Parte 20 Stefano Anno 2003

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STEFANO

Quando sono cominciati i problemi? Non saprei puntare il dito su un punto preciso della linea del tempo. E' stato un insieme di cose che poco a poco hanno creato una barriera tra di noi. Ma credo di poter dare per assodato che ciò che ci ha unito inizialmente, è stato anche ciò che ci ha separato inesorabilmente.

Solo col tempo mi sono reso conto di quanto la mia insistenza a portare avanti la causa contro Piero, nonostante lei volesse lasciar perdere, sia stata deleteria per il nostro rapporto. Un veleno a rilascio lento che, quasi impercettibilmente, ha soffocato la nostra unione. Spesso mi ripeteva che io non la capivo e che se l'avessi amata davvero, non l'avrei mai costretta a rivedere quell'uomo. Io pensavo di agire nei migliori interessi tanto di Gianna quanto di Erika. Volevo che fosse fatta giustizia. Non potevo immaginare cosa ne sarebbe scaturito. Se solo avessi avuto il minimo presentimento di cosa sarebbe potuto accadere, avrei distrutto tutte le carte che inchiodavano quel bastardo, prima che fosse troppo tardi. Ma ignaro di quello che mi aspettava, ostinatamente, l'ho spinta a proseguire su un terreno troppo scivoloso.

Le ricerche sono state lunghe e macchinose. Avevamo pochi elementi su cui basarci. Conoscevamo il nome, ma non il cognome. Sapevamo dove lavorava nel duemila, ma non avevamo idea di dove si trovasse in quel momento.

Credevo sarebbe stato sufficiente contattare l'impresa edile per la quale aveva lavorato, magari fingendomi un costruttore in cerca di personale, per ricevere tutte le informazioni di cui avevo bisogno. Ma non andò esattamente così. Ricordo ancora quella telefonata:

"Mi scusi, ho conosciuto un suo dipendente che mi è sembrato particolarmente bravo. Si chiama Piero, un ragazzo alto, moro, ha lavorato nella costruzione di via Mameli all'incirca quattro anni fa".

"Quattro anni fa? Ma se non mi ricordo nemmeno cosa ho mangiato ieri, vuole che mi ricordi chi ha lavorato in Via Mameli quattro anni fa?"

"Be non so, forse avete un registro dal quale potrebbe risalire al nome".

"Chi ha detto che è lei? Perché vuole risalire al nome di uno dei miei dipendenti? Sarà mica qualcuno dell'agenzia delle entrate?"

"No, no. Non si preoccupi. E' solo che ho un urgente bisogno di mettermi in contatto con Piero per questioni... riservate!"

"Ascolti io non la posso aiutare. Si trovi altri informatori".

Quello fu solo il primo dei vari flop che seguirono ai miei maldestri tentativi. All'ennesimo fallimento, mi convinsi della necessità di rivolgermi a un professionista e ingaggiai un investigatore privato che, non so come, nel giro di qualche mese, riuscì a scoprire che Piero Martinelli, che nell'estate del novantanove aveva lavorato per l'impresa edile Ceresi, prendendo parte anche alla costruzione del palazzo di via Mameli a Foligno, si era licenziato all'incirca due anni dopo, per trasferirsi ad Arezzo, dove si decise a unirsi alla bottega artigianale di famiglia, orafi da generazioni.

Mi presentai a Gianna con in mano la lettera ricevuta dall'investigatore con tutte le preziose informazioni scovate. Ero talmente felice di essere finalmente riuscito a rintracciare quel balordo, che non mi accorsi neanche del poco entusiasmo di Gianna.

"Arezzo! Ci puoi credere? Lo abbiamo avuto a due passi da noi per tutto questo tempo senza saperne nulla!"

"E adesso cosa pensi di fare?" - mi rispose lei con un filo di voce, fissando un punto invisibile sul pavimento.

"Il mio professore sostiene che prima di mandare una diffida sia sempre meglio tentare un approccio amichevole. Sono passati quasi quattro anni. Piero potrebbe essere cambiato. Ha iniziato a lavorare nell'impresa di famiglia! E' un buon segno! Dà l'idea di uno che inizia a prendersi le sue responsabilità. Forse ora si sente pronto a fare il padre. Credo che dovremmo contattarlo".

"Stefano, io non me la sento"

"Non te la senti? Stai scherzando, vero? E' da un anno che lo stiamo cercando, e ora che lo abbiamo finalmente trovato, ti vuoi tirare indietro?"

"Tu non puoi capire! Tu non c'eri quando mi ha intimato di non farmi più vedere! Tu non l'hai vista la rabbia nei suoi occhi! Tu..."

"Gianna, senti. Ne abbiamo già parlato. Lo so che per te non è facile, ma lo stiamo facendo per Erika, ricordi? E poi, non sei sola. Ci sono io al tuo fianco"

Con aria stanca disse solo: "Non vuoi proprio capire, eh?", poi non riuscendo più a trattenere le lacrime, scappò via e si andò a chiudere in camera, lasciandomi solo col mio bel foglio in mano, confuso e incapace di decifrare la sua reazione.

Un desiderio dentro al cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora