Parte 11 Anno 2002

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GIANNA

Erika aveva quasi due anni.

Le piaceva camminare da sola.

Correva a paperella con il pannolino che le sporgeva un po' più del dovuto, mentre io la seguivo con lo sguardo, restando pochi passi più indietro.

Adorava gli animali e quando ne vedeva uno, iniziava a inseguirlo cercando in tutti i modi di acchiapparlo. Un giorno un cagnolino che stava riposando sotto un albero, si è visto arrivare addosso il mio piccolo uragano. Ha iniziato ad abbracciarselo, ad accarezzarlo, a cercare di prenderlo in braccio e il malcapitato, zitto, si lasciava fare tutto. Finché sentendo la voce del padrone che lo cercava, non se la scrollò di dosso per corrergli incontro.

"Muttley! Eccoti qui finalmente. Vedo che hai fatto amicizia!"

Il cane gli saltellava intorno allegro scodinzolando, come volendo rispondere alla domanda, mentre il tizio si avvicinava con fare paterno a Erika.

"E tu chi sei piccolina?"

Erika lo ignorò e corse a nascondersi dietro le mie gambe. Io, invece di intervenire prontamente come avrei dovuto fare parlando al posto di mia figlia, mi ritrovai zitta e imbambolata a fissarlo, affascinata da quella sua faccia pulita e dall'espressione da bravo ragazzo. Fino a quando il suo sguardo interrogativo posato persistentemente su di me, mi spronò a rispondere alle sue perplessità, più per togliermi dall'imbarazzo che per altro.

"Oh ti prego scusaci" - esordii dandogli del tu, notando che poteva avere al massimo qualche anno più di me - "Mia figlia ha un debole per gli animali e quando ne incrocia uno non resiste alla tentazione di dimostrargli tutto il suo amore".

"Nessun problema. Muttley adora i bambini e tanto più chi gli dimostra amore!". Lo disse rivolgendomi un sorriso rassicurante che aggiungeva valore alle sue parole. "Piuttosto, spero di non aver spaventato io la tua bambina".

"Ma no, non ti preoccupare. Non è spaventata. E' solo timida. Non ci capita spesso di parlare con sconosciuti"

"Capisco. Allora dovremmo subito rimediare. Presentiamoci, così non saremo più sconosciuti. Io sono Stefano e lui è Muttley. E voi siete?"

"Io Gianna e lei Erika"

"Piacere ragazze! Io e il mio amico Muttley possiamo offrirvi un gelato per farci perdonare di avere spaventato la piccola Erika?"

Alla parola gelato, Erika perse ogni timidezza e iniziò una danza di felicità che mi spinse ad accettare l'offerta, non me la sentivo di soffocare tanta gioia. E a essere sinceri, nemmeno a me dispiaceva avere a che fare con un mio coetaneo, dopo tanti giorni passati in compagnia di soli bambini o vecchi. Campo non poteva certo definirsi un paese pieno di vita. E quasi tutti i giovani, una volta raggiunta la maggiore età, preferivano partire per nuovi orizzonti con la scusa degli studi o del lavoro.

Stefano era una novità. Non lo avevo mai visto prima di quel giorno e c'era un perché.

Si era da poco trasferito da Milano per poter seguire il suo corso di studi a Pisa. Gli affitti a Pisa città erano troppo cari per uno studente con un lavoretto part-time e a lui non andava di condividere l'appartamento con degli estranei. E così aveva optato per un appartamentino in campagna. Era un po' umido e spesso doveva sopportare gli odori dei campi concimati, ma non era una tragedia.

Si era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza. Sarebbe diventato un avvocato.

Lo ascoltavo rapita, mentre mi parlava con tanto entusiasmo dei suoi progetti per il futuro. Io non avevo alcun programma per il mio futuro, mentre lui sapeva esattamente dove voleva arrivare. Voleva difendere le persone che non potevano permettersi un legale, perché tutti avevano il diritto di essere tutelati dalla legge, anche chi non aveva i soldi per poter pagare chi la legge la conosceva. Gli invidiavo la sua determinazione e il suo progetto filantropico.

Era facile parlare con Stefano. Ti raccontava di sé, ma era anche interessato a sapere di te. Come se la mia storia non avesse fatto altro che attendere la persona giusta per uscire allo scoperto, davanti a lui si srotolò nella sua interezza, trovandosi al cospetto di una persona comprensiva e interessata, persino desiderosa di aiutare.

Fu proprio Stefano ad aiutarmi a capire che tutti noi abbiamo delle responsabilità non solo verso noi stessi, ma anche verso il nostro prossimo. E il mio prossimo più vicino era mia figlia. Il mio dovere primario era nei suoi confronti. Dovevo difendere i suoi diritti. E lui poteva aiutarmi.

Un desiderio dentro al cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora