Parte 23 Gianna Anno 2003

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GIANNA

I miei numerosi tentativi di dissuaderlo non servirono a nulla. Non voleva vanificare il frutto di tanto duro lavoro, rinunciando a contattare Piero.

Tuttavia era ben consapevole che non sarebbe mai riuscito a convincermi a rivederlo, se non tramite qualche sotterfugio.

Non potrò mai dimenticare quel giorno. E' marchiato a fuoco nella mia memoria.

Dodici settembre duemila tre: il quarto e ultimo mesiversario che festeggiammo. Il giorno che si innalzò una barriera tra di noi che non riuscimmo più a buttare giù o forse non ci fu più la volontà di farlo.

Quando si è sposini, non si aspetta che passi un anno per festeggiare la propria unione. Si festeggia ogni mese. O per lo meno, questa era la nostra tradizione.

Sin dal primo mese, tutti i dodici del mese, celebravamo il giorno che ci aveva unito in matrimonio con una cena speciale. Cucinavo le pietanze preferite di Stefano, apparecchiavo la tavola con la tovaglia e i tovaglioli più eleganti, tiravo fuori dalla credenza il nostro servizio migliore, inclusi i calici di cristallo che ci aveva regalato la zia per il matrimonio. Decoravo la tavola coi fiori di campo e le candele profumate, che creavano atmosfera insieme alla musica soft di sottofondo. Quelle sere Erika era costretta ad andare a dormire prima del solito, così che noi potessimo goderci qualche ora da sposini.

Ma quella volta Stefano mi disse che voleva fare qualcosa di diverso.

"Perché non ci prendiamo una giornata tutta per noi?"

"E la bambina?"

"Per una volta potremmo lasciarla dalla zia. Non abbiamo nemmeno fatto il viaggio di nozze per non lasciare da sola la bambina. Concedimi almeno una giornata da soli io e te. Erika non è più così piccola. Può restare per un giorno senza la sua mamma..."

Toccò le corde giuste, sapeva quanto mi sentissi in colpa per la storia del viaggio di nozze. Non ebbi cuore di rifiutargli una giornata tutta per noi. Per quanto fossi dispiaciuta di lasciare Erika per una giornata intera, pensai che ci avrebbe fatto bene passare un po' di tempo da soli. Da quando mi ero rifiutata di andare a parlare con Piero, la tensione tra noi era costante. Non facevamo che discutere per ogni cosa. Mi ero illusa che quel suo slancio romantico, fosse un tentativo di sistemare le cose.

Quella mattina mi sentivo contenta ed euforica. Era una vita che non mi prendevo del tempo tutto per me e da troppo non ci prendevamo del tempo per noi.

"Dai dimmi dove mi porti?"

"Te l'ho detto... E' una sorpresa!"

"Dimmi almeno se è mare o montagna!"

"Lo vedrai. Ora per favore, cerca di dormire un po'. Ti sveglio io quando saremo quasi arrivati, ok?"

Mi ero alzata presto per lasciare tutto pronto per Erika: pappe, giochi, cambio e così via. Volevo che fosse il meno possibile di peso per la zia. Quindi accolsi senza obiezioni il suo invito a recuperare un po' di sonno, considerandolo un gesto di premura nei miei confronti.

Quando aprii gli occhi eravamo in autostrada ancora in terra toscana. Mi ero appisolata per poco meno di un'ora. Rimasi in silenzio cercando di immaginare dove fossimo diretti: Roma... Napoli. Il cuore mi batteva forte ed emozionata appoggiai la mia mano sulla sua per dirgli:

"Stefano. Ti volevo ringraziare per questa iniziativa. All'inizio pensavo che non fosse una buona idea lasciare Erika dalla zia mentre noi ce ne andavamo a divertirci, ma poi mi sono resa conto che era quello di cui avevamo bisogno, un po' di tempo per noi".

Lui non rispose nulla, restò con lo sguardo fisso sulla strada, non tradendo alcuna emozione. La sua reazione mi sorprese, non riuscivo a spiegarmi tanta freddezza. Dopo tutto non aveva preso quell'iniziativa per recuperare il nostro rapporto? Perché ora si comportava così?

Smisi di interrogarmi quando lo vidi prendere l'uscita di Arezzo. Quella gita non aveva nulla a che fare con il desiderio di recuperare il nostro rapporto. Lui voleva solo raggiungere il suo obiettivo.

Credo che fu in quel momento che decisi che non mi sarei mai più fidata di lui. E fu in quel momento che mi domandai cosa significasse amare davvero qualcuno.

Si può parlare di amore se non c'è fiducia? Fino a che punto è giusto forzare qualcuno contro la propria volontà a fare qualcosa, benché la si consideri la cosa giusta?

Per lui fare la cosa giusta era più importante del rispetto dei miei sentimenti.

D'istinto avrei voluto avventarmi su di lui e costringerlo a tornare indietro. Ma non dissi niente. Non mi ribellai. Non urlai. Non piansi disperatamente come invece avrei voluto fare. Mi lasciai condurre docilmente come una pecora al macello.

Fermò la macchina davanti a un edificio dipinto di giallo dove sulla tenda a veranda troneggiava la scritta "Laboratorio Orafo Martinelli". Sentii un conato di vomito, ma mi controllai. Scesi dalla macchina, dando le spalle a Stefano. E senza aspettare che mi seguisse, pallida e tremante, mi diressi verso l'entrata del laboratorio.

Era questo che voleva? Benissimo. Avrei affrontato i miei fantasmi, nella speranza che fosse servito a liberarmi dalla pressione a cui mio marito mi sottoponeva ormai da troppo tempo.

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Ragazzi ho bisogno di un vostro parere. Questa settimana non ero molto ispirata e non sono molto convinta di questa parte. Voi che ne pensate?

Un desiderio dentro al cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora