa sempre più importante.

E a volte non serve chiedersi troppo, non serve a niente farsi mille dubbi; bisogna agire.


È sul pianerottolo davanti al suo appartamento da una decina di minuti ormai. E da dieci minuti si sta chiedendo che cosa gli stia passando per la testa; si sta chiedendo perché tutto debba sempre essere così complicato e così incomprensibile. Si rigira il telefono tra le mani per restare tranquillo, mentre cerca di regolare i battiti un po' incostanti del suo cuore. E intanto aspetta. Aspetta che la porta davanti la sua si apra. Aspetta che Letizia esca di casa per stare un po' con lei; con quella ragazza che è stata presente nel posto giusto al momento giusto per ben due volte; che lo ha aiutato senza accorgersene e senza chiedere niente in cambio.

Che poi, non è neppure sicuro che quel giorno Letizia decida di uscire dalla porta principale; in fondo la vede sempre sgattaiolare via dalla finestra di camera sua la mattina. Spera solo di non star aspettando invano; spera davvero che la mora abbia deciso di cambiare le sue abitudini, almeno per una volta.

Perché vuole conoscere meglio la persona di cui ha deciso di fidarsi; quella persona molto più simile a lui di quanto entrambi possano anche solo pensare; quella persona che con l'abbraccio del pomeriggio precedente è riuscita a non farlo pensare. È riuscita a farlo stare meglio, anche se solo per poco.

Ed è sempre grazie a lei, se la notte non ha poi avuto incubi, se è riuscito a riposare un po' di più. È grazie a lei se quella mattina si è svegliato più tranquillo e disposto a chiacchierare per qualche minuto con sua madre - rendendola felice più di quanto lei abbia dato a vedere - prima che entrambi uccisero, lei per andare a lavoro all'ospedale, lui per aspettare la mora.

Ed è mentre ripensa a tutte quelle piccole cose; mentre si rende conto che alla sua vicina deve già moltissimo; che sente la porta davanti a sé aprirsi. Alza subito la testa e il volto sorpreso di Letizia è la prima cosa che vede e che, irrimediabilmente, senza che lui riesca a controllarlo, gli mozza il respiro e lo fa sorridere impercettibilmente.

Un sorriso che non passa inosservato agli occhi attenti della ragazza; un sorriso che le fa tremare il cuore e lo fa battere più velocemente. Perché, anche se solo per un istante, Calum le è sembrato se stesso, libero dal dolore che lo perseguita. Le è sembrato bello, come un angelo senz'ali che ha troppo bisogno di spiccare il volo per stare meglio, per sentirsi vivo davvero. Un sorriso che fa sperare Letizia, la fa sperare davvero tanto.

«Ciao.» la saluta il moro con un cenno veloce della mano, a cui lei risponde allo stesso modo, ancora preda di quel senso di sorpresa che le è nato dentro quando ha visto Calum davanti a sé all'improvviso. Perché non è mai successo qualcosa di simile tra loro, e Letizia non sa come affrontare quella situazione del tutto nuova.

«C-Che ci fai qui?» chiede infatti, cercando di capire.
«Tecnicamente, io abito lì.» spiega l'altro, indicando la porta alle sue spalle. «E poi volevo fare la strada con te, ma... Non sapevo se saresti uscita dalla finestra oppure dalla porta, quindi... Ho aspettato che tu uscissi.» si ritrova ad ammettere sena neppure rendersi davvero conto di ciò che ha detto fino a che i suoi occhi color caffè non incontrano quelli cioccolato di lei, sgranati, sorpresi, intimiditi, sulla difensiva.

«I-Io...» comincia Letizia, ma poi si zittisce, con le parole che lentamente le muoiono in gola, perché non sa davvero che cosa dire; non sa come comportarsi o cosa pensare in quella situazione che per lei è parecchio bizzarra, troppo fuori dalla sua normalità, dalla sua solitudine.

Burn with you || c.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora