Parte 32 Gianna 2003

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Mille domande si affollavano nella mia testa. 

Com'era possibile che Erika non avesse urlato alla maestra che quello non era suo padre? Come poteva aver accettato di andare via con un estraneo? Le avevo ripetuto un migliaio di volte di non parlare con gli sconosciuti! Dove l'aveva portata? Erano già passate due ore da quando lui era venuto a prenderla...

"Signora Mancini, tutto bene?"

La voce della supplente mi riportò alla realtà. Ora mi si presentava un altro dilemma. 

Cosa dovevo fare? Gettare la scuola nel panico parlando di rapimento? Chiamare la polizia? O sperare di poter risolvere la situazione senza tanto chiasso?

"Certo. Tutto bene. Incomprensioni familiari. Le chiedo scusa"

Mi allontanai fingendo che non fosse successo nulla di strano, mentre un pensiero si insinuò nella mia mente. Era la prima volta che Piero vedeva Erika. La prima volta che passava tempo con lei. E in un angolo del mio cuore nutrivo la speranza segreta che quelle due ore insieme avessero intenerito Piero e risvegliato il suo senso paterno.

Aveva notato la sua somiglianza con quel piccolo angelo? Lo stesso sorriso. Lo stesso sguardo intenso.

Mi incamminai fuori dalla scuola domandandomi dove li sarei potuta andare a cercare e se fosse stato il caso di avvertire Stefano dell'accaduto.

Prima che potessi darmi una risposta, sentii una macchina accostarsi al marciapiede, appena dietro di me. Il mio cuore iniziò a battere più forte, mi voltai di scatto sicura che fossero loro e li vidi.

La tensione che mi attanagliava si sciolse nel vedere Erika che sorrideva con in mano un gelato gigante e che sventolava la manina freneticamente per salutarmi. Lui si limitò ad abbassare il finestrino e a ordinarmi:

"Sali"

Sapevo che montare in macchina con lui mi esponeva a un pericolo enorme. Ma lui aveva mia figlia e io non potevo fare altro che sottomettermi al suo volere. Cercai di salire sul lato posteriore dell'auto, ma la sicura era bloccata e così fui costretta a sedermi davanti, al suo fianco.

"Erika, stai bene?"

"Guarda mamma, lo zio Piero mi ha comprato un gelato gigante alla fragola!"

Sembrava su di giri, mentre si sporgeva verso di me per mostrarmi il suo gelato.

"Sì amore. Deve essere buonissimo"

"Sì e siamo andati anche al luna park"

"Al luna park?"

Ero confusa...

Perché Piero era stato tanto carino e gentile con Erika?

"Sì. Mi ha detto lo zio Piero che lui è il tuo amico speciale. E' vero mamma?"

"Il mio amico speciale?"

Non era certo il momento di affrontare quell'argomento con la bambina, così mi limitai a chiedere a Erika di sedersi bene e di stare tranquilla.

Ero contrariata, ma allo stesso tempo intimorita, da quell'uomo che un tempo avevo amato. Ci misi molto prima di riuscire a domandargli:

"Dove ci stai portando?"

Non rispose alla domanda, ma colse lo spunto per affrontare il tema che lo aveva spinto fino a qui:

"Ho ricevuto la vostra letterina. Pensavo di essere stato chiaro Gianna. Io non ho figli!"

Non mi andava di discutere e temevo una sua reazione, tanto più al cospetto di mia figlia. 

Sfinita replicai: 

"Io non c'entro con la citazione. Ha fatto tutto mio marito"

"Non mi interessa chi ha fatto cosa. Voglio solo che sistemi questa storia nel modo più indolore per tutti. Non ho nessuna intenzione né di fare il test del DNA né di presentarmi in tribunale. Ci siamo capiti? Sono un uomo rispettabile con un certo onore da difendere. Non posso certo permettermi di accettare tutte le figlie bastarde che ho in giro per il mondo. Tu lo capisci, vero?" – accompagnò queste parole con un freddo ghigno per poi continuare – "Sono stato molto bravo con la tua piccola bastarda oggi. Si è divertita. Ma sai Gianna, la prossima volta potrebbe andare diversamente. E tu non vuoi che ci sia una prossima volta, dico bene Gianna?"

Dicendo così fermò la macchina e iniziò a fissarmi. 

"Sei ancora molto carina" - così dicendo prese una ciocca dei miei capelli tra le dita e iniziò a giocarci - "È un vero peccato che tu abbia rovinato tutto con questa storia del procreare. Ce la saremmo potuta spassare ancora per un po' se non fosse stato per il tuo istinto materno".

Mi venne la nausea.

Poi lasciando di colpo la ciocca, lasciò scivolare il palmo della sua mano sul mio viso in una carezza fino ad arrivare al mento che afferrò seccamente e stringendolo mi disse:

"Non mi creare altri problemi Gianna, se non vuoi che io ne crei a te! Siamo intesi? Ho avuto anche fin troppa pazienza con te e il tuo maritino fino ad ora, ma vi consiglio di non giocare col fuoco! Oggi ho voluto dimostrarti quanto sia facile fare sparire un bambino. Un incidente alla maestra. Una supplente un po' svampita. E poi ci vuole davvero poco per convincere un bambino a seguire anche un serial killer... Non importa quante volte gli abbiate ripetuto di non parlare con gli sconosciuti... Sono creature ingenue e fiduciose".

Ero pietrificata. Non riuscivo a dire nulla. Il suo sguardo, il tono della sua voce, quella presa brusca sul mio viso. Piero mi spaventava. Mi paralizzava. Mi disgustava.

Poi d'improvviso mi disse: "Ora vattene. Non ho nient'altro da dirti. Mi aspetto tu faccia quello che ti ho detto. In caso contrario, bé... Lo scoprirai... Ciao Erika. Fai la brava con la mamma, d'accordo? Dai un bacino allo zio Piero!"

E mentre vedevo mia figlia dare un bacio a suo padre, ignara di quale essere ignobile fosse, avrei voluto urlarle "Non lo fare" e invece rimasi ancora una volta a guardare in silenzio, impotente e troppo fragile.


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