14. Libere

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Che abbia sbagliato? Che volesse inviarlo a qualcuno che non sono di certo io? Su Whatsapp sarebbe improbabile, una chat si distingue dall'altra. Eppure, quel messaggio è tutt'altro che normale, come se fosse stato inviato direttamente da un anno fa. Ma se ci fosse anche solo una piccola possibilità di risentimento da parte di Paola, non aspetterei un secondo ad approfittarne. Con tutta me spero che anche lei senta la mia mancanza, che voglia vedermi. Ed è per questo che mi trovo ad indossare le Allstar bianche, una felpa in più ed uscire di casa, senza avvertire nessuno.
Il solito posto: per me e Bea era l'angolo dove ci siamo scontrate, una in skate e una in bici, la mattina di maggio in cui ci siamo conosciute. È due quartieri dopo il mio, tre prima del suo. Alle 6.30 sono già seduta al muretto, dove io e lei ci raccontavamo ogni cosa, mangiando enormi cookies al cioccolato e bevendo succo all'ananas. Segnavamo su quel muretto quanti giorni passavano senza che la macchina volante venisse inventata. Mi piange il cuore a vedere i nostri segni di gesso sciolti dalle pioggie, dalla nostra assenza. Credevamo davvero in quell'invenzione, immaginavamo un mondo in cui la terra fosse finalmente libera, poiché macchine e trasporti volavano su nel cielo. Un sogno di due ragazzine di 13 anni, folle? Ogni cosa folle, rende le persone libere.
Io e lei siamo diventate libere insieme, abbiamo condiviso tante di quelle emozioni, dalle più macabre, a quelle spensierate, che tra noi si era creato una simbiosi, quasi naturale. Da fuori, eravamo due amiche, strette si, ma nessuno poteva sapere che quando il cugino inglese di Beatrice era morto, io avevo preso un aereo di nascosto con lei, pur di accompagnarla. O che in un pomeriggio di Agosto, avevamo fatto un'escursione con ragazzi molto più grandi, che avevano provato a molestarci in mezzo alle montagne e che noi due, sempre sole contro il mondo, ci eravamo difese a vicenda e ce l'eravamo data a gambe, perdendoci nei boschi. Una volta a casa, nessuno doveva sapere cosa avevamo passato, e i pianti, gli sfoghi, gli incubi li condividevamo tra noi. Libere, ma vincolate ad un mondo troppo crudele.
Sento il cuore sobbalzare nel petto, quando Bea, in carne ed ossa, gira l'angolo. Indossa la sua felpa verde e dei jeans skinny da cui si deducono i diversi chili persi, nel corso di circa tre mesi. Penso che sia comunque incredibilmente bella, come lo è sempre stata d'altra parte. Molti dicono che io e lei ci assomigliamo, nonostante siamo una bionda ed una castana. Quante feste, passate vestite abbinate, quanti carnevali una travestita da poliziotta, una da criminale. Quanti post sulle BEM, come Claudia ci chiamava sul suo blog. Quanti cuori infranti. Mi manca anche tutto questo, nonostante molti dicono che da quando ci siamo separate, ho tutta la scena per me. Ma quale scena, se non posso condividerla con lei? Quali ragazzi, se non posso presentarglieli?
«Ciao Bea.» la saluto alzandomi.
«Stai, stai.» dice con noncuranza, sedendosi sul muretto. Mi rimetto al mio posto, continuando a fissarla. Alza gli occhi un momento e li posa su di me, per poi rigirarsi e ridacchiare.
«Cosa ridi?»
«Niente. Cosa hai combinato sabato?»
«Come fai a saperlo?»
Poi ricordo Claudia, maledettissima Claudia.
«Ah già il blog.» mi rispondo rapida.
«Veramente no. Non seguo più quella roba. Solo che sabato notte Marco mi ha telefonata, chiedendomi se sapessi dov'eri.»
Cosa? Marco ha telefonato seriamente Bea? La guardo con aria interrogativa e lei deduce la mia confusione.
«Erano le 4 più o meno. Mi ha svegliato. Aveva bevuto sicuramente, sembrava disperato giuro. Ha detto che te n'eri andata con uno stronzo imbalsamato, parole sue, e che il lui in questione aveva risposto con il tuo telefono dicendo che dormivi, ma stavi bene. Straparlava, Meli, dovevi sentirlo!» spiega con una risatina.
Come mai io non so di queste cose? Cosa faceva Marco ancora in giro nel cuore della notte a cercarmi?
«Che strano...» commento.
Mi piace la naturalezza con cui è iniziata questa conversazione, mi riporta indietro, come se niente fosse stato davvero interrotto.
«E lui com'è?» mi chiede Bea, guardandomi negli occhi. So benissimo a chi si riferisce, vuole sapere com'è Mirko, il ragazzo per cui ho abbandonato i miei amici.
«Assurdo. Bello come un dio, molto misterioso, ma sotto sotto fottutamente romantico. Mi ha portato nello stadio, sotto la volta celeste e la luna piena. Abbiamo dormito sdraiati nel prato e non mi ha sfiorata con un dito.» racconto, ripercorrendo con la mente, quelle ore magiche. E come al solito con Bea non posso trattenermi, gli racconto tutto nei minimi dettagli, i baci, gli sguardi e pure quegli scambi brevi e diretti di parole.
«Niente male, signorina.» mi sorride. Quanto mi era mancato il sorriso dell'unica migliore amica che ho mai avuto.
«Già, ma in ogni caso... Non lo rivedrò più. Ci eravamo detti che sarebbe stata solo una notte di follia.» ammetto con un velo di amarezza.
«Se è destino, lo incontrerai di nuovo.»
È sempre stata fissata con il destino ed io pure, prima. Ma dopo Fred credo che siano tutte puttanate. Il destino è solo un bel modo per dipingere il vuoto, l'incertezza, l'ignoto. Ci piace dare un nome alle cose incontrollabili, ma quando si da un nome a qualcosa, si finisce per affezionarsi. E il destino non è un animale domestico, che ubbidisce e torna quando lo chiami per nome. Il destino è uno tsunami nel mare, passa e trascina tutta l'acqua che c'è, senza un ordine, la solleva e la rigira. Puoi avere in tasca le carte giuste, ma quello arriva e le rimescola casualmente, lasciandoti libero soltanto di ripartire da zero, demoralizzato.
«Bea, cosa ti è successo?»
Fissa un punto nel pavimento del marciapiede, forse un tombino, forse il vuoto.
«Ti ricordi che ci dicevano ogni cosa, io e te?»
Annuisco. Ma è ovvio, Bea.
«Ecco. Questa è una cosa tanto più grande di me, che non riesco a raccontarla nemmeno a te, Mel. Non mi spingere a farlo, perché più spingi, più la ricacci dentro.»
Sento la sua voce tremare, mentre utilizza questa metafora.
«Va bene. Ma devi permettermi una cosa: che non starai più lontana da me.»
I suoi grandi occhi blu le si stanno inumidendo, quando li porta a cercare i miei.
«Posso provarci, ma non chiedermi che le cose tornino come prima. Possiamo incontrarci qua, ma a scuola deve rimanere tutto così. I ragazzi non devono saperne niente.»
Sono sempre più confusa, questa storia non mi piace, non mi piace tenere un segreto del genere. In particolare nei confronti dei miei migliori amici, di Tomma. Ma per lei posso farlo, per poterla riavere, seduta al mio fianco, sopra questo muretto, voglio farlo. Mentre prendo questa decisione, Bea mi abbraccia forte e presto sprofondiamo in un pianto comune e liberatorio.


Ciao a tutti
C'è ancora qualcuno che sta seguendo questa storia?
Spero vi piaccia, un bacio

Tutti pazzi di leiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora