Parte 22 Anno 2015 Gianna

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GIANNA

Il suono del campanello aveva acceso nel mio cuore un moto di speranza. Mi ero illusa che fosse lei. Tornata, magari persino pentita, avendo finalmente realizzato che grande stupidata ha fatto.

E invece era lui. Dopo cinque anni dal nostro ultimo incontro, eccolo alla mia porta.

Mi chiedo che effetto mi avrebbe fatto rivederlo in altre circostanze. In un momento dove il mio cuore fosse stato libero di soffermarsi sulle sensazioni provate nel rivederlo.

Dopo tanto tempo impegnato a convincermi di odiarlo, il vuoto allo stomaco che mi ha investito nel riguardare i suoi occhi nocciola dalle venature dorate, mi ha preso del tutto alla sprovvista.

Credo esistano sentimenti che anche contro la nostra volontà continuano a vivere in cattività, dove nessuno li può vedere. Si nascondono per paura di subire nuovi attentati e ricompaiono solo quando non si hanno le forze per combatterli.

Per pochi istanti, senza proferir parola, ci siamo osservati, quasi a voler intuire le rispettive emozioni. Purtroppo, però, la rabbia ha presto preso il sopravvento sulla sorpresa. E non appena il mio cervello mi ha ricordato quanto ancora bruciassero le taglienti parole sputatemi addosso solo qualche ora fa, nonché le sue colpe legate alla scomparsa di Erika, lo schiaffo è partito in automatico. Un manrovescio colmo di tutta l'ansia e l'amarezza che ho covato nelle ultime interminabili ore. Ho visto tutta la tensione della mia anima sciogliersi come neve al sole, sfociando in un pianto liberatorio.

E' stato a quel punto che mi sono persa nel suo abbraccio, incapace di ribellarmi a quel calore che mi ha regalato attimi di sollievo, illudendomi che non fossi più sola nell'affrontare le mie paure più grandi.

Ma l'odioso grillo parlante dentro la mia testa, non faceva che ripetermi: "Che stai facendo? Non ti ricordi chi è quest'uomo?". E così al suo ennesimo rimprovero, mi sono di malavoglia staccata da lui per dirgli, con aria meno severa di quanto avrei voluto:

"Stefano che ci fai qui? Con che coraggio ti presenti qui dopo quello che hai fatto? Dovresti essere in giro per Pisa a cercare Erika in ogni angolo della città! Perché sei qui? Di che utilità può essere la tua presenza qui?"

Nell'attesa di una risposta, ho scrutato nuovamente il suo volto e solo in quel momento ho notato quanto fosse pallido e stravolto. Era come guardarmi allo specchio. Capelli spettinati. Occhiaie. Aria esausta. Dopo qualche secondo, con voce flebile, quasi in tono di supplica, ha replicato:

"Gianna, se potessi tornare indietro nel tempo per riparare al danno che ho causato, credimi, l'avrei già fatto! Purtroppo però, questo non è possibile. Quello che posso fare invece è stare al tuo fianco per ritrovare Erika. Permettimi di starti vicino, Gianna. Permettimi di essere il tuo sostegno in questo momento difficile. Voglio essere la spalla su cui tu potrai piangere quando ne avrai bisogno. Voglio essere la persona con cui ti potrai sfogare all'occorrenza... Voglio essere il rinforzo che ti impedirà di crollare. Ti prego Gianna, non conosco altri modi per rimediare, permettimi di essere il tuo appoggio!"

A quelle parole il mio spirito combattivo si è assopito. Ero troppo stanca per riuscire a contrastare il mio cuore. Ho messo a tacere il grillo parlante e ho fatto entrare Stefano in quella che fino a non molti anni fa era anche casa sua. Ci siamo seduti sul divano e in un automatismo, reminiscenza dei tempi lontani, mi sono permessa di appisolarmi con la testa appoggiata sulle sue gambe, fino alle prime ore del mattino.

Quando mi sono svegliata di soprassalto, in preda all'ennesimo incubo, l'ho trovato che mi accarezzava i capelli con gli occhi lucidi e il respiro irregolare.

"Hai fatto un brutto sogno?"

Ho fatto cenno di sì col capo e ho ribattuto:

"Non sei riuscito a dormire per niente?"

"No. Pensavo a quanto mi è mancata questa casa. Non me ne ero reso conto fino a quando non ci ho rimesso piede"

"Ti prego Stefano. Non mi sembra il momento adatto per parlare di questo".

"Lo so. Non ne voglio parlare infatti. Non ora. Ho solo voluto dirti a cosa stavo pensando. Tutto qui".

Mi sono alzata senza dire altro per paura di alterare ulteriormente i fragili equilibri e mi sono chiusa in bagno. Avevo bisogno di farmi una doccia per togliermi di dosso il torpore di questa notte insonne.

Sono le sei del mattino. Tra due ore potremo tornare in caserma.

Resto sotto l'acqua calda a lungo, sperando che il calore sia in grado di vaporizzare anche i miei pensieri, eppure non faccio che rimuginare su quanto è accaduto. La fuga di Erika. Il ritorno di Stefano. Frammenti del passato che si riaffacciano alla memoria uno dopo l'altro, ricomponendosi come in un puzzle.

Uscita dal bagno, mi accorgo che Stefano non si è mosso dal divano. È ancora nella stessa identica posizione in cui l'avevo lasciato. E come continuando la conversazione da me interrotta, senza preamboli, mi dice:

"Non bevo più, sai? Ho seguito il tuo consiglio e ce l'ho fatta. Ho sconfitto il nemico una volta per tutte".

Un desiderio dentro al cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora