Parte 26 Gianna Anno 2003

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Ebbi un attimo di esitazione davanti alla porta della bottega, ma poi presi un lungo respiro, come se l'aria fosse ripiena di particelle di coraggio ed entrai. Al banco non c'era nessuno, finché il cigolio della porta non richiamò l'attenzione di una signora sulla cinquantina che aveva un non so che di familiare.

Dove avevo già visto quegli occhi?

Affacciandosi dal retro bottega, mi squadrò da capo a piedi con espressione sospettosa, probabilmente domandandosi chi fossi. Lei ci era nata e cresciuta in quel paese e sapeva riconoscere una faccia nuova.

"Posso esserle utile?"

"Buongiorno, stavo cercando Piero Martinelli"

"Per che cosa?"

"Sono una sua vecchia amica e visto che passavo di qui, volevo fargli un saluto"

"In questo momento è occupato. Non penso che potrà riceverla"

Nel preciso istante che disse quelle parole vidi comparire Piero dalla stessa porta.

Ecco dove avevo visto quegli occhi!

Lasciò a metà la frase:

"Mamma, chi..."

Credo che il mio cuore non avesse mai battuto così forte. Rivedere il suo volto, le sue labbra, la sua pelle scura, i suoi riccioli neri...mi fece dimenticare per un attimo quante ragioni avessi per odiarlo. E contro ogni mia volontà, mi sentii emozionata per quell'incontro.  

Rimanemmo entrambi come paralizzati per qualche interminabile minuto, mentre ci studiavamo nei dettagli per registrare ogni minimo cambiamento.

Mi sembrò di scorgere nei suoi occhi un luccichio e mi convinsi che fosse contento di rivedermi. Ero sul punto di buttarmi tra le sue braccia, pronta ad accettare le sue scuse per il comportamento immaturo che aveva avuto, sicura che se ne fosse pentito.

Ma sua madre interruppe quel momento idilliaco sul nascere.

"Piero chi è questa ragazza?"

"Mamma, non è nessuno. Sta tranquilla. Torna in bottega, ti raggiungo in un attimo"

L'ennesimo colpo al cuore.

Non è nessuno? 

Avrei voluto urlare che ero la madre di sua figlia, ma mi mancò il coraggio e tacqui. 

Non appena sua madre scomparì dalla stessa porta da cui era comparsa, lui si avvicinò a me e, prendendomi alla sprovvista, mi afferrò con violenza i capelli nella parte bassa della nuca, bloccando ogni mio movimento. Avvicinò la sua bocca al mio orecchio e mi sussurrò con un tono glaciale:

"Che diavolo ci fai qui? Mi sembrava di essere stato chiaro quando ti dissi di non farti più vedere!"

Un brivido mi percorse la schiena. Ricordavo fin troppo bene quello che mi disse l'ultima volta che lo vidi e anche come me lo disse. Le lacrime iniziarono a sgorgare dai miei occhi, mentre lui mi strattonava per avere una risposta.

Fu in quel momento che entrò nella bottega Stefano.

"Che stai facendo? Lasciala"

"E questo pidocchio chi è?"

"Sono suo marito! Lasciala subito!"

A quelle parole, Piero mi spinse con veemenza addosso a Stefano, dicendo:

"Tienitela! E' tutta tua! Dovresti imparare a domare meglio la tua donna!"

Stefano mi accarezzò i capelli e guardandomi negli occhi mi disse: "Come stai? Va tutto bene?"

Quelle parole erano del tutto prive di significato per me, dopo quello che mi aveva fatto. Pensava davvero di poter rimediare a tutto il danno causato con una frase retorica?

Gli diedi le spalle mentre dentro di me sentivo che qualcosa era andato in mille pezzi, di nuovo, credo si trattasse del mio cuore.

"Avete finito? Io non ho tempo da perdere con i vostri litigi amorosi! Andatevene via da qui!"

"Signor Martinelli, siamo qui per invitarla a conoscere sua figlia"

"Ti stai sbagliando pidocchio, io non ho nessuna figlia! Se quella cagna ti ha detto il contrario, sputale in bocca! E' una bugiarda!"

"Ah sì? Una bugiarda dice? Benissimo. Saremo felici di scoprire la verità con un semplice test del DNA"

"Forse non ci siamo capiti" – rispose lui con fare sempre più intimidatorio – "Ti ho detto che io non ho figli. E questo ti deve bastare! Siamo intesi?"

"Mi dispiace ma non funziona così, sig. Martinelli. Non si possono fare figli e poi lavarsene le mani"

Lui scoppiò in una fragorosa risata che interruppe all'improvviso per dire:

"Se non ve ne andate subito chiamo la polizia!"

"Certo, chiami la polizia! Vedremo chi è nel torto e chi nella ragione!"

A quel punto la sua ira fu tale che non fu più in grado di trattenerla. Si avventò su Stefano e lo prese per il collo della camicia:

"Tu non hai idea di con chi hai a che fare, vero? Se vuoi te lo posso fare capire in un attimo"

Gli piantò un calcio in mezzo alle gambe che gli tolse il respiro. Poi spinse fuori dal negozio sia me che lui, con tanta forza da farci cadere per terra, urlando alle nostre spalle: 

"Spero di esser stato abbastanza chiaro!"

Appena prima di sbattere la porta.

Io non riuscivo a smettere di piangere. Non tanto per il dolore fisico, quanto per quello dell'anima. La delusione di Stefano, unita alla consapevolezza del disprezzo di Piero, mi portavano a chiedermi cosa avessi fatto di male per meritare uomini del genere nella mia vita. A partire da mio padre con il suo vizio del bere e la sua abitudine di alzare le mani. Come ero potuta ricadere nello stesso tunnel in cui era caduta mia madre, al fianco di uomini che non mi amavano, per ben due volte consecutive?

Stefano mi si avvicinò e cercò di abbracciarmi, ma io non glielo permisi.

"Sei soddisfatto ora?"

"Puoi star certa che questa storia non finisce qui!"

"Continui a non capire, vero? Nemmeno ora che lo hai visto? Ma perché ti è così difficile comprendere che in certi casi è meglio lasciare perdere?"

"Perché esiste una cosa chiamata giustizia e non ho nessuna intenzione di ignorarla solo perché un gradasso qualunque fa la voce grossa! Non io, Gianna! Non io! Non gliela lascerò avere vinta!"

"Allora continua la tua lotta senza di me, perché puoi stare certo che dopo quello che mi hai fatto oggi, con me hai chiuso!"

Fu probabilmente solo in quel momento che Stefano si rese conto della portata del danno che aveva provocato con la sua azione. Ma dovette toccare il fondo, prima di capire pienamente il significato delle mie parole. 

Un desiderio dentro al cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora