Corriamo per il parco come due matti. Non so perché lo seguo, senza farmi domande o senza farle a lui. È già la seconda volta che mi ritrovo a correre mano nella mano con uno sconosciuto nell'arco di un mese. Devo avere dei problemi, credo. Eppure mi sento così viva, lui è così bello, con quel sorriso angelico, che farebbe sciogliere un'industria intera di Lindt. Ogni tanto si volta a guardarmi, come per assicurarsi che io sia ancora qua, forse anche lui nella sua pazzia crede di averne trovata una ancora più fuori di sé. Siamo arrivati nel cuore del parco, il punto con più alberi, quello da cui mamma mi diceva di allontanarmi, perché c'erano i drogati. In effetti non è un posto da pic nic, ma ha il suo fascino come tutte le cose proibite d'altra parte. Il biondo si ferma e recupera il fiato, continuando a guardarmi. Guardarmi e sorridere. Respiro anch'io a fatica, stanca.
«Io... sono... Lori.» dice tra una boccata e l'altra. Io non ho abbastanza fiato per rispondere.
Scoppiamo a ridere per questa situazione assurda, credo. Ridiamo con il fiatone, ridiamo come se non ci fosse passato o futuro, come se non esistessero convenzioni e noi ci conoscessimo da sempre.
«Ora ti porto in un posto.» dice lui con un ultimo travolgente sorriso. Nel frattempo ha tirato fuori una bicicletta da un cespuglio e la sta pulendo.
«Ti fidi di me?»
Non rispondo perché non lo so, come posso saperlo? È matto come un cavallo, ma chi non lo è? Si io mi fido di lui, perché voglio, perché i suoi occhi nei miei mi fanno salire brividi per tutta la colonna vertebrale.
Non serve risposta, monto sulla bicicletta dietro a questo angelo pazzo, sul portapacchi.
«Reggiti.» sussurra mentre filiamo rapidi tra le piante e poi sul viale.
«Vasco andiamo!» chiamo il cagnone che non ha mai smesso di correrci dietro.
Mi ritrovo a stringere le braccia intorno alla vita di "Lori", nel mezzo della città, tra i palazzi e gli incroci. La gente ci guarda curiosa ed io provo ad immaginare la scena che offriamo: due ragazzi giovani a bordo di una bicicletta sgangherata e un cane dal folto pelo che li insegue. Lori pedala manco fosse un professionista, tagliando in strade mai viste prima d'ora. Della mia città conosco solo i luoghi fondamentali: casa, quella dei miei amici, scuola, ospedale, cinema, piscina, parco. Una volta fuori da questi contorni c'è un mondo e Lori me lo fa scoprire come una foto sulle montagne russe. Una volta scattata non puoi ripeterla, se esci male, così rimarrà. Vedo un supermercato abbandonato, con la grande insegna a pezzi e i cani randagi che ci vivono. Superiamo una villa che pare la reggia dei principi nei cartoni animati, ma è troppo fuori luogo, tra lo sfacelo di quella zona. Pare che sia stato fatto un incantesimo solo nella terra recintata. Mentre le piante rinsecchite fuori acclamano un po' di quel beneficio così ben custodito. Lori si alza sulla bici e pedala a scatti, perché siamo nel bel mezzo di una salita. Non so che fare, vorrei aiutarlo, così mi alzo pure io, reggendomi sul telaio, cercando di mantenere l'equilibrio e probabilmente di sopravvivere.
«Brava!» grida il biondo.
Vasco è ancora dietro di noi che corre con la lingua fuori e un espressione beata. È così ubbidiente che non servono corde con lui. Tanto ubbidiente da non saper riconoscere la libertà, nemmeno quando la ha. Torno a guardare di fronte a me e noto che siamo giunti in cima alla lunga salita. Non ci sono più case intorno a noi, solo distese aride di terreno e qualche alberello stanco ogni tanto. La strada come saliva, ora scende e mi pare davvero di essere finita su una montagna russa. Ci risediamo sulla bici e la velocità si impossessa di noi. Sento il cuore strapparmisi e rimanere schiacciato in gola dalla forza di gravità. Do voce a queste emozioni urlando e urlando a più non posso. La cosa straordinaria è che non ho paura, anzi l'effetto è opposto: mi sento invulnerabile, invincibile. Chiudo gli occhi e lascio che siano solo le emozioni a parlare. L'aria mi scivola addosso, senza ferirmi.
Quando riapro gli occhi siamo arrivati alla fine della discesa. Lori entra in un parcheggio immenso, pieno di buche e crepe, evidentemente abbandonato. Su di esso si affaccia una vecchia fabbrica disabitata, ricoperta di murales coloratissimi.
«Arrivati.» canticchia Lori.
Salto giù dalla bici e aspetto che Vasco ci raggiunga ormai stanchissimo.
«Vas come stai? Si sentono gli anni eh?» scherzo accarezzandogli le orecchie.
«Prego siete i benvenuti!» grida il pazzo all'ingresso della fabbrica.
«Vuoi davvero che io entri lì?» chiedo piuttosto retorica.
«Si madame.» sorride con un inchino.
«Se un illuso se credi che lo farò.» ridacchio.
Lori mi carica di peso sulla spalla e sono inutili le mie imprecazioni o i tentativi a lasciarmi andare. Mi porta per quelle che sembrano delle scale, tutte piene di graffiti. Poi apre qualche porta e quando finalmente mi lascia giù, mi rendo conto che siamo in cima al grande edificio. Di fronte a me c'è l'intera città a partire dal centro con i suoi palazzi imponenti, che mi son sempre parsi arrabbiati, le sue ville colorate barricate dalle grandi cancellate, che vogliono proteggere tutto quell'ostentare, i quartieri malfamati, dove regna silenzio e desolazione fino al tramonto. Seguo i lineamenti di quella grande signora e riconosco la mia scuola di fronte alla palestra, persino la pizzeria dove pranziamo spesso, trovo casa mia nelle sue pareti rosa antico e la grande stella d'alluminio che Angi ha insistito tanto per attaccarla sul tetto. Mi viene in mente la sua vocina insistente: «Così gli alieni sanno che pensiamo anche a loro.»
Piccola Angi, amore mio, non sai quanto hai ragione.
Mi volto e mi ricompongo perché il fantomatico ragazzo mi sta fissando, con un sorrisetto beato.
«Che hai?»
«Niente niente.» scuote la testa, senza mai dissolvere quell'espressione.
«Come ti chiami?»
Non so se voglio dirglielo. In fondo chi è lui? Che senso ha che sappia il mio nome.
«Non te lo dico.» sorrido come un bimba.
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Tutti pazzi di lei
Teen FictionE se la protagonista fosse apparentemente bellissima ed inarrivabile? Se il problema non fosse trovare un ragazzo che s'innamori, ma trovarne uno che non lo faccia?