11. Spettatori

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L'alcol inizia a scorrere nelle vene. I due Sex on the beach ballano nel mio stomaco ed io come loro seguo la musica. Muovo i fianchi, le spalle, la testa. Vedo le persone intorno a me girare più del dovuto, ma sto bene. Le braccia muscolose di Mirko mi stringono a sé ora, mi tirano su dopo. Mi sto divertendo, inizio a vedere le cose con leggerezza, senza giudicare o valutare, solo istinto. Mirko è così bello, la pelle color caramello brilla, leggermente sudata, sotto i riflettori intermittenti, gli stessi che fanno contrastare i denti così bianchi di quel sorriso continuamente rivoltomi. E noi, siamo giovani, spensierati, a tratti così pesanti e provati, a tratti leggeri, che potremmo sollevarci ed andarcene trascinati dal vento, in una danza eterna. Non ci importa di chi siamo, delle formalità. La mano grande di Mirko mi accarezza la schiena, sotto il top, segue la spina dorsale su e giù.
«Sei liscia.» mi sussurra.
«Anche te.» rispondo passando una mano sui suoi bicipiti e avvicinandomi. Lui in tutta la sua scioltezza, mi prende il mento tra le mani e dopo un sorriso seducente annulla ogni distanza. Le sue labbra aderiscono alle mie, muovendosi, danzando, presto la sua lingua si fa spazio e cerca la mia. È un bacio per nulla casto, ma azzardato, pieno di complicità, tensione. Poi si stacca ed inizia a scendere, lasciando umidi baci sul collo, mordicchiando, come a degustare ogni millimetro della mia pelle.
«Chiariamo una cosa.» dico bloccandolo.
Mirko solleva un sopracciglio.
«Dopo sta sera non mi chiederai di uscire o altre merdate.»
Il suo volto corrugato si distende e sembra rilassarsi, il che ha lo stesso effetto su di me. Più il tempo passa, più mi convinco che io e lui siamo uguali. Liberi e scapestrati, due cavalli selvaggi indomabili. Ci guardiamo e contemporaneamente sorridiamo, fino a scoppiare in una vera e propria risata, senza contegno. Mirko mi prende per mano e mi trascina fuori dalla pista da ballo, fino al guardaroba dove agguanto in fretta e furia il cappotto, per poi proseguire di fuori, sempre attaccata al castano. Usciamo e sento che l'alcol ha raggiunto il livello massimo e da i suoi effetti in un crescendo. Mi sento così felice.
«Mel dove vai?»
La voce è di Marc, che sta fumando una sigaretta in compagnia di persone a cui non faccio neanche caso.
«A fare un giro Marc!» esclamo con un grande entusiasmo.
Lui sembra irritarsi e guarda sospettoso la mia mano allacciata a quella di Mirko e poi Mirko stesso.
«Hai bevuto?» chiede tornando a guardarmi.
«Poco poco.» rispondo, imitando con due dita una quantità che non raggiungerà nemmeno 10 dl. Sento Mirko ridacchiare.
«E questo chi è?»
«Dai non fare il paparino! Sto bene, anzi benissimo; alle 2 ci troviamo qua davanti, come sempre.» sentenzio in un lampo di lucidità.
Non lo lascio rispondere e inizio a correre per la strada assieme a Mirko.
«Dove vuoi andare?» chiede lui ridacchiando.
«Non lo so, voglio correre.»
«Hai voglia di fare qualcosa di illegale?» chiede fermandosi.
La Mel normale si sarebbe bloccata a chiedersi mille cose, ma la Mel di stasera ha voglia di uscire dalle righe e quel ragazzo dagli occhi grandi, con quel suo sorrisetto ammiccante non lascia dubbi nella mia testa.
«Assolutamente.»
«Vieni con me, allora.»
Stringe la mia mano nella sua e ricomincia a correre ed io, non so perché, lo seguo a ruota. Corriamo cinque minuti, saltando, gridando, spingendoci, ridendo, finché lui si ferma davanti ad un grande cancello. Lo imito e riconosco lo stadio della città.
«Cosa vuoi fare?» chiedo ammirando l'imponenza della struttura di fronte a noi.
«Entrare.»
Sono ancora indecisa se ridere della sua battuta o se mandarlo direttamente a quel paese, che lui sta già scavalcando una rete laterale al cancello.
«Mirko ma che...Mirko!»
Con un balzo atterra dall'altra parte.
«Come pensi di superare quello?» chiedo indicando un portale nero, alto almeno cinque metri, dietro alle sue spalle.
«Ho i miei mezzi, tesoro.» risponde mordendosi un labbro.
«Dai muoviti!»
Di nuovo non so cosa mi spinga ad iniziare ad incastrare i piedi tra le travi del cancello, a salire, a scavalcare avendo indosso una gonna, e poi a scendere con un balzo tra le braccia di Mirko. Forse perché non ne posso più di persone che mi dicano cosa non fare, quando ci sono infinite cose che si possono fare, giuste o sbagliate. Nemmeno io so se questa sia giusta o sbagliata, ma la sto facendo e, oh Gesù, mi sento così forte.
«Brava questa Barbie.» schiaccia un occhio lui.
«Non chiamarmi così, lo odio.»
«Perché?»
«Andiamo?»
Annuisce con una risatina e si avvia verso le pareti dello stadio. Camminiamo almeno per cento metri, finché non ci troviamo davanti una zona chiusa con la rete arancione ed un cartello di lavori in corso. Mirko tira su un angolo della rete e mi invita galantemente a passare sotto.
Passo e trovo uno scavo nella parete nera e un passaggio abbastanza alto che porta all'interno. Guardo Mirko con aria interrogativa e lui mi risponde: «Lavori alle tubature.»
Sorrido e lo seguo per la strettoia che ci porta in uno spogliatoio, da qua in quattro e quattr'otto ci troviamo proprio in campo. È assolutamente uno spettacolo mozzafiato, un teatro enorme buio e vuoto, dipinto dalla luce lunare. Noi così piccoli, inosservati varchiamo la palizzata e camminiamo nell'erba sintetica. Giro su di me per un attimo, cercando di assorbire ogni prospettiva di quell'esperienza che non ricapiterà mai più.
«Wow!» grido e ascolto la mia voce rimbalzare, quasi fosse visibile, tra quelle schiere tristi di seggiole blu.
Mirko nel frattempo ha raggiunto il centro esatto del campo e sta ridendo. Probabilmente sono ridicola, qua ad urlare, eccitata come una bambina al parco giochi, ma non mi interessa perché questa serata è una di quelle che non voglio dimenticare. Corro verso Mirko e gli salto in braccio, avvolgendolo con le gambe. Lui inizia a girare e sembra uno di quei film, in cui alla fine muore uno dei due innamorati e si rivedono tutte le scene cruciali della loro storia, con una musichetta spezzacuori. Credo che siano le parti in cui i compositori delle colonne sonore si divertano di più in assoluto.
«È bellissimo Mirko.» ammetto mentre mi lascia giù, senza sciogliere l'abbraccio.
«Mi gira la testa.» esclama lui toccandosela con una mano.
«Anche a me.»
Ridiamo guardandoci negli occhi e poi lui si sdraia nell'erba. Apre un braccio, facendomi cenno di imitarlo ed io non perdo tempo, mi accoccolo vicino a lui. Il cielo è segnato da stelle incredibili, e questo teatro oscuro, sembra girare per renderci spettatori di uno spettacolo ancora più grandioso: la luna, quasi piena che ci sorride.

Tutti pazzi di leiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora